Vita Chiesa
Padre Ezio, un francescano in Turchia
L’Unione europea ha stabilito che nel 2005 si apriranno i negoziati per un eventuale ingresso della Turchia nella comunità. Una decisione arrivata al termine di un lungo dibattito: tra le questioni sollevate, oltre agli aspetti politici ed economici, anche il riconoscimento da parte della Turchia dei diritti fondamentali della persona e il rispetto della libertà religiosa. L’ingresso della Turchia, paese a maggioranza musulmana, nell’Unione europea infatti porrebbe inevitabilmente anche la necessità di un dialogo più aperto tra islam e mondo cristiano. Padre Ezio Fierli, francescano di origini toscane, ha trascorso in Turchia quasi sessant’anni, dedicandosi all’assistenza spirituale degli italiani. È un profondo conoscitore di questo paese, che ama molto e dal quale, dice, ha imparato molte cose. Abbiamo approfittato di un suo breve soggiorno nell’infermeria del convento di Fiesole per farci raccontare la sua vita nel paese della mezzaluna.
Ma lei ha uno spirito un po’ avventuriero?
«Esattamente. L’avventura è stata sempre il mio punto debole. Quando nel 1947 mi fu proposta la Turchia dissi tra me: Questo è il momento buono. Non lo lasciamo scappare. Ecco perché accettai senza riserve e con molto entusiasmo».
Come fu il suo primo viaggio verso Istanbul?
«Io sono di origine semplice, campagnola. Non avevo mai veduto un aereo da vicino. Quando me lo trovai davanti sgranai gli occhi dalla meraviglia. Mi sembrava una cosa irreale salirvi. Che viaggio fu quello! Roma – Istambul! Un viaggio indimenticabile per le tante emozioni che provai».
Quali le sue impressioni sulla metropoli turca?
«Ebbi l’impressione di essermi calato in un altro mondo. Istambul mi apparve come una città immensa e meravigliosa. Il Bosforo, Topcapi, le moschee, il grande Bazar, la città tutta fu per me la scoperta di un mondo stupendo. Inizialmente mi trovai un po’ smarrito ma allo stesso tempo anche felice di fare conoscenza con una metropoli che non ha niente da invidiare a quelle italiane. Ebbi subito modo di ammirare usi e costumi di una civiltà che stavo scoprendo giorno dopo giorno».
Come fu il suo incontro con i nostri connazionali?
«Indimenticabile. Ricco veramente di simpatia. Ebbi la sensazione e la gioia di trovarmi tra amici di vecchia conoscenza. E non ne conoscevo uno. Ci univa il legame alla madre patria. Un legame davvero forte. E proprio a Smirne divenni amico di tanti connazionali e anche di tanti turchi dei quali ho sempre onestamente rispettato le idee politiche e soprattutto religiose».
Lei ora mi sollecita a porle questa domanda: come giudica – dopo tanti anni di convivenza – gli islamici turchi?
«Per esperienza debbo affermare che sono gente perbene, leale, amichevole e dal lato religioso veramente esemplare in un paese dove la costituzione è laica. Il Corano è legge di vita che gli islamici osservano con fedeltà indiscussa. Ho ammirato il loro modo di pregare nelle moschee, nelle piazze e anche lungo le strade. Con mia edificazione».
Quali le città che le sono rimaste più impresse?
«Tante, davvero tante! Oltre a Istambul che è tra le città più grandi del mondo, non posso dimenticare Bursa, Ankara, Efeso, Didimo e tutte le località della Cappadocia che sembra un passaggio lunare, unico al mondo. Per averne l’idea bisogna visitarla in tutti i particolari e non accontentarsi di pubblicazioni che non riescono a darci la realtà di quel paesaggio ricco di storia e di una bellezza naturale incomparabile».
Com’è, secondo lei, l’attuale civiltà turca?
«È ricca di storia e rispettosa delle proprie tradizioni. È una civiltà aperta che sta al passo con il progresso delle nazioni europee».
E la cultura è in pieno sviluppo?
«Sicuramente. Basta osservare come è curato il settore scolastico e specialmente quello universitario. Ci sono in Turchia, in ogni provincia, università che reggono bene a confronto con quelle europee. Si può affermare che la Turchia è un Paese in completa evoluzione».
Com’è la vita dei nostri connazionali?
«Quei pochi che ancora sono rimasti nel paese della Mezza-Luna sono operosi e fanno onore alla Turchia e all’Italia. Sono molto ricercati per lavori specializzati e vivono tranquilli e rispettati».
Ma la vita com’è in Turchia?
«Può paragonarsi a quella dell’Italia. Io mi sono trovato bene per 55 anni e considero la Turchia come mia seconda patria».
Perché lei attualmente si trova in Italia?
«Per motivi di salute, ma appena avrò concluso i controlli medici, riprenderò l’aereo per la Turchia a cui penso tante volte. Ogni giorno».
La Comece ha dedicato ampio spazio al dibattito su tale argomento, ascoltando anche studiosi ed esperti di diverse nazionalità. I vescovi si chiedono dunque se «sia opportuno aprire i negoziati con la Turchia benché i diritti fondamentali, ivi compresa la libertà religiosa, non sono pienamente rispettati in questo Stato». La Commissione suggerisce di chiedere ad Ankara di «correggere le carenze» relative «alla libertà di espressione religiosa e alla tutela delle minoranze».