Vita Chiesa

La Chiesa che cerca il dialogo con i giovani

Le diocesi di Grosseto, Massa Marittima-Piombino e Pitigliano-Sovana-Orbetello organizzano un percorso che, nell’arco di tre anni, accompagnerà i giovani dai diciassette ai vent’anni delle tre diocesi all’incontro con Cristo. Il primo appuntamento si svolgerà domenica 28 novembre, dalle 9,30 alle 16, nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Follonica. L’inizio è previsto alle 9,30; la parrocchia (in zona Sensuno) si raggiunge facilmente dalla stazione o dall’uscita Follonica sud dell’Aurelia. Il pranzo è a sacco. Gli incontri successivi saranno il 27 febbraio a Orbetello, il 17 aprile a Grosseto.

di Giuseppe SavagnoneSi ha a volte l’impressione che il rapporto dei giovani con la Chiesa sia diventato estremamente problematico. Certo, ci sono i gruppi e i movimenti, in cui molti di loro confluiscono con entusiasmo. Ci sono i grandi raduni intorno alla persona del Papa o di qualche altra figura carismatica, capace di risvegliare per un momento lo slancio religioso delle folle giovanili. Ma, quando si torna a guardare la realtà ordinaria, quella di tutti i giorni, si scopre che per molti ragazzi e ragazze vale il principio «Cristo sì, Chiesa no», che è, del resto, ampiamente diffuso anche tra gli adulti. Con il risultato, però, che anche la relazione con Cristo, senza un confronto, senza una esperienza comunitaria, rischia di rimanere prevalentemente emotiva, incapace di orientare efficacemente le scelte quotidiane grandi e piccole.

In questa situazione vi sono certamente anche degli aspetti positivi, che non bisogna sottovalutare. È finito, per fortuna, il tempo della «fede ereditaria», vissuta per inerzia sulla scia della tradizione familiare. Ed è venuto meno anche quel contesto sociale – la cosiddetta «cristianità» – che rendeva l’adesione al cristianesimo una condizione imprescindibile per essere considerati brave persone e buoni cittadini. Oggi si può essere cristiani solo se si sceglie di esserlo, e pagando di persona. Perché, già soltanto per porsi seriamente il problema della fede, e ancora di più per essere coerenti con essa, ci si deve misurare con l’impetuosa corrente contraria dei luoghi comuni, delle mode, degli stili di vita diffusi, che appiattiscono la nostra società sul modello consumistico. Oggi pensare e vivere da cristiani significa essere rivoluzionari. Sotto questo profilo, è un bene che i giovani non riempiano più in massa, per pura abitudine, le nostre chiese. Il venir meno degli automatismi sociologici rende più autentica e più responsabile la presenza di coloro che decidono di entrarci. E tuttavia, non si può non restare perplessi quando si constata che tanti non riescono neppure a prendere in seria considerazione una simile scelta e reagiscono con fastidio alle pressioni che talvolta vengono esercitate dalle famiglie in questo senso. Ai loro occhi la Chiesa è solo una struttura opprimente, il cui messaggio fondamentale è intessuto di una serie di obblighi e di divieti anacronistici, ormai inaccettabili.

Di fronte a questo atteggiamento diffuso, forse la cosa più giusta che i cristiani possono fare è respingere la tentazione di demonizzarlo e interrogarsi, piuttosto, sulle cause che lo determinano. Probabilmente alla base ci sono dei blocchi comunicativi. Non si parla lo stesso linguaggio. E questo significa che ci si rivolge ad interlocutori che non esistono più da molto tempo, senza riuscire a intercettare l’attenzione di quelli che effettivamente ci stanno davanti. Si annuncia, sì, il Vangelo. Ma è come se si parlasse nell’aramaico dei tempi di Gesù, invece che in italiano. I ragazzi sbadigliano, perché non è un discorso che li interessa. E la noia è peggio del rifiuto. Da qui l’idea di un progetto che, nell’arco di tre anni, accompagni i giovani dai diciassette ai vent’anni delle tre diocesi di Grosseto, Massa Marittima-Piombino e Pitigliano-Sovana-Orbetello, in un cammino di consapevolezza da cui alla fine possa scaturire, se lo vorranno, l’incontro con Cristo – il Cristo della Chiesa, e non quello costruito da ciascuno a propria immagine e somiglianza – a partire dalla loro reale situazione, con tutti i problemi, i dubbi, le esigenze che la caratterizzano rispetto ad un passato anche recente.

Ciò comporta un atteggiamento di ricerca. Troppe volte oggi al bigottismo di chi accettava la fede passivamente si sostituisce la superficialità di chi la rifiuta senza neppure porsi delle domande. Ma una vita senza ricerca – diceva già un filosofo pagano, Socrate – non è degna di essere vissuta. La prima grande difficoltà in cui i giovani si imbattono è quella del rapporto con se stessi e con gli altri. Perciò è da qui che il cammino deve cominciare, se vuole coinvolgere la vita reale delle persone. Così, negli incontri del primo anno le domande verteranno non su argomenti «religiosi», ma sull’uso del proprio tempo, sul modo di divertirsi, sul rapporto col cibo, con le cose, con le persone vicine – genitori, fratelli e sorelle, amici – e su quelle lontane, che però a volte irrompono nella nostra vita attraverso le immagini della televisione. Su queste cose si cercherà di ascoltarsi e di parlare onestamente, senza dare per scontato nulla, senza scandalizzarsi di nulla, e, attraverso questo dialogo, di conoscere un po’ meglio se stessi. È un punto di partenza necessario, se si vuole giungere a conoscere meglio Dio. Intanto si può imparare ad essere un po’ meno in balìa dei meccanismi sociali e psicologici di massa e scoprire la propria identità… Questo in qualche momento può essere scomodo. Ma è l’inizio della rivoluzione di cui si parlava prima. E forse vale la pena di tentare.