Vita Chiesa
Padre Bede, un ponte tra cristianesimo e India
Si svolge dal 6 all’8 giugno al monastero di Camaldoli il convegno su padre Bede Griffiths, «un ponte tra oriente e occidente». Viene ricordata la figura di questo singolare monaco, che ha saputo mettere in dialogo la spiritualità monastica occidentale con la spiritualità orientale e con le pratiche ascetiche dello yoga. Il convegno si apre venerdì sera con una relazione introduttiva di padre Bernardino Cozzarini; sabato 7, la mattina una relazione di padre Ivan Nicoletto su «Padre Bede in dialogo con l’Occidente»; nel pomeriggio, una relazione di Antonia Tronti, insegnante di yoga, su «padre Bede in dialogo con l’Oriente». Alle 18, incontro interreligioso di preghiera nella vigilia di Pentecoste. Domenica 8 giugno, relazione di padre Thomas Matus su «advaita e yoga». Per informazioni e prenotazioni, tel. 0575/556001 oppure su internet al sito www.camaldoli.it
Nel momento storico in cui stiamo vivendo, contrassegnato da tante possibilità di incontro e di arricchimento fra culture, popoli e religioni, avvertiamo allo stesso tempo quanto facciamo fatica ad entrare in dialogo con chi è diverso da noi, e quanto sia più facile ignorarsi, essere indifferenti gli uni verso gli altri, o considerarci addirittura avversari e nemici. Crediamo che il nostro tempo e lo Spirito che lo anima chieda a tutta l’umanità e a ciascuno singolarmente una profonda conversione del cuore all’ospitalità e all’ascolto reciproco, per riconoscerci tutti abitatori della terra e in relazione gli uni con gli altri.
Durante i suoi studi e i primi anni di vita monastica, padre Bede era diventato sempre più consapevole che il mondo occidentale stava perdendo una parte preziosa ed essenziale della sua anima. Scienza, tecnologia, sviluppo economico, produttività, mito del progresso illimitato rischiavano, secondo lui, di ridurre la persona umana e il mondo d’occidente ad una dimensione puramente materiale, ossia di valutare tutto ciò che esiste secondo il criterio della produttività, del calcolo, del controllo, del dominio.
Quanto Bede avvertiva come pericoloso, rispetto al pur fantastico sviluppo delle capacità della ragione umana del mondo moderno, erano i risvolti negativi di un tale progetto: lo sfruttamento indiscriminato della natura, l’appiattimento culturale, la perdita del senso comune e sociale, l’aumento del potere distruttivo delle guerre e dei conflitti, la separazione fra i saperi, la scomparsa delle dimensioni spirituali dell’umanità. Iniziò così un lungo cammino di meditazione e di esperienze tese a scoprire e risvegliare le dimensioni sepolte e dimenticate dell’umanità odierna, che lo portarono a contatto con le ricchezze della sapienza umana distillate nella tradizione cristiana e nelle spiritualità dell’oriente.
Nel 1955 Bede Griffiths si reca in India con il desiderio di integrare le ricchezze spirituali dell’esperienza cristiana con quella indù. Assume l’abito e il genere di vita del sannyasi («rinunciantea»: è così che gli indù chiamano i loro monaci) e abita fino alla morte, in un ashram («dimora monastica, eremo») chiamato Shantivanam («foresta della pace») nello Stato del Tamil Nadu dove ancora oggi continua quell’esperienza monastica, affiliata alla nostra Congregazione camaldolese. Sotto la sua guida, in particolare negli anni Ottanta e Novanta questo centro totalmente cristiano e totalmente indiano ha accolto migliaia di persone da tutto il mondo animate da una più o meno consapevole ricerca spirituale.
Sin dall’inizio della sua vita di monaco, l’essere «contemplativo» ha significato per lui vivere in unione con i suoi fratelli nel monastero e con tutti gli altri esseri umani, farsi attento ascoltatore di coloro che chiedevano una parola di saggezza, essere premuroso nella cura dei più poveri che vivevano nei villaggi vicini, affrontare le difficoltà, i dubbi, le incomprensioni e i momenti di prova del cammino di fede.