Vita Chiesa

L’inchiesta: i giovani e la fede

di Alessandra PistilloIl 2 aprile 2005 muore Giovanni Paolo II, papa amato e stimato dai giovani. Considerato una guida spirituale per i cattolici, un grande comunicatore e operatore di pace per atei e non cattolici. Un evento come questo, che ha raccolto a Roma milioni di ragazzi e ragazze, ha fatto pensare a quanto i giovani possano dare nel nostro tempo per una grande testimonianza pubblica di fede. Ma i giovani d’oggi, che rapporto hanno, nel loro cuore, con la fede e con la religione cattolica?

Abbiamo raccolto alcune opinioni di un gruppo di giovani credenti e praticanti cattolici, giovani credenti ma non praticanti, giovani atei. Ne emerge un breve viaggio nel pensiero religioso giovanile, e un confronto di opinioni tra chi è cattolico e chi no.

L’educazione alla fedeTra i credenti, Dio è sentito come «un amico intimo che consola nei momenti difficili» (Dania, 22 anni), o colui «che conosce il nostro destino» (Simona, 22 anni). «So che mi ha dato la vita e spero di riuscire a rispettarlo e ringraziarlo come si merita» (Mirko, 24 anni). Dio è «l’antitesi della ragione e della scienza, che sono le cose in cui io credo» è invece la posizione di Marco, 23 anni , che si dichiara ateo.

Viene riconosciuto il fatto di aver acquisito la fede grazie all’educazione cattolica ricevuta da piccoli, perché l’Italia affonda le sue radici in una cultura cattolica: «È importante conoscere la religione cattolica per capire la cultura del paese dove viviamo»(Samuele, 22). Non mancano però le critiche riguardo alle modalità, «troppo tradizionali e noiose», di presentare la fede cattolica da parte di alcuni sacerdoti. Crescendo, si sviluppano convinzioni proprie in merito alla fede e alla Chiesa, che spesso non vanno ad abbracciare i precetti insegnati, e che a volte portano a convinzioni diverse: «Ragionando ho capito che credere fa solo comodo nel momento del bisogno: io non credo proprio perché mi è stato imposto di credere»(MarcoMirko , invece, pensa di «essere stato fortunato nell’aver conosciuto dei preti intelligenti. Spesso ce l’abbiamo coi preti, ci scordiamo che sono uomini e si portano dietro i loro pregi e difetti… sono fallibili. Ci sono sacerdoti che riescono a farti odiare quello di cui parlano, che non fanno niente per mostrare il bello che c’è nella fede e nella Chiesa. A me, invece, ne hanno fatto scoprire l’essenza. L’educazione religiosa è fondamentale, ma bisogna smettere di intenderla come un qualcosa di nozionistico: l’educazione, proprio come dovrebbe succedere nell’istruzione scolastica, deve offrire le basi e gli strumenti per permettere a un ragazzo di sviluppare un personale rapporto con la fede. Penso sia inutile insegnare a un bambino a ripetere a pappagallo l’Atto di Dolore dopo la confessione quando rischia di crescere senza aver capito l’importanza di quel momento in cui si sta realizzando la riconciliazione, tra l’uomo e Dio. Lo sbaglio nel credere in una educazione nozionistica si dimostra facilmente: di solito, la maggioranza di quelli che oggi si ritengono atei o anticlericali, hanno ricevuto da bambini un’educazione religiosa come quasi tutti. E questo è tutto dire».

La preghiera e i sacramentiResta il fatto che crescere, istruirsi, vivere il mondo di oggi, porta inevitabilmente a sperimentare la fede in modo particolaristico: ogni individuo vive il rapporto con Dio come una relazione intima e personale, in virtù della quale precetti e ritualità «imposti dall’alto» vengono spesso non rispettati nella vita quotidiana, perché ritenuti poco convincenti, se non inutili ai fini del dialogo con Dio, che, essendo onnipotente «ti legge nel cuore». Perciò non si ritengono importanti taluni sacramenti, come ad esempio la confessione col sacerdote: «Non c’è bisogno di ripetere a voce alta al prete quello di cui mi pento: Dio lo sa già. Non servono intermediari tra me e lui» (DaniaSamuele ).

Sembra esserci un rapporto poco entusiasmante tra i giovani e la ritualità cattolica. La manifestazione più evidente è la scarsa partecipazione giovanile alla Messa domenicale. «Vado a messa per Pasqua o Natale, perché non sento l’esigenza spirituale di farlo per forza tutte le domeniche. Più volentieri, se a volte passo davanti a una chiesa, entro e prego in solitudine»(SimonaDaniaSamueleMirko). I giovani con un così bel rapporto con la ritualità però sembrano la minoranza. La posizione atea: «La messa è uno strumento per controllare e standardizzare la gente: pregavo solo da piccolo, perché mi obbligavano. Oggi non credo in una dimensione spirituale…semmai c’è una dimensione psicologica» (Marco ).

La Chiesa: pregi e difettiLa Chiesa Cattolica, nel 2005, sembra essere osservata e pensata con spirito critico dai giovani, che la ridimensionano senza più prendere come «oro colato» ciò dice, riconoscendone pregi e difetti.

I pregi: «Della Chiesa stimo le iniziative di solidarietà, che svolgono un importante ruolo umanitario» (SimonaSamuele, 22Marco). «Stima e rispetto per le persone che lavorano in silenzio, con umiltà, in qualcosa in cui credono, che spesso coincide con qualcosa che è utile agli altri. Stima, rispetto, e anche felicità per il grande evento che è stato il Concilio Vaticano II, che ha spinto d’un botto la Chiesa verso gli uomini e viceversa. Invito chi può a leggersi qualche documento tra i tanti emessi dal Concilio, ci troverà le linee guida per una Chiesa davvero vicina a qualcosa di valido, una Chiesa che per la prima volta ha ammesso di percorrere binari sbagliati, di essere fallibile, e di dover lavorare anche su di sè per raggiungere lo scopo che si prefigge. Stimo e sono anche fiero di alcune prese di posizione molto positive della Chiesa, come l’idea assolutamente scomoda che la proprietà privata, per esempio, non è un principio fondamentale e invalicabile davanti al diritto alla vita». (Mirko )

Le critiche: «la morale cattolica, troppo rigida» (SimonaDaniaMarco