Vita Chiesa

Ecumenismo: se i cristiani si rassegnano alla divisione

di Riccardo BigiIl cammino verso l’unità dei cristiani è come «una pianta completa nei suoi organi vegetativi, ma incapace di fioritura». Sono parole amare, quelle che il vescovo emerito di Livorno Alberto Ablondi ha scritto nel suo editoriale su Toscana Oggi la scorsa settimana. Molte comunità cristiane, ha scritto Ablondi, «barricate dietro tante cautele, quasi rassegnate, aumentano lo scandalo delle divisioni escludendosi a vicenda dalla partecipazione alla tavola eucaristica». Di fronte a questo scenario, il cammino ecumenico comunque non si arresta. Ablondi ricorda a questo proposito le parole di San Paolo: siamo «sconvolti ma non disperati», chiamati a ricominciare sempre e a rialzarci dopo ogni caduta.Ma come si vince il pericolo della rassegnazione? «Purtroppo è vero – afferma il pastore della Chiesa Apostolica Italiana Mario Affuso – il cammino ecumenico appare a volte affidato al lavoro di pochi entusiasti, mentre la gran parte delle nostre comunità sembra accettare come dato di fatto l’esistenza di divisioni e lacerazioni. Tuttavia quella della rassegnazione è una tentazione che dobbiamo fugare mettendo l’accento su quello che ci unisce, cominciando a lavorare concretamente su quello che già possiamo fare insieme».

Un aspetto importante, secondo il pastore Affuso, è quello dell’informazione: «Bisogna fare in modo che il bisogno di trovare l’unità sia un’esigenza sentita dalle basi delle nostre comunità. A volte noi responsabili delle varie chiese facciamo da filtro, non lasciamo che la dimensione ecumenica scenda tra i singoli cristiani. Una delle ricchezze grandi del cammino ecumenico invece è costituita proprio dalle esperienze che nascono spontaneamente nelle realtà locali. C’è molta disinformazione, in tutte le aree, anche in quella protestante, circa ciò che può unire le diverse comunità cristiane».

Tra le cose che i cristiani possono fare insieme, ovviamente, il primo posto spetta alla preghiera: «A Firenze per quattro anni c’è stato un incontro di preghiera ecumenica. È stata un’esperienza molto bella, che adesso però si è chiusa per difficoltà organizzative. Sarebbe bello riuscire a incontrarsi con regolarità anche per leggere insieme la Carta Ecumenica Europea, un documento molto bello che ha bisogno di essere esaminato e attuato capitolo per capitolo».

«Il cammino ecumenico non è facile, ma dalle cose difficili nascono i frutti più belli» dice padre Petre Coman, responsabile della chiesa Ortodossa Rumena in Toscana. Per non cadere nella rassegnazione, dice padre Coman, dobbiamo guardare ai passi enormi che sono stati compiuti in questi anni, e trarne coraggio per il futuro: «Per il mio popolo la visita del patriarca di Bucarest Teoctist a Roma, dell’ottobre scorso, è stato un momento molto bello. Noi conserviamo, come dice San Paolo nel brano che è stato scelto come tema della settimana ecumenica di quest’anno, un tesoro prezioso che è Gesù Risorto. Dobbiamo essere un contenitore all’altezza di questo tesoro, e non un vaso ridotto in cocci. La nostra fragilità non deve essere un alibi per la nostra pigrizia: sappiamo che la grazia del Signore può farci superare i limiti e le incomprensioni umane».

E anche se il cammino è lungo e pieno di ostacoli, dobbiamo procedere, dice padre Coman, tenendo lo sguardo fisso sul traguardo finale: «Il corpo mistico di Cristo è uno e indivisibile, la Chiesa nella sua definizione è una e universale. I cristiani devono sentire la riconciliazione come un bisogno forte e irrinunciabile, da raggiungere a costo di qualsiasi sacrificio».

Ecumenismo, sconvolti ma non disperati (di Alberto Ablondi)