Vita Chiesa

Omosessuali: con rispetto, ma nella verità

DI DON FRANCESCO SENSINILo confesso. Divento interiormente violento quando mi sento accusare di essere contro la libertà, conto la democrazia, contro il progresso. E solo per il fatto di non condividere la scelta del governo spagnolo di legalizzare il matrimonio degli omosessuali. Eppure le mie ragioni non mi sembrano così banali o addirittura frutto di pregiudizi.

Una società ha bisogno di «cittadini» per vivere. E solo la relazione tra uomo e donna, tra l’elemento maschile e femminile, garantiscono la presenza di «cittadini». Una società dunque dovrà favorire, sostenere e difendere questo specifico rapporto. È difendere se stessa. Sto forse offendendo di inciviltà tutti coloro che non si sposano? Sto insultando per caso tutti coloro che purtroppo non possono avere figli? La libertà. Posso impedire agli omosessuali di amarsi? No di certo! Ma ricordare che questo loro amore è «radicalmente impotente» è offenderli o renderli veramente liberi? «La verità vi farà liberi».

Il desiderio dei figli, per «sembrare» famiglia come le altre, non nasconde forse la consapevolezza di non «essere» in realtà come le altre famiglie? Mi vengono in mente le parole che Paolo rivolge ad una comunità cristiana dove la libertà individuale sta corrodendo il tessuto sociale: «il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte membra. Se il piede dicesse: “Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo”, non per questo non farebbe più parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: “Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo”, non per questo non farebbe più parte del corpo».

La chiesa ha questo faticoso compito: ricordare che prima di tutto siamo un corpo e riconoscersi membra diverse non è limitare la propria libertà ma acquistarla. Ecco cosa dice nel Catechismo della Chiesa Cattolica: «Un numero non trascurabile di uomini e donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto e delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita». Sono parole che esprimono giudizio? Sono parole che creano divisione? sono parole offensive?

La vera offesa nei loro confronti è proprio quella di illuderli di essere come altri. Dico di più: sono portatori di un dono del Signore, sono fratelli con i quali costruire il regno di Dio. Ma il rispetto e la delicatezza esigono la verità. Cancellare dalla legge parole come marito e moglie non è certo rispettoso di chi lo è. È preferibile parlare di marito e moglie per gli eterosessuali e di amanti per gli omosessuali. Ma non sono le parole che rendono giustizia alla verità.