Vita Chiesa

Se l’immigrato bussa alla porta della parrocchia

di Bruno MaggioniLe comunità cristiane sono oggi chiamate a confrontarsi, e con urgenza, con situazioni profondamente mutate, in parte inedite: per esempio l’immigrazione massiccia e non senza tragedie, la situazione di minoranza, il pluralismo razziale, culturale e religioso, il diffondersi di una religiosità informe del tutto abbandonata al sentire soggettivo, la mobilità sempre più generale che sembra impedire ai gruppi umani di farsi comunità, di porre radici e di crearsi tradizioni. Siamo persuasi che il confronto con queste situazioni esige da parte della comunità un rinnovamento dell’annuncio del Signore Gesù, della pastorale, del modo di rendersi visibili nella società. Si tratta certamente di situazioni cariche di pericoli, ma è altrettanto vero che per un uomo del Vangelo anche queste situazioni costituiscono delle opportunità per profonde conversioni. L’importante, soprattutto, è rendersi finalmente conto che si tratta di un problema veramente teologico e pastorale, non soltanto sociale e politico. Tocca il centro della Chiesa, del suo modo di pensare Dio e di annunciarlo.

Al primo posto, come sempre, l’annuncio del Signore Gesù, la testimonianza del primato di Dio. Si può dire che oggi più di un tempo il riconoscimento del primato di Dio e del vangelo diventa visibile nel riconoscimento della dignità di ogni uomo. Sappiamo che il centro dell’annuncio è il vangelo, ma sappiamo anche che nel vangelo è racchiusa – non come semplice conseguenza ma al centro – la proclamazione dell’amore di Dio per ogni uomo: dunque la dignità di ogni uomo. Nella Scrittura, Dio è direttamente chiamato in causa come fondamento e difensore della dignità di ogni uomo. Si può dire che il discorso biblico discende da Dio e l’impegno per i diritti – prima e più che una risposta a una rivendicazione che sale dal basso – è un prolungamento del moto di giustizia che discende da Dio. Per il cristiano la dignità dell’uomo è colta nell’atteggiamento dell’amore di Dio verso l’uomo. Un atteggiamento, questo, che non soltanto fonda la dignità dell’uomo e la riconosce, ma interviene attivamente per difenderla. Difendendo attivamente la dignità di ogni uomo il cristiano mostra visibilmente chi è il suo Dio. Non dunque un semplice gesto di solidarietà verso l’uomo, ma una vera rivelazione. Così ha fatto Gesù per rivelare il volto del Padre. Già per questo siamo convinti che il primo compito della comunità cristiana è di rievangelizzare se stessa, ponendo al centro con decisione la testimonianza «a» Gesù e lo stile di testimonianza che Gesù stesso ha mostrato. E dunque la sottolineatura della condivisione, della centralità della persona, della gratuità della dedizione, dell’universalità. Nelle nostre comunità c’è bisogno che tutto questo venga riportato al centro. Al centro della catechesi, di ogni forma pastorale, del modo di valutare gli avvenimenti.

Una sottolineatura merita il fatto che oggi la comunità cristiana in Italia, come dovunque nel mondo, si trova a vivere e operare dentro un pluralismo religioso molto marcato. Ebbene, siamo convinti che anche su questo punto l’attenzione deve essere rivolta all’interno della comunità cristiana, della sua formazione e delle sue scelte pastorali. Non pensiamo che il cristiano in situazioni di pluralismo religioso debba necessariamente conoscere tutte le religioni che lo circondano. La verità della propria fede non si regge sui limiti delle altre. Bisogna formare cristiani che sappiano radicare la forza della loro fede nello splendore della verità che il vangelo mostra da se stesso, non nelle eventuali carenze altrui. È tempo di cristiani maturi, capaci di chiarire anzitutto a se stessi la propria fede e le sue ragioni.

A Prato la Messa parla tutte le linguedi Filippo CiardiPrato alcune comunità di stranieri hanno almeno un referente per un percorso spirituale, come l’albanese e quelle latinoamericane, ma molti immigrati possono già frequentare la celebrazione eucaristica nella propria lingua. Nella chiesa di S. Domenico, la domenica alle 12, una messa in inglese viene animata dai padri lazzaristi, principalmente per i Nigeriani ed alcuni Ghanesi e Camerunensi. Alla parrocchia dell’Ascensione padre Giovanni Ding e suor Maddalena seguono invece i Cinesi, con un incontro di catechismo per tutti, la domenica mattina alle 10, e la messa alle 15,30, a cui partecipano in media 30 persone. «I miei connazionali – spiega il sacerdote – in genere diventano cattolici se c’è già un battezzato in famiglia. Adesso è possibile per loro ricevere tutti i sacramenti». Di tradizione indubbiamente cattolica sono invece i polacchi, che hanno come punto di riferimento la parrocchia dei Santi Martiri. Il parroco, don Helmut Szelinga, ci racconta che «ogni terza domenica del mese celebro una messa frequentata da circa 30/40 persone, tra cui molte colf e badanti. Utilizziamo i canti ed altri elementi tipici della nostra tradizione e dopo è previsto anche un momento conviviale in cui si gustano pietanze polacche». Una partecipazione di circa 60 persone si registra anche alla celebrazione in rumeno, tutte le domeniche alle 16 in S.Francesco. L’ultima arrivata è la messa in rito bizantino per la comunità ucraina, quasi interamente cantata, che ha luogo ogni ultima domenica del mese alle 15, a Gesù Divin Lavoratore.img src=”/images/vitachiesa.gif”