Vita Chiesa
Siloe, e la Maremma tornerà ad avere un monastero
La vita monastica è anche questo: nutrimento del corpo e dello spirito allo stesso tempo. Ma soprattutto è preghiera. Lunghe giornate una dietro l’altra scandite dalla Liturgia: l’Ufficio delle letture ancor prima dell’alba, le Lodi, la Terza, la Sesta, la Nona, il Vespro, Compieta. E poi la Messa, la Lectio divina, la meditazione personale. Il resto del tempo, lavoro e studio.
Nelle poche ore passate a Sasso d’Ombrone con la Comunità di Siloe, abbiamo visto i monaci togliersi gli stivali infangati per indossare la veste bianca. Li abbiamo visti posare la zappa per aprire il breviario e cantare il gregoriano. Li abbiamo visti in cucina e in chiesa. «Ora et labora», come vuole la Regola di San Benedetto.
Sono in cinque: Mario, Stefano, Mauro, Roberto e Francesco. Due sono originari di Frosinone, uno di Lecco, uno di Livorno e uno di Parma. Tre sono sacerdoti, gli altri due confratelli.
Sono arrivati qui nel 1996. «Per volere della Provvidenza», dice Mario, il priore, che racconta della donazione di un podere chiamato «Le piscine» per la presenza di una sorgente d’acqua. «Abbiamo pensato subito alla piscina di Gerusalemme: a Siloe, che significa inviato. Ci siamo sentiti spiega il priore inviati in Maremma».
A quella donazione ne è seguita un’altra: un grande appezzamento di terreno, a Poggi del Sasso, nel territorio del comune di Cinigiano, sulla cima di una collina dominata da una quercia secolare. Ancora un accostamento biblico: Mamre, l’albero sotto al quale i tre messaggeri di Dio apparvero ad Abramo.
Ma non solo, accanto alla quercia c’era anche l’ovile (altro riferimento al patriarca nomade), che adesso è stato trasformato nella Cappella della Santissima Trinità o Cappella dei pellegrini, primo nucleo, assieme alla Cappella della Luce, del monastero che sta per nascere sulla cima di questo colle da dove si domina la valle dell’Ombrone fino al mare. Sarà il Monastero dell’Incarnazione.
«Sono in molti a chiederci il perché di un nuovo monastero ammette padre Mario , ma la risposta è semplice: perché la diocesi di Grosseto, che ci ha accolto a braccia aperte, non ha nel suo territorio alcuna struttura monastica. Vogliamo così rendere un servizio spirituale alla diocesi e a chi lo vorrà. Le nostre porte saranno sempre aperte a chi sta cercando di recuperare la dimensione spirituale dell’esistenza. Chi lo desidera, troverà sempre accoglienza e un monaco con cui confidarsi».
Un’ala del monastero, la est, è a buon punto: è quella che ospiterà le celle dei monaci (con la clausura), le stanze degli ospiti, la sala capitolare (più bassa di tre gradini per richiamare il battesimo) e il refettorio con tante piccole finestre per non distrarre l’attenzione e la luce zenitale, che arriva dall’alto, così come nella rammentata Cappella della Luce dove il sole filtra addirittura dalla bocca di un pozzo murata al centro del soffitto.
Di là da venire il chiostro e la chiesa grande. «Per ora ci bastano le due cappelle», spiega il priore facendo capire che è già un miracolo essere arrivati dove sono arrivati grazie soltanto alle donazioni. Ma quando il monastero sarà finito, oltre a luogo di preghiera e di accoglienza, i monaci si augurano possa diventare centro culturale e artistico.
In quelle due notti, a Mario, Stefano, Mauro, Roberto e Francesco non resta che immaginare di alzare lo sguardo verso il colle dei Poggi del Sasso e vedere che il monastero, quello vero, a forza di pietre, legno, rame, vetro e ferro sta crescendo a vista d’occhio.