Vita Chiesa
Con gioia, protesi verso l’eternità
Stiamo vivendo gli ultimi giorni di novembre che puntualmente si intrecciano con la fine dell’anno liturgico, e mentre il pensiero indugia sulla memoria di coloro che ci hanno preceduto nell’ingresso pieno nella Vita, siamo ancora sospinti alla contemplazione di quell’oltre che appartiene al Mistero e nel quale la liturgia sembra voglia assolutamente introdurci attraverso le visioni apocalittiche e le promesse escatologiche che ci presenta in questo scorcio finale.
Davanti a questa apparente persistenza di riflessione e di celebrazione – l’Avvento infatti non è solo, come comunemente viene inteso, tempo di preparazione al Natale, ma anche celebrazione della venuta ultima del Signore che deve compiersi nel ritorno escatologico – qualcuno potrebbe chiedersi: come mai questa somiglianza di tematiche? Ha forse il tempo movimento circolare per cui sempre l’inizio coincide con la fine? Eppure noi sappiamo che ilc orso della storia è in crescita verso il completamente e niente è mai ripetitivo…
Di fatto l’Avvento, sia pure con i suoi riferimenti escatologici, ci introduce in un clima diverso: quello dell’attesa frammista alla speranza, dello spazio aperto sul desiderio infinito che abita il nostro cuore, del rinnovato bisogno di pienezza e di gioia.
Realmente il nostro cuore è inquieto, come ci ricorda S. Agostino, fino a che non trovano adempimento i desideri e le attese più profonde.