Vita Chiesa
Cristiani, testimoni di speranza in un mondo che non spera più
In un convitto della Calza reso irraggiungibile dal flusso dei seimila maratoneti che avevano bloccato una Firenze gonfia d’acqua autunnale, i rappresentanti delle associazioni che formano la consulta guidata da Alberto Toccafondi si sono riuniti sul tema («Laici oggi, testimoni di speranza») che rimanda a Verona 2006. Uomo di scuola nonché apprezzato editorialista di Avvenire e di Toscanaoggi, Savagnone è stato introdotto da mons. Giovanni De Vivo.
«Non siamo più capaci di raccontare la nostra storia: tutto si riduce a un continuo succedersi di flash. Eppure – ha proseguito – tutto nel Vangelo parla in termini di grande attesa». Il Vangelo è una «premessa», un invito a una «continua vigilanza» mentre noi lo abbiamo interpretato come un evento «già accaduto». La stessa Chiesa non può essere vista come punto di arrivo bensì è punto di partenza: «anticipazione imperfetta» del regno di Dio. E davanti al mistero della Chiesa-istituzione è necessario saper evitare il doppio rischio: l’impazienza e l’acquiescenza.
Con parole decise, ma ricordando anche la durezza di una nota presa di posizione dell’attuale Pontefice sui guai della «curia vaticana», Savagnone ha invitato a ritenere «non indispensabili» certe strutture organizzative delle varie Curie. Però ha anche ricordato come i laici non sempre riescano a cogliere le opportunità che, sul loro terreno specifico, essi potrebbero imboccare.
Se «sperare significa valorizzare la storia», Savagnone ha sottolineato come purtroppo l’Eucarestia sia tornata a ridursi a semplice «rito» mentre, in realtà, «racconta una storia autentica, cioè qualcosa che si è verificato nella realtà». In molte parrocchie – ha aggiunto – «purtroppo si fanno soltanto riti ma senza la vita reale». Ecco spiegato il grande ruolo dei laici («portare le parole del mondo nella Chiesa e quelle della Chiesa nel mondo»). I laici, dunque, non devono né «clericalizzarsi» né «tenere in ostaggio il parroco». E le parrocchie devono sapersi trasformare «da stazioni di servizio in cui si erogano stanchi sacramenti a luoghi nei quali ci si ritrova per parlare di ciò che è accaduto nel mondo e dove ognuno porta il suo contributo».