Vita Chiesa
Rabia e Salam, arabi cristiani dalla Galilea a Montepulciano
Come vi trovate a Montepulciano, in una realtà così diversa da quella in cui avete vissuto fino ad ora?
«All’inizio ero dispiaciuta e soffrivo un po’ di nostalgia- replica Salam– ora mi sento veramente bene, perché nel mio paese ci sono molti problemi per frequentare l’università. Naturalmente ho nostalgia della mia famiglia, ma questa è una grande opportunità e farò di tutto per non farmela sfuggire».
«Ho avuto un’ottima impressione – prosegue Rabia -fin dall’inizio, da quando sono stato salutato subito calorosamente da persone molto aperte, mi sono sentito a casa mia. La gente non è come viene presentata dal nostro stereotipo sugli europei: chiusi e musoni. Mi sono sentito subito accettato».
«Ci piace molto – proseguono poi a più voci -l’architettura, le abitazioni sono tutte diverse tra loro, alcune poi così antiche. Enormi chiese con molti cristiani, noi non siamo abituati a così tante presenze. Da noi abbbiamo piccoli paesi con pochi cristiani. Il panorama, poi, è bellissimo, incredibile, lo ammiriamo tutto il giorno».
Qual è la specificità dell’essere cristiani in Israele?
«Siamo minoranza nella minoranza. Abbiamo contatti con ebrei israeliani, ma spesso viviamo in mondi distanti, se non proprio separati. In Israele, poi, ci sono arabi cristiani e musulmani. Spesso l’appartenenza religiosa precede il senso di nazione. Abbiamo tradizioni molto diverse, addirittura dialetti separati, ciò nonostante il mio migliore amico è musulmano. Ma le nostre festività e le nostre tradizioni non sono molto rispettate. Anche all’università spesso siamo considerati quasi stranieri. Io mi sento meno straniero in Italia».
Ci sono differenze nelle condizioni di vita di una ragazza e di un ragazzo?
«Non per noi arabi cristiani, per lo meno non molto. Noi crediamo che uomini e donne siano uguali con diverse sensibilità, svolgono gli stessi lavori con pari dignità e rispetto come in Europa. Rispetto a voi rispettiamo di più la famiglia, forse, nel senso che nessuno pensa al divorzio come una soluzione. Per i nostri compatrioti musulmani non è proprio così, anche per motivi religiosi».
Che cosa vi aspettate da questa esperienza in Italia?
«Sono qui per scorpire un altro paese, un’altra cultura, sono qui per studiare l’italiano, che amo molto, per studiare e laurearmi. – Esordisce Rabia – Conosco un po’ la storia e la filosofia del vostro paese, amo il latino e apprezzo molto che da voi si studi il greco e il latino nelle scuole. Spero di avere molti amici ed esperienze. Apprezzo molto il calcio, tifo Milan e vorrei poter fare anche un po’ il turista: al Colosseo, a Pisa per apprezzare la vostra cultura e il vostro bel paese».
«Per prima cosa – specifica Salam – voglio imparare la lingua e frequentare l’università: vorrei laurearmi in biotecnologie. Poi mi interessa anche fare la turista: vorrei visitare Venezia, Roma, la Sicilia.
Una volta laureati tornerete nel vostro paese?
«Siamo qui per restarci almeno dieci anni, chi lo sa?»