Vita Chiesa
Padre Mauri, quando muore un eroe normale
Giovedì 15 aprile è morto in Mozambico, per incidente stradale, padre Giuseppe Mauri (secondo da destra nella foto) missionario saveriano facente parte, assieme a don Gian Luca Emidi di Pitigliano, della Fraternità Missionaria che opera a Chibututuine (Maputo) dal 1998, formatasi al Centro Fraternità Missionarie con sede al Cotone- Piombino, e di cui hanno fatto parte per alcuni anni anche i missionari laici di Massa Marittima, Enrico Ceccarelli e Desi con le loro figlie.
Per il suo carattere schivo e alieno dal raccontarsi e da ogni «apparire», che smitizzava con le sue proverbiali battute ironiche e sorridenti, per raccontare di p. Giuseppe occorre mettere insieme, come in un mosaico, le varie tesserine che via via emergono dai ricordi sulla sua vita. E come farlo se non riferendosi a Gesù, missionario del Padre? Egli, la sera della Risurrezione, si rende presente tra i suoi discepoli dicendo: «Come il Padre ha mandato Me, Così Io mando voi» (cfr. Gv. 20,19-23). E in quelle due parole chiave «come» e «così» sta l’indicazione di Gesù per ogni missionario.
Il secondo atto della vita di Gesù, missionario del Padre, sono stati gli anni della Sua vita pubblica e itinerante. Di questa vorremmo testimoniare quattro aspetti importanti per noi missionari: L’Annuncio del Regno, l’annuncio dell’incredibile Amore di Dio, l’invito di Gesù alla conversione e la proposta di una vita nuova. «Così» padre Giuseppe: egli è stato Annunciatore, facendo prima di tutto della Parola di Dio la propria vita. Giuseppe aveva una capacità speciale di ascoltare la Parola di Dio e di ascoltare la vita della gente, illuminando l’una con l’altra, così da suscitare speranza e il desiderio di vivere da veri figli di Dio. Una sua sofferenza, che ha espresso, anche quando siamo stati nel novembre scorso in Mozambico, era di sapere che c’era gente, persone care e amici, infelice perché, non avendo interesse all’Annuncio di Gesù, conduceva una vita fondata su valori che lasciano delusi e insoddisfatti.
Gesù ha vissuto una Solidarietà «liberante», che guarisce, risana, responsabilizza, rimette in piedi. «Così» p. Giuseppe: egli aveva a cuore la solidarietà, non come beneficenza che si impone dall’alto, ma come «prendersi a cuore» la situazione, rendendo protagonisti i poveri e i bisognosi di aiuto. Nell’incontro di novembre a Chibututuine, ci esprimeva i problemi che vedeva e che altri non avevano ancora notato e confrontava con noi le sue intuizioni, nell’attesa di poterle discernere con la sua Fraternità Missionaria e poi di realizzarle pazientemente con la gente del luogo. Quanti bisogni, quante situazioni misere in questa loro terra di adozione… Il cuore di padre Giuseppe registrava e com-pativa, ma non strafaceva per rispondere a tutto, aiutando invece tutti a maturare e a impegnarsi.