Vita Chiesa
I misteri della fede/4: l’Eucarestia
L’Eucaristia è istituita da Cristo, che nel Vangelo dice «fate questo in memoria di me». Come si è consolidata nella storia della Chiesa? Come veniva celebrata dai primi cristiani?
«L’istituzione dell’Eucaristia, nel contesto della cena di Gesù con gli apostoli, ha una preistoria: il gesto di Gesù si inserisce in una tradizione di banchetto pasquale che viene dalla Bibbia. Nella tradizione cristiana, l’appuntamento diventa settimanale, ed è contraddistinto fin dall’inizio dal segno del mangiare e dalla presenza del Risorto. La forma ha avuto una sua evoluzione: all’inizio, nel contesto giudaico, la cena si svolgeva al sabato sera e richiamava i gesti compiuti da Gesù: prese… disse… spezzò… diede…. A questi segni, ben presto si è aggiunta la liturgia della Parola, con la lettura e il commento di brani delle Sacre Scritture. Abbiamo testimonianze molto antiche in cui si ritrovano tutti gli elementi dell’Eucaristia come la celebriamo oggi: la riforma del Concilio Vaticano II ha riportato la liturgia più vicino alle sue origini, recuperando la purezza di questi elementi fondamentali».
Cosa avviene nell’ostia al momento della consacrazione? In che senso quello che mangiamo è il corpo di Cristo?
«Le spiegazioni sono difficili. La Chiesa ha ritenuto che la spiegazione che meglio esprime il mistero eucaristico è quella che si richiama alla tradizione classica, di Aristotele e San Tommaso, che parla di un cambiamento di sostanza. In realtà il mistero è più grande delle parole che possiamo usare per spiegarlo. Il concetto che ci può aiutare è quello di memoriale, una parola della teologia ebraica che comprende l’idea della presenza reale di ciò che si celebra. L’Eucaristia ci mette di fronte a un evento, la Pasqua del Signore, che ha come protagonista una persona, Gesù Cristo: il pane e il vino sono un segno, e in quel segno c’è la presenza sostanziale di Cristo. Come questo avvenga, è in un certo senso secondario».
Questo sacramento, dicono i documenti del Concilio, è «il cuore e il centro della vita cristiana». Si può dirsi cristiani anche frequentando la Messa soltanto saltuariamente?
«Un cristiano che non va abitualmente alla Messa domenicale ha perso la propria identità. Domenica ed Eucaristia sono sempre state legate: la vita del cristiano è cadenzata dalla domenica, che chiude una settimana e ne apre un’altra. La Messa domenicale non è un fatto privato, ma comunitario: il bambino e l’anziano, il ricco e il povero, il sano e il malato, tutti si ritrovano intorno all’altare. Altrimenti si scivola verso una religiosità individuale: vado in Chiesa quando mi sento, magari a Natale, Pasqua o quando faccio dire Messa per i miei defunti. Allo stesso modo, scelgo io cosa è peccato, in alcune cose do retta alla Chiesa, in altre no…».
Un tempo c’era l’abitudine a confessarsi ogni settimana prima di accostarsi all’Eucaristia, oggi lo si fa più di rado…
«L’Eucaristia è il sacramento della comunione: si celebra quando si è in comunione con Dio e con i fratelli. Il peccato grave interrompe questa comunione, e quindi rende assurdo, illogico partecipare a un gesto di comunione come l’Eucaristia. Il sacramento della riconciliazione ricompone la comunione. Non se ne deve abusare, come forse avveniva in passato, ma nemmeno trascurarlo. Questo però lo si capisce se si ha chiaro che il peccato non è un fatto privato, ma coinvolge tutta la comunità. Molti si chiedono perché dovrebbero andare a raccontare i fatti loro a un prete: non capiscono che il prete non è interessato ad ascoltare i loro peccati per proprio piacere, ma è la persona delegata a ricomporre la comunione con Dio e con i fratelli».
L’abitudine di sostare in ginocchio, dopo la comunione, per alcuni minuti, è sempre meno usata. Forse perché non si sa cosa dire, non si ha più l’abitudine alla preghiera silenziosa…
«Se uno ha la coscienza di ciò che ha ricevuto, di essere divenuto tabernacolo vivente di Dio, il raccoglimento dovrebbe essere naturale: pensare a questo mistero è già uno spunto di riflessione. Come una madre che porta in grembo un bambino, presenza viva dentro di lei, sente il bisogno di dialogare con quel bambino, si commuove per questa presenza. Purtroppo manca un’educazione al silenzio, alla preghiera: è colpa anche di noi preti, del catechismo troppo cervellotico che proponiamo».
È sempre più frequente vedere laici, anche donne, distribuire l’eucaristia. Quali requisiti sono richiesti ai ministri straordinari dell’eucaristia?
«Ogni battezzato può diventarlo, aiutando il parroco nella distribuzione dell’Eucaristia alla Messa o portando la comunione ai malati. Il requisito è quello di essere un buon cristiano, e di avere coscienza di ciò che si sta facendo, attraverso una formazione teologica e spirituale».
I misteri della fede/3: la vita di Gesù