Vita Chiesa

Le Gmg? La più bella intuizione di Giovanni Paolo II

Mimmo Muolo, vaticanista di «Avvenire», ha dato alle stampe proprio in questi giorni «Generazione Giovanni Paolo II. La storia della Giornata mondiale della gioventù». Gli abbiamo chiesto di scrivere per noi una breve storia delle «Gmg».

di Mimmo MuoloNessun Papa ha esercitato sul mondo giovanile lo stesso impatto di Karol Wojtyla. E ne sono dimostrazione le Giornate mondiali della Gioventù, che qualcuno ha definito, non a torto, la più bella invenzione del suo pontificato. Giovanni Paolo II dimostrò subito il suo particolare carisma nei confronti dei ragazzi. «Voi siete l’avvenire del mondo, la speranza della Chiesa! Voi siete la mia speranza», disse il 22 ottobre 1978, quasi a completare l’«aprite le porte a Cristo» con cui si era presentato, al momento dell’inizio del suo ministero di pastore universale. Ora sappiamo che non era retorica. Le settimane, i mesi, gli anni successivi hanno confermato, infatti, che il binomio «Papa-giovani» era spontaneo, naturale, persino «ovvio».

Piuttosto c’è da registrare un dato curioso. Mentre sono tutti concordi nell’attribuire a Giovanni Paolo II la paternità delle GMG, lui stesso sembra quasi schermirsi e indica, invece, gli stessi giovani. Nel libro Varcare la soglia della speranza, a un certo punto afferma: «Nessuno ha inventato le Giornate Mondiali dei Giovani. Furono proprio loro a crearle. Quelle Giornate, quegli incontri, divennero da allora bisogno dei giovani di tutti i luoghi del mondo».

Non è certamente per falsa modestia che il Papa scrive queste parole. È, invece, per sottolineare un dato di fatto. In pratica è come se dicesse: «Il mio merito è quello di aver fatto da antenna. Di aver captato, cioè, un reale bisogno dei giovani». Noi possiamo aggiungere ora, riguardando la storia del pontificato, che Giovanni Paolo II lo ha captato prima di ogni altro nella Chiesa.

Anche all’inizio delle Gmg è avvenuto qualcosa di simile. La Storia delle Giornate, infatti, ha una data ufficiale di inizio e una sorta di «preistoria», non meno importante al fine di comprenderne l’evoluzione successiva. La data ufficiale di inizio è quella della I Giornata, il 26 marzo 1986, per altro celebrata su base diocesana. Ma prima di allora, già per ben due volte centinaia di migliaia di ragazzi di tutto il mondo si erano ritrovati a Roma. Dall’11 al 15 aprile 1984 per il Giubileo dei Giovani dell’Anno Santo straordinario. E il 30 e 31 marzo 1985 per l’Anno internazionale della gioventù proclamato dall’Onu, ma onorato in modo particolare da Papa Wojtyla proprio con tale invito. Fu il Papa in persona a volere quei due appuntamenti. Anche contro il parere di chi temeva potessero rivelarsi un insuccesso. Invece, i giovani risposero alla grande e questo convinse lo stesso Pontefice che si poteva continuare l’esperienza. Non solo a Roma, ma in tutto il mondo.Da allora Giovanni Paolo II e i giovani hanno fatto in pratica il giro del pianeta, esercitandosi sulle frontiere più estreme e più difficili, pur di annunciare Cristo. Ecco, dunque, la frontiera del «nuovo mondo» nel 1987 a Buenos Aires, quella delle «radici dell’Europa» a Santiago nel 1989 (comune del resto anche al prossimo appuntamento di Colonia 2005), la frontiera dell’Est finalmente libero dal comunismo a Cestochowa nel 1991, quella di un intero continente ancora da evangelizzare, a Manila nel 1995. E, infine, la frontiera del confronto con l’Occidente secolarizzato che crede di poter fare a meno di Dio: a Denver nel 1993, a Parigi capitale del laicismo nel 1997 e, in fondo, anche a Toronto nel 2002. Su tutte queste frontiere Giovanni Paolo II ha ribadito il proprio mandato missionario (indimenticabile quello di Roma 2000). E piantato, insieme con i «suoi» giovani, la croce di Cristo. Quella croce consegnata loro il 22 aprile 1984 a conclusione del Giubileo straordinario della Redenzione e che da allora in poi è diventata una sorta di testimone nella grande staffetta delle Giornate Mondiali.

Il «segreto» di questa particolare capacità di farsi seguire dai giovani va oltre gli aspetti esteriori che hanno caratterizzato i primi anni. E infatti anche quando Papa Wojtyla non era più l’atleta di Dio, ma un’icona vivente della sofferenza, i suoi ragazzi non lo hanno mai abbandonato. Prova ne sia il fatto che hanno trascorso insieme con lui le ore di agonia prima della morte, sostando in preghiera sotto le sue finestre. In piazza San Pietro, nella notte tra il primo e il 2 aprile e anche nella sera di quello stesso giorno, si è svolta «l’ultima Gmg» del Pontificato di Papa Wojtyla. E proprio in quella occasione il Papa ha tenuto ai giovani l’ultimo suo intenso discorso. Solo tre frasi – «Vi ho cercato. Ora siete venuti da me. Vi ringrazio» – ma riassuntive di tutta la storia delle Giornate Mondiali della Gioventù.

Davvero Papa Wojtyla ha cercato le giovani generazioni sin dall’inizio. Ha cercato il contatto e il dialogo fino a chiedere, a pretendere quasi, che in ogni sua visita pastorale vi fosse un incontro con loro. Li ha cercati in tutto il mondo, anche nelle nazioni e negli ambienti culturali che sembravano più chiusi a questo tipo di discorso. Li ha cercati andando controcorrente rispetto agli stessi ambienti ecclesiali, che all’inizio non avevano compreso la valenza e la portata del suo progetto.

La storia delle Gmg dimostra che aveva ragione lui. Ora, grazie alla straordinaria pastorale giovanile del Papa venuto da lontano, la Chiesa dispone di una generazione di «sentinelle del mattino», secondo l’espressione coniata a Roma, nel 2000. Una generazione di «costruttori della civiltà della pace» (Toronto 2002). La «generazione Giovanni Paolo II», incamminata verso Colonia, insieme con Benedetto XVI che ne ha già raccolto l’eredità.

• Mimmo Muolo, Generazione Giovanni Paolo II. La storia della Giornata Mondiale della gioventù, ed. Ancora, giugno 2005, pp. 128, e 9,00