Vita Chiesa

La Chiesa e le coppie irregolari

di Riccardo BigiLa Chiesa, da sempre, sostiene il valore della famiglia. Parlare di famiglia però oggi significa inevitabilmente parlare anche di quelle coppie che vivono situazioni che la dottrina cattolica considera «irregolari»: conviventi, separati, risposati… Si ha l’impressione che sulle norme che riguardano questi casi ci sia molta confusione tra i fedeli e a volte, anche tra i sacerdoti. Non sempre è facile trovare il giusto equilibrio tra l’esigenza, da un lato, di accogliere con carità le singole persone, e dall’altro di affermare con chiarezza i principi del magistero ecclesiale. Alcuni ritengono la Chiesa troppo «rigida», altri l’accusano per la «leggerezza» con cui vengono tollerate certe situazioni: pochi però sanno veramente le indicazioni in materia.

«È vero, si nota spesso una notevole disinformazione e talvolta anche ignoranza» conferma mons. Marco Pierazzi, parroco della diocesi di Fiesole, esperto di diritto canonico e giudice al Tribunale ecclesiastico regionale. «Credo – prosegue – che questo accada perché le nostre convinzioni le formiamo superficialmente secondo ciò che è riportato da qualche giornale, rivista o dibattito televisivo. Se pretendiamo di riferire o contestare le idee e le disposizioni della Chiesa è necessario almeno provare a conoscerle». Vediamo, allora, di conoscere meglio queste disposizioni.

Quali sono i casi in cui le persone non sono ammesse ai sacramenti?

«Il documento più recente che riafferma l’insegnamento e l’atteggiamento della Chiesa sulla pastorale familiare in Italia è il Direttorio del 1993. Solo i “divorziati risposati” – coloro che dopo un matrimonio religioso ricorrono al divorzio e poi celebrano un matrimonio civile – non possono essere ammessi ai sacramenti. Questo divieto nasce dalla convinzione che la nuova unione è in contrasto con l’insegnamento del Vangelo che esige, per i battezzati, un matrimonio unico e indissolubile. Non sono ammessi ai sacramenti neanche i “conviventi” e coloro che hanno celebrato il matrimonio con il solo “rito civile”. Qualche tempo fa queste scelte denotavano avversione nei confronti della Chiesa e del suo insegnamento. Oggi, forse, sono più spesso determinate dalla superficialità con la quale vengono vissute le relazioni affettive e dalla paura di dover fare scelte definitive; spesso, queste scelte, sono viste come una “prova” in vista di un eventuale matrimonio. Non c’è dubbio però che tutto ciò contrasta con quell’amore eterno e fedele del Signore Gesù, – modello di ogni amore umano – che richiede il dono totale di sé all’altro».

Le persone separate, o divorziate, se non danno vita a una nuova unione possono quindi fare la comunione?

«Normalmente le persone separate e divorziate che non hanno instaurato una nuova relazione affettiva stabile possono ricevere i sacramenti come tutti gli altri fedeli. Ci possono essere alcuni casi molto particolari anche fra i “divorziati risposati” valutandoli attentamente e tenendo conto dell’età, della condizione di salute, delle necessità dei figli, dell’atteggiamento verso il nuovo partner e stando bene attenti a evitare “lo scandalo” fra i fedeli, evitando cioè l’impressione di fare preferenze fra le persone».

Si può dire che chi vive in situazioni irregolari è «fuori» dalla Chiesa?

«Assolutamente no! Nella Chiesa veniamo incorporati con il Battesimo e quindi l’unico modo per esserne fuori è rinnegare volontariamente questo dono ricevuto. Non si deve dimenticare poi che i sacramenti non sono l’unico mezzo di comunione con la Chiesa e l’unica “garanzia” della fede nel Signore Gesù. Queste persone – come tutti i fedeli – sono invitare a continuare a nutrire la loro fede attraverso la preghiera quotidiana, la lettura della Parola di Dio, e a manifestarla impegnandosi nell’educazione dei figli e rendendosi disponibili per opere di carità e di servizio nella Chiesa e nella società».

Chi non può fare la comunione, quando muore riceve comunque un funerale cristiano?

