Vita Chiesa
I 33 giorni del «papa del sorriso»
Brevi momenti, invero, preparavano profonde trasformazioni. In qualche misura i mezzi di comunicazione avrebbero sconvolto il panorama mondiale. Da questo punto di vista l’elezione di Albino Luciani, il 26 agosto 1978, si segnalò per la straordinaria telecronaca della conclusione di un conclave fatta, in diretta televisiva, dal Papa in persona. Ricordiamo l’inattesa improvvisazione che offriva, per la prima volta nella storia, uno squarcio di semplice umanità e confidenza su un evento, il conclave appunto, secolarmente avvolto da segreti incomprensibili per molta gente. «Ieri mattina raccontò il nuovo Papa alla gente e in tv io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere… Appena il pericolo è cominciato per me, i due colleghi che mi stavano vicino mi hanno sussurrato: Coraggio, se il Signore dà un peso darà anche l’aiuto per portarlo; e l’altro: Non abbia paura: pensi che in tutto il mondo c’è tanta gente che prega per il nuovo Papa. Poi, quando è venuto il momento del nome, perché come sapete chiedono anche il nome, ho pensato a Papa Giovanni che mi ha voluto consacrare con le sue mani, proprio qui nella Basilica di San Pietro, e gli sono succeduto a Venezia, in quella Venezia ancora ripiena del suo ricordo, le suore, i gondolieri…; poi ho pensato a Paolo VI che mi ha fatto cardinale, ma non solo; alcuni mesi prima, proprio sulle passerelle veneziane, mi ha fatto diventare tutto rosso perché si è levata la stola e me l’ha messa sulle spalle… è Paolo VI che ha mostrato come si ama, come si serve, come si patisce per la Chiesa. Così ho risposto: Mi chiamerò Giovanni Paolo. Intendiamoci. Io non ho la sapientia cordis di Papa Giovanni e neanche la preparazione e la cultura di Papa Paolo. Però sono al loro posto. Devo cercare di servire la Chiesa. Spero che mi aiuterete con le vostre preghiere».
Una telecronaca pontificia fatta a braccio, improvvisando e, insieme, frutto maturo di una vita interamente spesa nella preghiera, nel servizio, nella riflessione. Con tutte le virtù di un sacerdote che ha fatto lungamente e sinceramente il catechista con la premura di far capire anche ai bambini le complesse verità della fede. Così si guardano gli «angelus» (da quello celebre che fece scandalo quando parlò di Dio che ama anche con amore materno) e i dialoghi familiari con i bambini nelle udienze.
Papa Luciani non ha avuto il tempo di scrivere quella prima enciclica che, in genere, viene considerata programmatica, ma il primo radiomessaggio «urbi et orbi» conteneva indicazioni orientative. Intanto la consapevolezza della difficoltà del compito che si era assunto «in spirito di obbedienza». Non a caso esordì ricordando la «gravissima responsabilità del supremo pontificato» confessando di avere «ancora l’animo angosciato dal pensiero del tremendo ministero al quale siamo stati scelti: come Pietro, ci pare di aver posto il piede sull’acqua infida, e, scossi dal vento impetuoso, abbiamo gridato con lui: Signore, salvami». Con la certezza che l’aiuto di Dio non mancherà e che, storicamente, la Chiesa cattolica è insostituibile quale «immensa forza spirituale e garanzia di pace e di ordine».
Giovanni Paolo I si richiamava al Concilio Vaticano II andando oltre le contestazioni e i timori allora dominanti. «Vogliamo continuare nella prosecuzione dell’eredità del Concilio, vegliando a che una spinta generosa forse ma improvvida, non ne travisi i contenuti e i significati, e altrettanto che forze frenanti e timide non ne rallentino il magnifico impulso di rinnovamento e di vita». La collocazione storica della Chiesa, nel travaglio drammatico di quegli anni, consiste nel dover «dare al mondo quel supplemento d’anima che da tante parti si invoca e che solo può assicurare la salvezza» sul «crinale oltre il quale c’è la vertigine dell’abisso» ed «il rischio di ridurre la terra a un deserto».
Insomma il «Papa del sorriso», il Papa dei trentatré giorni, in continuità con i suoi predecessori, si proponeva di portare avanti il compito che il suo successore chiamerà della «nuova evangelizzazione». Noi lo ricordiamo, con riconoscente affetto, adoperando spesso la memoria del «tempo breve» che gli è toccato. E ci accorgiamo che anche questo tempo breve è stato un tempo di grazia.