Vita Chiesa

Una taglia (e molte domande) per l’assassino

DI DON FRANCESCO SENSINI«Ha fatto proprio bene!» «Ma no, non dirai sul serio» «Sono proprio più che convinto!» Lo scambio di battute, tra due amici, nell’atrio della stazione, riguarda la proposta di mettere una taglia sull’assassino del benzinaio. «Ma non siamo mica nel Far West, noi siamo un paese civile!»«E ti sembra civile un paese in cui un guidatore ubriaco che ha falciato due bambini dopo tre giorni torni in libertà? Ti sembra civile un paese in cui gruppi di giovani sfasciano, spaccano e distruggono senza alcuna conseguenza? Ti sembra civile un paese in cui la polizia arresta un delinquente e dopo alcuni giorni, grazie agli avvocati, è di nuovo in libertà?» «Sì! Va bene ma queste sono solo eccezioni, sono casi!»«Allora, sai che dico, anche la taglia è un eccezione, un caso!»

Il dialogo termina qui ma la mia mente è stimolata da queste indicazioni sulla civiltà.

Vorrei però prima di tutto sgombrare il campo da ogni possibile equivoco: la taglia è certamente una forma di giustizia profondamente scorretta perché attribuisce al singolo un potere che è dello stato, favorendo non giustizia ma vendetta. Adesso permettetemi di fantasticare.L’assassino è prima di tutto un uomo. E nessuno può essere giudicato e tanto meno giustiziato senza prima essere ascoltato. Chiediamogli dunque: perché hai ucciso?Risposta: «per la droga!» Se è così, allora la responsabilità è di coloro che purtroppo per pregiudizi religiosi e sociali ne impediscono la liberalizzazione creando enormi difficoltà.

Perché hai ucciso un padano? Risposta: «perché non sono un razzista! Il padano non nè diverso nè superiore ad ogni altro uomo e io l’ ho dimostrato». Ma allora si tratta di un gesto al quale va almeno attribuita una lezione sull’ uguaglianza.

Perché hai ucciso un benzinaio? Risposta: «perché sono per la pace! E contesto fortemente tutti quelli paesi che fanno la guerra per il petrolio con le inevitabili conseguenze sul prezzo della benzina».

Perché hai ucciso? Risposta: «perché non ho lavoro!» Ma allora la responsabilità è di tutti coloro che per interessi personali, usando la politica e il sindacato, non creano futuro per i giovani.

Su chi dunque va messa la taglia?Il mio fantasticare è finito. Ho manifestato tutta la mia civiltà ascoltando l’assassino. Adesso lascio a voi, cari lettori, la libertà e la responsabilità di emettere la sentenza.

Non so quale verdetto emetterete, ma prima di lasciarvi, non dimenticate che la domanda «civile» che permette un giudizio vero e definito è solamente questa: perché hai ucciso tuo fratello?