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Betlemme accende l’albero, ma senza pellegrini sarà un Natale di crisi

Tutto pronto, a Betlemme, per l’accensione del grande albero di Natale nella piazza della Mangiatoia, la prima domenica di Avvento. Un momento che di solito richiama tanti pellegrini. Quest'anno invece la piazza è deserta: per tante famiglie, che vivono del turismo religioso, la situazione è durissima. Dalla Custodia di Terra Santa l'invito a comprare "Una stella per Betlemme", come gesto di solidarietà.

Tutto pronto, a Betlemme, per l’accensione del grande albero di Natale nella piazza della Mangiatoia, l’evento che tradizionalmente accompagna la prima domenica di Avvento. Un momento che di solito richiama tanti pellegrini sia dalle comunità cristiane locali che da tutto il mondo. «Una festa che piace ai cristiani ma anche ai musulmani, ci sono i mercatini, le luci, la musica… Quest’anno sarà in tono minore. Ma sarà comunque un modo per trasmettere luce e speranza». Fra Matteo Brena è il commissario per la Toscana della Custodia di Terra Santa, l’organismo che da otto secoli si prende cura dei luoghi legati alla vita di Gesù e delle comunità cristiane che vi abitano. Un compito, in questo periodo, particolarmente impegnativo.Fra Matteo, qual è la situazione?«Anche in Terra Santa la pandemia sta picchiando forte e il numero di contagi è alto, anche se la mortalità è meno forte che in altre zone del mondo, complice anche il fatto che l’età media è molto bassa e la popolazione è composta in gran parte di giovani. Le strutture sanitarie però sono in difficoltà»Che Natale sarà a Betlemme? «Come tutto il mondo, anche a Betlemme si sta vivendo questo tempo sospeso. A differenza dell’anno scorso, la piazza è deserta, la basilica della Natività senza il consueto afflusso di fedeli. Nel periodo natalizio normalmente i pellegrini sono tanti, nel 2019 poi c’era stato un boom di presenze quindi la differenza si nota ancora di più. Adesso poi il governo israeliano ha espressamente vietato agli arabi (e quindi anche ai cristiani) di andare a Betlemme, per evitare occasioni di contagio. Per gli arabi che vivono in Israele il pellegrinaggio a Betlemme in avvento, nel giorno di Natale o per l’Epifania è una tradizione molto radicata, sarà un Natale diverso anche per loro».Questo pesa anche sull’economia locale?«Certo, intorno ai santuari l’80% delle persone vive di turismo religioso: tanta gente ha dovuto adattarsi e cambiare lavoro, la quotidianità è stravolta. Le persone mancano di cure mediche, alimentazione, istruzione». Ci sono forme di aiuto per la popolazione?«Israele si è inventato, per far fronte al coronavirus, una forma previdenziale simile alla nostra cassa integrazione: chi perde il lavoro riceve il 70% dello stipendio. In Palestina questo non esiste, e i datori di lavoro possono licenziare quando vogliono».Il problema economico si estende anche in altri settori?«Le notizie che mi arrivano da Betlemme dicono che anche l’artigianato è in crisi: oggetti in legno di ulivo, rosari, statue per il presepe… Tutto destinato a restare in gran parte invenduto. Il prezzo del legno di ulivo, un legno molto pregiato, è calato, adesso costa meno della legna per il forno, perché c’è poca richiesta».Per questo in Toscana avete lanciato la campagna «Una stella per Betlemme»«È un modo in cui ciascuno può aiutare una famiglia di Betlemme: acquistando una stella in legno di ulivo si dà lavoro anziché una semplice offerta. Questo può permettere a tante persone di guadagnarsi il pane in maniera dignitosa: chi produce le stelle, chi le confeziona e le spedisce… La Custodia si sta muovendo su questa linea: non distribuire aiuti dall’alto, ma generare lavoro. Questo è molto apprezzato».Oltre a partecipare alla campagna, cosa possono fare le nostre comunità cristiane?«L’invito è ad avere attenzione, a ricordare i nostri fratelli cristiani che abitano i luoghi santi. Tutto il mondo è in crisi, quindi giustamente ci si concentra sui bisogni caritativi locali. Quest’anno poi la Colletta del Venerdì Santo è saltata, per la pandemia; si è tentato di recuperarla a settembre ma con pochi risultati. C’è grande sofferenza e mancanza di risorse. La stella di Betlemme è un piccolo segno di speranza, un richiamo da mettere sul nostro presepe per ricordare quella terra che è all’origine della nostra fede, un pensiero che quest’anno assume un significato ancora più forte».Possiamo dire che da Betlemme arriva comunque un messaggio di speranza?«Il Natale richiama la speranza, la luce. Nonostante la crisi economica e l’emergenza sanitaria, Betlemme si sta preparando e anche quest’anno nella prima domenica di Avvento viene acceso il grande albero. È un simbolo amato da tutti, cristiani e musulmani. Il desiderio di prepararsi al Natale c’è. Sarà un Natale più intimo, senza la gioia dei pellegrini da accogliere ma con la voglia di stare vicini, almeno nella preghiera».