Vita Chiesa

Cristiani, testimoni di speranza in un mondo che non spera più

di Mauro Banchini«Chiedo scusa per la franchezza, ma se la Chiesa intervenisse a difesa della vita in tutte le fasi nelle quali la vita è minacciata, sarebbe ancora più credibile la sua più che giusta difesa della vita che nasce o della vita che muore». È un Giuseppe Savagnone esplicito, uno che non manda a dire ciò che pensa, il professore siciliano che, in replica alle domande, interviene chiosando la relazione che aveva appena finito di svolgere all’annuale convegno della consulta regionale fra le aggregazioni laicali toscane. Per la cronaca il relatore era appena entrato nel merito dei guasti prodotti nella mentalità corrente da una certa tv commerciale («che è perfettamente funzionale alla crisi del matrimonio o alla banalizzazione dell’amore») e nel clima culturale di un’Italia che si bea davanti a trasmissioni trash o che non trova scandaloso il fatto che si taglino «le spese per i poveri ma non quelle per costruire una inutile e miliardaria fregata militare».

In un convitto della Calza reso irraggiungibile dal flusso dei seimila maratoneti che avevano bloccato una Firenze gonfia d’acqua autunnale, i rappresentanti delle associazioni che formano la consulta guidata da Alberto Toccafondi si sono riuniti sul tema («Laici oggi, testimoni di speranza») che rimanda a Verona 2006. Uomo di scuola nonché apprezzato editorialista di Avvenire e di Toscanaoggi, Savagnone è stato introdotto da mons. Giovanni De Vivo.

È significativo – ha premesso – che i laici toscani parlino di speranza proprio nella prima domenica d’Avvento così come è purtroppo del tutto evidente che nel mondo del consumismo «la speranza rischia di essere al tramonto» essendo infatti legata a una dimensione (l’attesa) sulla quale oggi nessuno sembra più scommettere qualcosa. Il contesto culturale odierno, esclude qualunque tipo di «progetto», obbliga alla logica frammentaria dell’attimo «fuggente». La speranza non viene più vissuta come valore condiviso: è scomparsa anche dalla vita politica («Sono morte non solo le ideologie, ma anche le idee; valgono più i ritocchi estetici dei valori; il terreno della politica è sempre più quello delle manovre di potere ma sempre meno quello del confronto fra idee; fare politica oggi significa gestire il potere del presente non investire nel progetto del futuro»).

«Non siamo più capaci di raccontare la nostra storia: tutto si riduce a un continuo succedersi di flash. Eppure – ha proseguito – tutto nel Vangelo parla in termini di grande attesa». Il Vangelo è una «premessa», un invito a una «continua vigilanza» mentre noi lo abbiamo interpretato come un evento «già accaduto». La stessa Chiesa non può essere vista come punto di arrivo bensì è punto di partenza: «anticipazione imperfetta» del regno di Dio. E davanti al mistero della Chiesa-istituzione è necessario saper evitare il doppio rischio: l’impazienza e l’acquiescenza.

Con parole decise, ma ricordando anche la durezza di una nota presa di posizione dell’attuale Pontefice sui guai della «curia vaticana», Savagnone ha invitato a ritenere «non indispensabili» certe strutture organizzative delle varie Curie. Però ha anche ricordato come i laici non sempre riescano a cogliere le opportunità che, sul loro terreno specifico, essi potrebbero imboccare.

Se «sperare significa valorizzare la storia», Savagnone ha sottolineato come purtroppo l’Eucarestia sia tornata a ridursi a semplice «rito» mentre, in realtà, «racconta una storia autentica, cioè qualcosa che si è verificato nella realtà». In molte parrocchie – ha aggiunto – «purtroppo si fanno soltanto riti ma senza la vita reale». Ecco spiegato il grande ruolo dei laici («portare le parole del mondo nella Chiesa e quelle della Chiesa nel mondo»). I laici, dunque, non devono né «clericalizzarsi» né «tenere in ostaggio il parroco». E le parrocchie devono sapersi trasformare «da stazioni di servizio in cui si erogano stanchi sacramenti a luoghi nei quali ci si ritrova per parlare di ciò che è accaduto nel mondo e dove ognuno porta il suo contributo».

Un incontro inseritonel cammino verso Verona 2006Il Convegno annuale della Consulta Regionale delle Aggregazioni Laicali ha riunito al Convitto della Calza di Firenze, domenica scorsa, qualificati rappresentanti delle aggregazioni laicali presenti in Toscana, ed è stato presieduto dal Vescovo di Pescia Giovanni De Vivo, delegato per il laicato. L’incontro è stato inserito nell’itinerario regionale verso il Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona 2006, per questo erano invitati anche gli incaricati diocesani per la preparazione del Convegno di Verona. Dopo la relazione, la mattina, di Giuseppe Savagnone, il Convegno è proseguito nel primo pomeriggio con una serie di adempimenti statutari della Consulta e con la presentazione del Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona da parte di mons. De Vivo, che è anche il Vescovo incaricato della Cet per questo evento. La giornata si è conclusa con la Messa.Marco Sarti