«Anche in questo caso non ci sono dubbi perché il funerale cristiano è prima di tutto un ringraziamento per il dono della vita e del Battesimo e una preghiera alla misericordia di Dio per il defunto; è inoltre – da parte dei presenti – una professione di fede nel Signore Risorto oltre che una richiesta di consolazione per tutti i familiari. Si tratterà di preparare bene la celebrazione avendo rispetto del ricordo e dei sentimenti di tutti i fedeli. Chiaramente non potranno essere celebrate le esequie cristiane di chi le avesse espressamente rifiutate attraverso qualche manifestazione certa della sua volontà».

Insieme alle indicazioni normative, la Chiesa offre anche indicazioni pastorali per l’accoglienza e l’accompagnamento per le coppie irregolari?

«Il Direttorio del 1993 è una sintesi teologica, giuridica e pastorale della concezione cristiana delle nozze: è un riferimento interessante per capire come accompagnare la crescita e la maturazione affettiva dei giovani e le scelte dei fidanzati come pure aiutare gli sposi ad impostare la propria vita di coppia. All’interno di questo progetto globale, il documento definisce l’atteggiamento della Chiesa e il comportamento dei cristiani nei confronti delle famiglie in situazioni difficili e particolari. In questi ultimi anni si sono moltiplicate associazioni ed esperienze che promuovono la preghiera, l’incontro, la collaborazione ed anche itinerari di fede per coloro che si trovano in queste situazioni».

Quale può essere in questo senso il ruolo delle famiglie e dei laici cristiani?

«La comunità cristiana si deve mostrare accogliente, rispettosa e misericordiosa evitando il rischio di giudicare scelte e comportamenti di chi ha sperimentato il “fallimento” di una scelta precedente. Al tempo stesso deve essere evitato il rischio del relativismo quasi che ogni soluzione – per un cristiano – sia indifferente ed equivalente; per questo devono essere presentate sempre con chiarezza le esigenze del Vangelo, della fede e le disposizioni della Chiesa. Certamente per tutti i fedeli, poi, c’è il dovere della prevenzione: dobbiamo sentirci impegnati a vivere con fedeltà e amore il nostro battesimo e la nostra specifica vocazione nella Chiesa e nella società per incoraggiare tutti a superare, – con l’aiuto dei fratelli e della Grazia di Dio – le difficoltà e gli ostacoli che inevitabilmente possono nascere nel cammino della vita».

In arrivo il telefono «Prontofamiglia»Un numero verde attivo tutti i giorni, per fornire informazioni di servizi presenti sull’intero territorio nazionale, utili alla famiglia italiana. È l’iniziativa che la Fondazione Beltrame Quattrocchi ha promosso insieme alla Cei, con l’obiettivo di contribuire a tutelare e difendere una concezione della famiglia secondo l’ispirazione cristiana e gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa. Il telefono Pronto-Famiglia si inserisce quindi nel contesto «dell’ascolto» e «dell’accompagnamento» di coppie bisognose di aiuto, per fornire loro informazioni sui servizi attivi sul territorio, che promuovono la coppia, la famiglia, la persona umana e la vita. Un servizio totalmente nuovo, che risponde all’invito rivolto dai Vescovi italiani negli ultimi «Orientamenti pastorali»: «contiamo molto sulla solidarietà tra le famiglie, ma anche sulla creazione di nuove forme ministeriali tese ad ascoltare, accompagnare e sostenere una realtà dalla quale molto dipende il futuro della Chiesa e della stessa società». Genitori e figli si raccontano in teatroIl teatro non è solo sede liturgica di rappresentazione, ma può e deve essere anche funzionale a una terapia collettiva dell’ascolto». È questa la motivazione che ha spinto Cristina Pezzoli, direttrice del teatro «Manzoni» di Pistoia, a dar corpo ad una bella idea di teatro «civile». Il progetto si chiama «Storie di famiglia» e si rivolge ai cittadini di Pistoia e provincia: sono invitati a spedire una propria testimonianza anonima (massimo 8 mila battute) sui rapporti interni alla famiglia. Si può liberamente scegliere la forma (lettera, diario, racconto, dialogo) che può anche essere autobiografica e fra tutti i materiali arrivati saranno selezionati i testi giudicati più interessanti che poi, affidati alla lettura e alla interpretazione di un gruppo di attori professionisti, saranno la base per un ciclo di serate sulla famiglia. Le serate sono previste nella prossima primavera con la partecipazione anche di esperti nelle problematiche familiari. Il materiale dovrà pervenire all’Associazione Teatrale Pistoiese, in uno dei seguenti modi: fax (0573 34789), posta elettronica (atp@pistoiateatri.it), posta ordinaria (corso Gramsci 127 Pistoia). Maggiori informazioni allo 0573 99161.Mauro Banchini A Pistoiaun cammino di spiritualità per i divorziatidi Sara BessiSiamo «tutti figli dello stesso Padre. Nessuno è escluso»: è partendo da questa certezza che la Chiesa pistoiese già da due anni si è aperta a quelle coppie definite «irregolari». È un importante segno di apertura della Diocesi di Pistoia, una delle poche in Italia a rispondere in maniera sollecita alle indicazioni date da Papa Giovanni Paolo II nel 2000, in occasione del Giubileo delle famiglie: «I credenti che hanno divorziato e si sono risposati non sono esclusi dalla comunità; sono anzi invitati a partecipare alla sua vita, facendo un cammino di crescita nello spirito delle esigenze evangeliche».

