Vita Chiesa

Famiglia, ecco i nuovi pericoli

Lo chiamano «Dies annualis». È l’occasione, ogni anno, per il Tribunale ecclesiastico regionale etrusco di fare il punto, a Firenze, sull’attività svolta nell’anno precedente, ma soprattutto per riflettere sul delicatissimo compito affidato ai suoi membri chiamati a valutare l’eventuale nullità dei matrimoni sacramentali. Decisioni, che come ha detto nell’omelia l’arcivescovo Moderatore del Tribunale, Ennio Antonelli, «i giudici ecclesiastici sono chiamati a prendere con senso di verità e di giustizia, in vista del bene spirituale delle anime, in riferimento al giudizio supremo di Dio».

Nell’anno passato le pendenze in corso si sono avvicinate al migliaio (962 per l’esattezza) di cui 659 di prima istanza e 302 di seconda istanza, ovvero pervenute da altri tribunali (in particolare umbro e piceno) per la definitiva sentenza «d’appello». Una procedura che riguarda anche le cause toscane, che in seconda istanza vengono esaminate a Bologna.

Di prima istanza, a Firenze, nel 2001 sono state concluse 248 cause di cui 206 con sentenza affermativa, ovvero con accertamento della nullità, che nella maggior parte dei casi è motivata dall’esclusione della prole (uno dei due coniugi che assolutamente non vuole figli) e dall’esclusione dell’indissolubilità (ovvero dal non ritenere indissolubile il matrimonio sacramentale).

Iniziato con una concelebrazione eucaristica nella Badia Fiorentina, il «Dies annualis» è proseguito presso la Sede del Capitolo con una relazione di monsignor Tarcisio Bertone, segretario della Congregazione per la dottrina della fede, sul ventennale dell’esortazione apostolica Familiaris consortio («Il bene della comunione coniugale e familiare nel progetto di Dio e nell’esperienza umana») presenti, oltre a monsignor Antonelli, i vescovi toscani Alessandro Plotti, Luciano Giovannetti (rispettivamente presidente e segretario della Conferenza episcopale toscana) e Giovanni De Vivo, vescovo di Pescia.

Nell’introdurre l’incontro, il vicario giudiziale don Andrea Drigani ha ricordato le parole del Papa nel definire il lavoro dei componenti del Tribunale ecclesiastico e dei loro collaboratori «una missione che è prima di tutto un servizio all’amore», di cui «il matrimonio è realtà e segno misterioso. Ed è proprio l’esortazione apostolica Familiaris consortio che afferma che Dio creando l’uomo a sua immagine e somiglianza lo ha chiamato all’esistenza per amore e all’amore. In questa luce possiamo comprendere la grandezza del sacramento del matrimonio: un legame indissolubile unisce gli sposi, come in un solo amore sono uniti Cristo e la Chiesa».

«Il nostro primo compito a servizio dell’amore, come operatori dei Tribunali ecclesiastici – ha spiegato don Drigani –, è quello di riconoscere il pieno valore del matrimonio, rispettare nel miglior modo possibile la sua esistenza e proteggere coloro che esso ha uniti in una sola famiglia. Sarà soltanto per motivazioni valide, per fatti provati che si potrà metterne in dubbio la sua esistenza e dichiararne la nullità».

«La riflessione sulla comunione coniugale e familiare ci rimanda – ha esordito monsignor Bertone – al progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia. Ci riporta cioè al quel “principio” che è alle origini dell’esistenza stessa dell’uomo e della donna, alla creazione della natura umana nella sua duplicità di mascolinità e femminilità». Ma oggi, a giudizio del segretario della Congregazione per la dottrina della fede, «è in gioco il concetto stesso di natura», un concetto «che è alla base di ogni ulteriore riflessione teologica e sociologica. Purtroppo si assiste oggi, a livello europeo, ad una perdita di rilevanza della legge naturale. Ai nostri giorni praticamente ogni aspetto della legge morale naturale viene messo in discussione. In un certo senso si potrebbe parlare di “depravazione della ragione”. Viviamo in un’atmosfera di soggettivismo e di emotivismo assai diffusa. Sembra che l’intelligenza contemporanea non abbia più la capacità di discernimento che da sempre sembrava garantita dal semplice buon senso».E la «contrapposizione tra cultura e natura lascia la cultura senza nessun fondamento oggettivo, in balia dell’arbitrio e del potere. Ciò si osserva in modo molto chiaro nei tentativi attuali di presentare le unioni di fatto, comprese quelle omosessuali, come equiparabili al matrimonio, di cui si nega per l’appunto il carattere naturale».

Monsignor Bertone, che ha parlato del «disorientamento morale della società moderna», ha poi dedicato spazio ai compiti della famiglia (formazione di una comunità di persone; servizio alla vita, partecipazione allo sviluppo della società; partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa) ed in particolare si è soffermato sul venir meno della figura del padre: una «lacuna di paternità che è una delle cause non marginali della perdita d’identità e della nevrosi diffusa che affligge il nostro tempo».

Ma oltre alla figura del padre, «mancano le figure dei nonni e degli zii che furono per molti aspetti determinanti nell’educazione delle passate generazioni. Ed è anche largamente affievolita la figura della madre anche se qui in Italia il mammismo rimane una delle caratteristiche peculiari della nostra società. Ma il mammismo è una cosa, la figura maternale un’altra; bisogna stare attenti – a giudizio di Bertone – a non confondere queste due tipologie profondamente diverse tra loro. Tuttavia il vuoto strutturale della moderna società occidentale proviene dall’assenza del padre. In un certo senso l’affievolimento o addirittura la scomparsa di tutti gli altri ruoli parentali derivano da quella lacuna che sta al vertice della famiglia».

Mancando il padre, mancano i punti di riferimento e la gerarchia familiare («che aveva il compito di trasmettere l’identità, la memoria storica e il sapere orale) lascia il posto alla «cultura del branco». «Il branco – spiega Bertone – è un prodotto della modernità e al tempo stesso è lo sbocco più arcaico che mai si potesse immaginare. Esso contiene una socialità negativa e distruttiva, si basa sull’ideologia del più forte e su valori elemntari di violenza, gregarismo, feticismo. Gli “ultrà” degli stadi ne sono l’esemplificazione più frequente e più primitiva».A.F.

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