Vita Chiesa

I ragazzi e l’estate: mille idee per non perdere tempo

di Riccardo BigiTutti aspettiamo il tempo libero e poi finiamo per usarlo a caso, lo facciamo diventare un tempo vuoto, noioso. Bisogna avere un pizzico di furbizia per organizzarsi, in modo che sia veramente un tempo liberato in cui dedicarsi alle cose importanti». Don Valerio Baresi, responsabile regionale della pastorale giovanile per i salesiani, ha molti consigli da dare ai giovani che si trovano, dopo la fine della scuola, padroni delle proprie giornate, ma anche alle famiglie e alle parrocchie che vogliono aiutare i loro ragazzi a mettere a frutto quest’occasione. «Dobbiamo essere noi – spiega – a liberare il nostro tempo, per riempirlo con ciò che ci interessa veramente: trovare un amico, pregare, aiutare qualcuno…»

Don Valerio, ci dia qualche suggerimento più preciso, qualche idea…

«L’importante non è tanto quello che si fa, quanto il farlo insieme. Ci si possono inventare mille modi, mille scuse: una cena, una caccia al tesoro, un concorso a premi, una visita guidata. Qualche esempio? Riscoprire le bellezze delle propria città, un giardino nascosto, quelle cose che durante l’anno non si ha il tempo di visitare. Oppure organizzare una mostra fotografica a tema: il proprio quartiere com’era una volta, gli angoli sconosciuti, facce buffe… tutti hanno foto da portare. O ancora, far diventare l’immigrazione una risorsa: conoscere la cucina o la musica di altri paesi, coinvolgendo gli stranieri residenti sul territorio. A volte basta trasformare qualcosa di vecchio in una grande iniziativa: anche la tombola o il cruciverba, se li personalizziamo e li sappiamo presentare, possono diventare una novità. Serve un po’ di creatività, voglia di fare, il coraggio di buttarsi. E la consapevolezza che quello che ci fa stare bene, in fondo, non è il gioco ma è lo stare insieme con gli altri».

Più che altro serve qualcuno che faccia delle proposte…

«La parola chiave è “invito”: qualcuno che trova il coraggio di invitare gli altri. Basta poco, un gruppetto di persone, una famiglia d’accordo con il parroco, che lanciano l’idea. A volte ci blocca la paura che l’invito non venga raccolto: invece non dobbiamo temere, perché la voglia di stare insieme ce l’hanno tutti. E non serve neanche fare proposte mirabolanti: se pensiamo alla tradizione degli oratori, non ci troviamo niente di speciale. Però l’oratorio obbliga a stare insieme, i ragazzi giocano, si confrontano, le famiglie si incontrano. È un modo per riproporre quello che una volta avveniva naturalmente nelle piazze dei piccoli paesi, e che oggi va incoraggiato, stimolato. Con un invito, appunto».

L’impressione però è che oggi sia difficile tirare i ragazzi fuori di casa o dai soliti luoghi, la discoteca, il bar…

«Non scoraggiamoci. Anche se i ragazzi vanno in discoteca, non possono andarci tutti i giorni; e allora, la sera dopo, proponiamogli qualcosa di più tranquillo ma più stimolante. Anche perché spesso i ragazzi escono dalla discoteca più annoiati di prima. I giovani cercano più che altro il gruppo, il luogo in cui trovare gli amici, in cui essere riconosciuti. L’adulto è riconosciuto per la sua professione, per i soldi che ha: i giovani hanno bisogno di definire in altro modo la propria identità, di sentirsi riconosciuti, ascoltati, capiti. Rendiamoli protagonisti: basta poco, basta organizzare una cena in cui cucinano loro. Magari faranno un disastro, magari sarà una faticaccia ripulire, ma li faremo contenti».

Non c’è il rischio che, soprattutto in estate, l’oratorio diventi il «parcheggio» in cui i genitori mandano i ragazzi?

«Certo, è un problema che anche noi ci poniamo, e che coinvolge anche le altre proposte educative. Noi sappiamo di offrire un servizio, ma vogliamo che le famiglie siano coinvolte, che i ragazzi siano motivati. Un esempio: a Firenze, nell’estate giovani, si apriva il pranzo ai genitori ma venivano solo alcune mamme. Allora abbiamo deciso di far restare i ragazzi a cena, per avere anche la presenza dei babbi che lavorano sempre».

