Vita Chiesa

La Chiesa può parlare. E parla a tutti

DI DON FRANCESCO SENSINIDopo tante polemiche sulla «ingerenza», evidente od occulta, della chiesa nella vita politica italiana i più intelligenti riconoscono alla chiesa la libertà di parola ma sottolineano subito il fatto che è un libertà da esercitare nei confronti solo dei cattolici. «La chiesa non può parlare per tutti perché non tutti sono nella chiesa».

Se un medico parla di salute parla solo per i suoi pazienti? Se un avvocato parla di legge lo fa solo per suoi assistiti? Se un ambientalista parla lo fa solo per coloro che lo condividono? Un politico può parlare per il paese o parla solo per i suoi?

Se esiste un bene comune esisteranno anche tante condizioni, tante scelte per raggiungerlo e mantenerlo. E un bene comune di una nazione non può essere il contrario di un altro bene comune.

Ora ne deduco che il vero bene comune è quello costruito su valori «universali» indipendentemente dal loro riconoscimento politico. Per questo posso contestare certe forme di potere e certi regimi. Se, per esempio, democraticamente tornasse in vigore la tortura potrei affermare con forza che è semplicemente un passo indietro. L’uomo, la sua dignità, il suo ruolo nell’universo, la sua capacità di relazione sono fondamenta su cui costruire una società, fanno parte del bene comune. E chi, sulla base della propria esperienza, può portare un contributo a questa costruzione, deve averne la libertà e le sue parole valgono per tutti.

Mi domando allora: la chiesa che esperienza ha dell’uomo? Quale contributo può portare alla società? Posso dunque dire che parla solo per i cattolici? Solo per i credenti? Ma non sono forse uomini e donne anche coloro che non credono? Che non la condividono? Che non la accettano?

La chiesa ha esperienza di un uomo di nome Gesù le cui parole e i cui gesti sono state le radici che hanno prodotto come frutti la vita, l’amore e la libertà. Ed è sotto gli occhi di tutti come nel suo nome altri uomini e donne hanno portato agli altri gli stessi frutti. Solo quando gli uomini hanno voluto produrre gli stessi frutti da altre radici non li hanno ottenuti o peggio hanno fatto dei danni. Non è forse vero che oggi è in nome della pace che si fanno le guerre? È in nome della libertà che nascono nuove schiavitù; è in nome della giustizia che si commettono ingiustizie; è in nome dell’amore che spesso si uccide?

La chiesa, sempre per esperienza e non per idee, ricorda che i frutti, che gli uomini cercano per sé e per il proprio paese, nascono da una radice ben precisa: la stessa esperienza di Gesù, morto e risorto. La chiesa dunque parla per tutti. Limitarne ai cattolici la sua missione sarebbe come chiedere agli occhi di sentire o alla bocca di vedere!