Vita Chiesa
Se l’immigrato bussa alla porta della parrocchia
Al primo posto, come sempre, l’annuncio del Signore Gesù, la testimonianza del primato di Dio. Si può dire che oggi più di un tempo il riconoscimento del primato di Dio e del vangelo diventa visibile nel riconoscimento della dignità di ogni uomo. Sappiamo che il centro dell’annuncio è il vangelo, ma sappiamo anche che nel vangelo è racchiusa – non come semplice conseguenza ma al centro – la proclamazione dell’amore di Dio per ogni uomo: dunque la dignità di ogni uomo. Nella Scrittura, Dio è direttamente chiamato in causa come fondamento e difensore della dignità di ogni uomo. Si può dire che il discorso biblico discende da Dio e l’impegno per i diritti – prima e più che una risposta a una rivendicazione che sale dal basso – è un prolungamento del moto di giustizia che discende da Dio. Per il cristiano la dignità dell’uomo è colta nell’atteggiamento dell’amore di Dio verso l’uomo. Un atteggiamento, questo, che non soltanto fonda la dignità dell’uomo e la riconosce, ma interviene attivamente per difenderla. Difendendo attivamente la dignità di ogni uomo il cristiano mostra visibilmente chi è il suo Dio. Non dunque un semplice gesto di solidarietà verso l’uomo, ma una vera rivelazione. Così ha fatto Gesù per rivelare il volto del Padre. Già per questo siamo convinti che il primo compito della comunità cristiana è di rievangelizzare se stessa, ponendo al centro con decisione la testimonianza «a» Gesù e lo stile di testimonianza che Gesù stesso ha mostrato. E dunque la sottolineatura della condivisione, della centralità della persona, della gratuità della dedizione, dell’universalità. Nelle nostre comunità c’è bisogno che tutto questo venga riportato al centro. Al centro della catechesi, di ogni forma pastorale, del modo di valutare gli avvenimenti.
Una sottolineatura merita il fatto che oggi la comunità cristiana in Italia, come dovunque nel mondo, si trova a vivere e operare dentro un pluralismo religioso molto marcato. Ebbene, siamo convinti che anche su questo punto l’attenzione deve essere rivolta all’interno della comunità cristiana, della sua formazione e delle sue scelte pastorali. Non pensiamo che il cristiano in situazioni di pluralismo religioso debba necessariamente conoscere tutte le religioni che lo circondano. La verità della propria fede non si regge sui limiti delle altre. Bisogna formare cristiani che sappiano radicare la forza della loro fede nello splendore della verità che il vangelo mostra da se stesso, non nelle eventuali carenze altrui. È tempo di cristiani maturi, capaci di chiarire anzitutto a se stessi la propria fede e le sue ragioni.