Don Milani diceva: «Basta con le ricreazioni». Organizzando giochi, tornei, cene, le parrocchie non rinunciano a offrire ai ragazzi qualcosa di più serio, un cammino di fede più profondo?

«Certo, l’intrattenimento da solo non basta. Il problema nasce soprattutto quando si creano ambienti per ragazzi in cui i ragazzi sono da soli. Se invece si riesce a creare ambienti in cui adulti e ragazzi stanno insieme, la dimensione educativa è già assicurata. Se poi ho adulti intelligenti che sanno guidare il gioco, è fatta. Le faccio un esempio: è la stessa differenza che passa tra piazzare un bambino davanti a una videocassetta, e raccontargli una fiaba. La videocassetta lo tiene occupato, mentre io raccontandogli una fiaba lo posso educare. Se gioco con i ragazzi posso insegnare loro a perdere senza arrabbiarsi, a giocare con lealtà, a farsi male senza imprecare, a non escludere chi gioca male, a non invidiare chi gioca meglio di me. Non è poco, mi creda».

Ancora una volta quindi l’importante non tanto quello che si fa, quanto il farlo insieme…

«Esatto. Per usare un linguaggio più difficile, la cosa importante sono le relazioni che si costruiscono: il tempo dell’estate può essere un tempo per costruire relazioni umane belle, positive, all’interno di una famiglia, di un paese, di un quartiere. Creare situazioni in cui adulti e ragazzi fanno delle cose insieme e in cui gli adulti si mettono in gioco, senza paura di mostrarsi vulnerabili, magari di fare brutta figura, di crescere insieme ai ragazzi, di imparare con loro. Lo si può fare con la scuola, come don Milani, o con l’oratorio, come don Bosco: bisogna tener conto, nella scelta, anche della situazione che si ha di fronte».

Ai genitori, quale consiglio si sente di dare?

«Ben venga l’oratorio, il campo scuola, il villaggio per la gioventù, perché i genitori non possono essere sempre presenti e perché i ragazzi possono trovare qui cose che la famiglia non può dare loro. Ma si devono trovare anche i momenti per essere presenti, per occuparsi in prima persona dei propri figli, e magari per andare all’oratorio con loro».

Campi scuola, villaggi, marce e ritiri: ecco dovePer chi vuole trascorrere un’estate «diversa», che sia momento di crescita personale e spirituale, occasione per conoscere se stesso e gli altri, tempo forte di gioco ma anche di riflessione e di preghiera, non mancano le occasioni. Molto fitto, come sempre, il calendario dei campi ai villaggi della gioventù del’Opera La Pira: iniziano il 16 giugno, per concludersi a fine agosto, le attività del villaggio La Vela a Castiglion della Pescaia, mentre a luglio le ragazze saranno ospitate al Cimone, sulle montagne pistoiesi. Appuntamenti anche alla Casa Alpina in Valle d’Aosta. Per informazioni, tel. 055/579279.L’estate è anche la stagione di massimo impegno per l’Azione Cattolica, tradizionalmente impegnata in campi scuola per ragazzi, giovanissimi, giovani, famiglie. La cosa migliore è rivolgersi alla propria sede diocesana, per verificare la disponibilità di posti.

Da non dimenticare poi i luoghi di spiritualità della Toscana: Camaldoli, dove sia nel monastero che nell’eremo si susseguono ritiri, settimane di spiritualità, incontri, conferenze (tel. 0575556021); la Verna, il cuore della spiritualità francescana della Toscana (0571/5341) o l’abbazia di Vallombrosa dove a fine agosto c’è anche la lectio divina per giovani (055/862251). Anche all’abbazia di Sant’Antimo, vicino Montalcino, meno conosciuta ma di grande bellezza, vengono organizzati incontri e ritiri: particolarmente interessante è il «goum», un percorso nelle crete senesi che si richiama ai ritiri nel deserto (tel. 0577 835659).

Una tradizione che si rinnova tutti gli anni è quella della marcia francescana verso Assisi: quest’anno i gruppi della Toscana partiranno il 24 luglio da Poggibonsi, per transitare dalla Verna e ricongiungersi poi ad Assisi con i gruppi provenienti dalle altre regioni d’Italia (tel. 050/570193 – 0584/72370).

Il sito dell’Opera Villaggi Giorgio La Pira

L’Azione Cattolica di Pisa

L’Azione Cattolica di Firenze

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Santuario della Verna

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Comunità di Sant’Antimo