Vita Chiesa
Bartoletti, trent’anni dopo
![](https://www.toscanaoggi.it/wp-content/uploads/2006/03/Bartoletti-trent-anni-dopo.jpg)
Molto e molti hanno scritto di lui, analizzandone il pensiero, la linea ecclesiale, il periodo storico, la valenza spirituale. Non posso e non voglio affiancarmi a loro.
Ripenso a quando parlava di sé, del suo essere vescovo e del suo ministero episcopale: lo faceva, forse non con tristezza, ma certo con tono dolente, quasi palesando un’interiore afflizione: si incurvava e talora scuoteva il capo. Non era teatrino od umiltà di maniera: era il turbamento, lo smarrimento di chi misurava la propria responsabilità ed aveva un’acuta percezione dei propri limiti. Egli divenne Vescovo in un tempo (anno 1958) in cui il ruolo episcopale aveva ancora un certo prestigio ecclesiale ed un forte riconoscimento sociale (tanto più a Lucca); non si trastullava in questo. Mostrava invece di misurare la propria interiorità con le esigenti radici bibliche, patristiche, liturgiche e con figure di alto profilo e di forte tensione spirituale, uno fra tutti: il Card. Dalla Costa.
Ripenso alle sue omelie, alle sue conferenze, al modo con cui celebrava. Non c’era la ricerca dell’effetto o del facile consenso: non c’era, in quei momenti, tratto dimesso o familiare, men che meno demagogia o la ricerca di risultare simpatico. C’era acuta intelligenza e sincera devozione. C’era, ancor di più, la consapevolezza nitida e vibrante di essere il maestro nella fede, il Sacerdote nel memoriale del Sacrificio. Era l’Apostolo che ammaestrava e santificava la sua Chiesa. Ancora una volta si evidenziavano le radici di una formazione culturale e spirituale segnata dalla frequentazione biblica, patristica, liturgica.
Ripenso al suo stile ecclesiale segnato da gradualità, rispetto per le persone fin quasi alla timidezza, ricerca inesausta di mediazione. Questo stile pastorale, confrontato con la linearità del suo pensiero, prospettico e coraggioso, ha indotto qualcuno, allora ed oggi, a parlare di incoerenza, di compromesso nel senso meno nobile.
Mons. Bartoletti: trent’anni dopo. Questo e molto altro ancora rivive di lui nella Chiesa di Lucca, di Firenze e nella Chiesa in Italia; può dire su di lui la Chiesa di Lucca, di Firenze e la Chiesa in Italia come certamente non si è mancato e non si mancherà di fare anche in questa circostanza.
Intanto rimane la strada aperta, il cammino avviato del suo processo di Beatificazione chiesto all’unanimità dall’intero Sinodo della Chiesa Lucchese, liturgicamente convocato attorno al proprio Arcivescovo. Non è un riconoscimento formale: è l’intera Chiesa che riconosce l’eccezionalità del dono ricevuto da Dio, la permanente validità della strada che egli ha segnato, l’esemplarità di motivazioni e di frutti che la sua vita ha germinato tra noi.
Piccoli e mediocri come siamo, ci riconosciamo visitati da Dio, da Lui «portati in braccio», attraverso l’esile figura di questo fratello più grande, di questo fratello più forte.
Ordinato sacerdote nel 1939, tornò a Firenze nel 1941 divenendo poi rettore del Seminario e professore di Sacra scrittura, caratterizzandosi per il sapiente magistero nei confronti dei futuri sacerdoti e per la notevole sensibilità culturale negli anni in cui la Chiesa fiorentina era guidata dal cardinale Elia Dalla Costa e segnata dalla vivace presenza di figure come Giorgio La Pira e don Lorenzo Milani. Nel 1958 fu nominato vescovo ausiliare di Lucca ad appena 42 anni. L’11 gennaio 1966, un mese dopo la conclusione del Concilio Vaticano II, divenne amministratore apostolico e quindi arcivescovo fino a quando Paolo VI, nel settembre 1972 lo chiamò alla segreteria della Conferenza episcopale italiana.
Nel corso dell’omelia per l’inaugurazione della decima assemblea generale della Cei, l’11 giugno 1973, Papa Montini presentò il «Presidente e fratello nostro carissimo, il signor cardinale Antonio Poma» e con lui «il nuovo Segretario della Conferenza medesima, monsignor Enrico Bartoletti, parimente da salutare in questo primo incontro comunitario nell’esercizio delle sue funzioni; la sua presenza ci ricorda la riconoscenza e la stima, che noi dobbiamo al suo valente predecessore, monsignor Andrea Pangrazio; e ci fa pensare alla pronta generosità, con cui monsignor Bartoletti, lasciando la sede eletta di Lucca, ha assunto, con la saggezza e l’alacrità che tutti conoscono, l’ufficio non semplice, né lieve della Segreteria della vostra Conferenza».