Vita Chiesa
La scuola dei giovani monaci all’Abbazia di Monte Oliveto
Tra i relatori Andrea Grillo del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma, dom Giorgio Picasso dell’Abbazia di Seregno, dom Cyril Romanov dell’Abbazia di Maylis e dom Roberto Nardin dell’Abbazia di Monte Oliveto, che ha coordinato la tavola rotonda conclusiva del convegno. Un incontro con l’Abate Generale e una preghiera silenziosa e comunitaria hanno siglato la fine di questi due giorni per i novizi, tra i quali comparivano anche due suore.
Un’accoglienza estremamente affabile ha accolto il nostro arrivo e padre Tiribilli ha permesso che il convegno fosse interrotto per qualche istante, per offrirci l’opportunità di formulare qualche domanda ai presenti. È stato uno tra gli animatori del convegno, dom Bernardo Gianni dell’Abbazia di San Miniato, ad aiutarci a rompere il ghiaccio.
L’appartenenza monastica è una realtà che abbraccia tutto il mondo, attraverso l’intreccio tra i monasteri. Questi giovani monaci del Ghana perché si trovano qui in Italia, a questo convegno?
«Stiamo per terminare la costruzione di un monastero nella zona di Komasi, in Ghana – ci ha spiegato dom Stefano Greco – questo è stato pensato per essere abitato esclusivamente da monaci ghanesi, i quali vengono in Italia per un periodo di formazione come si vede dall’ampia rappresentanza presente in questa sala. Il vescovo locale è molto contento di questo, del fatto che si possa costituire una realtà monastica nel cuore del Paese».
Quanto è grande il nuovo monastero?
«Attualmente ci sono 30 camere. È una realtà che vogliamo costituire come un punto di riferimento, dal punto di vista spirituale e monastico, per la Chiesa locale e siamo emozionati, perché i lavori stanno terminando felicemente e l’inaugurazione è prevista per il mese di marzo del prossimo anno. I monaci compiranno il loro percorso religioso sul posto. L’originalità, forse vogliamo essere un po’ presuntuosi, di questo monastero è quella di essere una realtà costituita da ghanesi che non prevede la presenza di europei. La nostra idea è che non ci debba essere nessuna ingerenza da parte di persone occidentali nella gestione del monastero. I ragazzi che vede qui hanno una forte spiritualità che non troviamo in Italia, loro non hanno conosciuto la crisi religiosa che c’è in Occidente». Padre Francesco del Ghana aggiunge: «Come ha detto il mio confratello fra poco avremo l’inaugurazione del monastero e già abbiamo otto professi temporanei, quattro novizi e quattro postulanti che sono giù; noi siamo qui oggi, però torneremo in Ghana a proseguire la nostra vita monastica».
Non è facile vedere tanti giovani monaci come qui stasera, qual è l’età media dei presenti?
Risponde dom Stefano: «Venticinque, trent’anni al massimo, la nostra congregazione registra in tal senso un’inversione di tendenza, rispetto ad altre realtà monastiche».
Alcuni di voi sono novizi e si preparano a vincolarsi nel voto monastico, quanto può spaventare il momento della professione solenne?
Risponde dom Stefano: «Se si guarda se stessi spaventa, se si guarda Dio tutta la paura passa».