Vita Chiesa

Dal Congresso di Bari al Sinodo. Intervista a mons. Cacucci

Parteciperà per la prima volta a un Sinodo dei vescovi e lo farà – dice – con sentimenti di “ascolto e gratitudine”. Ma anche portando a Roma l’esperienza vissuta a Bari durante il Congresso eucaristico nazionale (21-29 maggio 2005). Abbiamo chiesto a mons. FRANCESCO CACUCCI, arcivescovo di Bari e membro della XI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, come si sta preparando all’evento e quali sono i temi che gli stanno più a cuore.

Qual è il messaggio che dal Congresso eucaristico di Bari porterà al Sinodo?

“Il Sinodo raccoglierà tutto quello che si è riflettuto e vissuto in questo Anno dell’Eucaristia nelle diverse diocesi. Sarà, come è nelle intenzioni, un Sinodo soprattutto pastorale. Per questo di grande aiuto potranno essere le esperienze maturate nelle diverse Chiese locali. Io vi parteciperò con la ricchezza della esperienza del Congresso eucaristico nazionale di Bari. In modo particolare vorrei segnalare la dimensione ecumenica. È stata la prima volta che il tema ecumenico è stato oggetto di riflessione e occasione di testimonianza e di preghiera durante un Congresso eucaristico nazionale. Come ha affermato Benedetto XVI, proprio nella celebrazione eucaristica – sacramento dell’unità – emergono con forza le divisioni tra i cristiani. Per questo l’Eucaristia pone in tutti quanti noi una forte nostalgia, perché il Signore possa riunificare al più presto i cristiani e ci interpella a porre quei gesti concreti di ecumenismo che ci riavvicinano molto tra di noi”.

Secondo lei, qual è il rapporto dei giovani con l’Eucaristia?

“Un’altra esperienza positiva realizzata durante il Congresso e pensata come tappa di avvicinamento alla Gmg di Colonia, è stata la realizzazione del Villaggio-giovani che ha favorito la presenza di tantissimi giovani. Cuore non solo del Villaggio-giovani ma di tutto il Congresso è stata l’adorazione eucaristica permanente. Abbiamo così riscoperto insieme la gioia di affermare con i giovani di Colonia: Siamo venuti per adorarlo. Il Sinodo sarà non solo il momento culminante di tutto l’Anno dell’Eucaristia che volge al termine ma anche sorgente di un rinnovato impegno a celebrare, adorare e vivere l’Eucaristia nelle nostre comunità cristiane. Quindi attendiamo il Sinodo con quella disponibilità di chi sa che il Signore supera infinitamente le nostre attese”.

Cosa rimarrà di quest’anno dedicato all’Eucaristia?

“A mio parere, soprattutto la centralità dell’Eucaristia nella vita cristiana. Se davvero crediamo che l’Eucaristia è fonte e culmine della vita della Chiesa – secondo proprio l’espressione del Concilio Vaticano II – questa affermazione allora deve diventare concreta nella nostra pastorale e a mio parere diventa concreta se la Domenica, giorno del Risorto, è davvero il punto culminante e la fonte della vita di una comunità cristiana. Abbiamo una ricchezza e una possibilità straordinarie: ogni domenica, in Italia oltre 15 milioni di persone partecipa alla Messa domenicale. Altro che Auditel! È chiaro allora che non si tratta tanto di richiamare le persone alla partecipazione alla messa domenicale ma di rendere questa partecipazione capace di creare una sintesi tra l’annuncio, la celebrazione e la vita”.

Un’occasione di evangelizzazione da non perdere…

“Non solo di evangelizzazione ma anche di sintesi. Noi viviamo in una società frammentata: dobbiamo invece riuscire a non vedere la catechesi come momento di approfondimento, la celebrazione come fatto rituale, e poi la vita legata alla caritas. Tutte queste espressioni della comunità parrocchiale non possono camminare parallelamente. Devono trovare una sintesi e la sintesi si trova nella celebrazione eucaristica domenicale”.

Quali conseguenze ha l’incontro con Gesù nell’Eucaristia sull’impegno politico?

“La politica non è altro dalla vita. E se è, come dice il Concilio Vaticano II, un’altissima forma di carità, è chiaro che anche la realtà politica deve scaturire da questa vita di fede, da questo dono sacramentale che è l’Eucaristia. È ovvio che tutto questo comporta una sintesi: non possiamo farlo scaturire come fatto moralistico. Non si tratta nemmeno di infarcire le celebrazioni di riferimenti alla attualità politica come talvolta in un modo un po’ ingenuo accade. Si tratta di vedere come il messaggio che la Domenica viene rivolto a tutta la comunità cristiana, si traduce poi per la salvezza del mondo. E questo non si improvvisa. La Comunità cristiana può diventare luogo nel quale fare delle scelte ed essere profetici non solo con la denuncia ma anche con l’impegno, anche in campo politico. Ma questo lo può fare solo una comunità che vive integralmente tutte le sue dimensioni”.