La scelta, fortemente voluta dal vescovo di Pistoia, Simone Scatizzi, è quanto mai attuale. È nata una vera pastorale, animata da quattro coppie adeguatamente formate per poter affrontare le tematiche più disparate legate alle famiglie allargate, a quanti vivono il divorzio e non vogliono per questo rinunciare a rimanere nella Chiesa. Il primo incontro avvenne nel maggio 2002, a villa Rospigliosi, al quale presero parte circa sessanta persone. «Da allora il numero dei partecipanti si è attestato attorno alla cinquantina – spiega Franca Sardi che insieme al marito Guido è una delle animatrici della pastorale per le coppie irregolari – Così ci proponiamo per conoscere e capire le esigenze di questi fratelli, che spesso si trovano in difficoltà per mancanza di chiarezza nel caso in cui si volessero riaccostare o accostare all’attività della Chiesa».

Non c’è alcuna prestesa di sostituirsi a psicologi o terapisti, ma il gruppo si presenta come compagno di viaggio nell’intraprendere un percorso di spiritualità e di chiarezza interiori. Insieme a Guido e Franca Sardi, ci sono anche Paolo e Luciana Bellezza, Roberto e Stefania Manigrasso, Luigi e Cristina Pratesi. «Abbiamo molti giovani e molte persone vengono da fuori Diocesi, da Firenze, Prato, Lucca e Pisa – prosegue ancora Franca Sardi – Le motivazioni che le spingono a partecipare non sono tutte uguali: parecchi cercano una risposta al discorso dell’Eucarestia alla quale, magari dopo il divorzio, non possono più accostarsi. A noi il compito di far capire come mai esiste questo divieto e che comunque,come cristiani battezzati, possono rimanere legati alla Comunità attraverso altre forme, come la preghiera, la carità». Con il 2003-2004 si è aperto il secondo anno di attività: gli incontri si svolgono in genere a villa Rospigliosi, sempre alla presenza del vescovo Scatizzi. Il momento di riflessione si apre nel tardo pomeriggio per proseguire fino al dopo cena.

«In genere iniziamo con una breve introduzione del vescovo, poi i partecipanti vengono suddivisi in quattro gruppi. Nei piccoli gruppi ciascuno può esprimere meglio la propria situazione personale, affrontare tematiche che poi vengono riportate nel dibattito finale. A questo punto sta al vescovo dare approfondimenti e indicazioni adeguate perché le esigenze della vita si possano conciliare con quelle del Vangelo». Ogni serata ha un suo tema specifico: la prossima è prevista per il 19 marzo e chi desidera partecipare lo può fare telefonando qualche giorno prima allo 0573-400216 (Franca e Guido Sardi). Intanto, la sensibilizzazione su questa realtà, prosegue anche in forma più capillare. «Insieme al gruppo abbiamo iniziato a prendere contatti con le parrocchie della Diocesi perchè l’apertura a questi fratelli in difficoltà possa diventare un atteggiamento comune nella Chiesa pistoiese».