Vita Chiesa

BIGNARDI: Quelle promesse già mantenute

di Paola Bignardi

Benedetto XVI un anno dopo. Certo non si può applicare ad un pontificato il sistema di analisi divenuto frequente all’inizio di nuovi incarichi politici e di governo, quello cioè di tentarne un bilancio guardando alle prime scelte e al programma già realizzato. Il servizio del Papa alla Chiesa sfugge a simili categorie. È però un esercizio utile, ad un anno dall’elezione di Benedetto XVI, ripercorrerne i passi, provando a individuare i significati e i messaggi emergenti.

Deriva da qui, in questi primi mesi, il forte impegno dedicato da Benedetto XVI ad affermare la grandezza e l’autenticità dell’identità cristiana. Ne è stato un limpido esempio il dialogo con i giovani a Colonia nell’agosto 2005. In quell’occasione, mentre li metteva in guardia dalle religioni «fai da te», è tornato ad annunciare loro il cuore della buona notizia cristiana: «La rivoluzione vera consiste unicamente nel volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?».

Il cristianesimo, aveva detto pochi giorni prima, «si dimostra sempre fresco e nuovo». E si riassume nella centralità del Signore Gesù nell’esistenza umana. «La fede non è una teoria che si può far propria o anche accantonare», ha ricordato al Pontificio Consiglio Cor Unum alla fine di gennaio. «È una cosa molto concreta – proseguiva – è il criterio che decide del nostro stile di vita. In un’epoca nella quale l’ostilità e l’avidità sono diventate superpotenze, un’epoca nella quale assistiamo all’abuso della religione fino all’apoteosi dell’odio… abbiamo bisogno del Dio vivente, che ci ha amati fino alla morte». Non è semplice intento apologetico, né nasconde la volontà di riconquista di un’umanità spesso lontana dalla fede.

Se è vero che la prima enciclica di un Pontefice contiene l’impronta del pontificato, il messaggio che riguarda l’amore di Dio costituirà il cuore dell’annuncio della Chiesa alle donne e agli uomini di questo tempo. L’enciclica Deus caritas est si apre con le parole della prima Lettera di San Giovanni: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui». È racchiuso in questo messaggio di amore il cuore della vita cristiana, ma anche il cuore della fede secondo Papa Benedetto.

L’uomo del nostro tempo ha bisogno soprattutto di sentirsi amato e di dare forma all’anelito di amore che sperimenta dentro di sé. Papa Benedetto ha capito che questo è il desiderio profondo che si nasconde anche nella ricerca disordinata e confusa dei nostri giorni.

Il cristianesimo, nella sua essenza profonda, è amore. Si può essere testimoni di esso solo amando. L’amore di Dio non fa preferenza di persone. Per questo motivo, Papa Benedetto torna con insistenza a parlare della dignità della vita: del vecchio e del bambino; del malato e dell’embrione, in difesa del quale ha spesso usato parole forti. Altissima dignità di ogni vita, e dunque sua intangibilità.

Anche la Chiesa è chiamata a riassumere nell’amore, che è comunione, la sua testimonianza: l’ho ascoltato direttamente dalle parole di Papa Benedetto in un’udienza particolare di qualche mese fa, all’inizio del suo ministero: il tema su cui di più ha insistito è quello di tessere legami di comunione nella comunità cristiana: tra vocazioni, tra associazioni, tra sensibilità diverse. Anche tra confessioni religiose diverse.

Mi sembra che Papa Benedetto stia mantenendo la promessa che aveva fatto, già all’indomani della sua elezione, di lavorare senza risparmio alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i cristiani. In questo cammino, ci ripete, non siamo soli. Viene da pensare che Dio abbia dato alla sua Chiesa questo Pastore per scaldare il cuore di un’umanità affaticata e stanca, alla ricerca di una verità che non sia astratta dottrina ma amore che si fa incontro.