Vita Chiesa

La memoria è più importante della politica

DI DON FRANCESCO SENSINISto incrociando, davanti ad un cinema, alcune classi di studenti, quando sento dire: «Guarda che branco di vagabondi!» L’affermazione è di un vecchietto che insieme ad alcuni suoi amici, tutti pensionati, li sta osservando entrare al cinema. Mi fermo un attimo per farli passare. Ad un certo punto uno degli studenti riconosce nel gruppo dei pensionati suo nonno. Lascia un attimo i compagni e va a salutarlo e giustificando la sua assenza da scuola gli dice: «Sai nonno, facciamo assemblea, e vediamo un film sugli ebrei, perché il 27 è il giorno della memoria. Ciao!»Gli amici del nonno avvertono un certo imbarazzo per il giudizio espresso precedentemente da uno di loro. Per rimediare il nonno dice: «È una buona cosa che la scuola aiuti gli studenti a ricordare queste tragedie!». Che strano, penso. Prima era un branco adesso sono studenti, prima erano vagabondi adesso stanno facendo una cosa buona! È bastato un legame familiare per cambiare la visione delle cose. È stato sufficiente sentirsi coinvolti per avvertire la superficialità del giudizio. Mentre stanno arrivando altri studenti, uno dei pensionati commenta: «Io non ho niente contro gli ebrei, per carità, ma non sono stati gli unici a pagare la follia del nazismo! Ci sarà mai una giornata dedicata alle vittime del comunismo?» L’altro lo riprende: «Tu la metti subito in politica!» «Perché? che c’è di male?» ribatte l’amico. «Pensi che quelli che organizzano assemblee, mostre, viaggi, incontri di studio… lo facciano per amore degli Ebrei? Secondo me è proprio tutta politica!».Sento forte la tentazione di condividere questa affermazione e di manifestarlo a chi la espressa. Ma mi sento «bloccato» dalla profonda sensazione che provai visitando, qualche anno fa, il campo di sterminio di Auschwitz. La sensazione fu questa: qui sono stati sterminati uomini e donne. I capelli, gli occhiali, le scarpe, le valigie, gli spazzolini da denti: tutte reliquie di esseri umani. Solo i vari «musei» distinguono gli uomini e le donne per nazionalità, per categorie, in razze, in religioni. Non me la sento di determinare la pericolosità di una ideologia dal numero delle vittime. Però avverto che nel caso degli Ebrei si è toccato il fondo. Faccio degli esempi: se sono credente e la mia vita è in pericolo proprio per questo, per sopravvivere, ho ancora una possibilità: rinunciare alla mia fede; se sono di destra o di sinistra, e la mia vita è in pericolo per questo, per salvarmi, ho ancora una possibilità, rinunciare alla mia posizione… ma se sono ebreo, e la mia vita è in pericolo proprio per questo, per sopravvivere, non ho nessun altra possibilità. È come dire, infatti, che sono in pericolo perché esisto e l’alternativa è peggiore del pericolo.

Davanti al cinema non c’è ormai più nessuno. Gli studenti hanno iniziato la loro assemblea, e il gruppetto di pensionati sta parlando, fermo, davanti ad un negozio di saldi. Che il nonno stia pensando ad un regalo per il nipote?