Vita Chiesa

Scandali nel calcio: questione di bulimia

DI DON FRANCESCO SENSINIC come Carcere.È rimasto l’unico luogo dove (per fortuna o purtroppo) esistono ancora delle regole morali. Mi riferisco alle minacce di morte che l’assassino della giovane ragazza madre ha subìto da parte degli altri detenuti. «Non merita niente chi ha ucciso seppellendo viva una giovane madre con il figlio ancora in grembo» ha affermato uno di loro. Per timore della sua vita è stato subito trasferito in un altro carcere. «Mi auguro che nessun carcere sia sicuro per lui» ha commentato un altro.

Ma… e il perdono? Ma si può perdonare chi non ha ancora dimostrato di essere pentito? Il perdono ridona forse la vita alle vittime? Rende meno colpevole l’assassino? È forse una doccia con la quale l’assassino si pulisce del suo crimine? E chi lo deve perdonare?

C come Calcio.«È uno schifo!»: questa l’espressione più delicata sentita in questi giorni in riferimento al terremoto che ha scosso il mondo del calcio. I più intelligenti non si scandalizzano: «Era da tanto che si sapeva, solo che adesso è venuto tutto fuori!» I più «poveri» si sentono presi in giro, traditi, offesi. Non vogliono sentir parlare di giustificazioni, di scuse, di attenuanti. Ci sono uomini che amano solo il denaro e condizionano la propria vita in funzione solo di questo grande amore.

Trovo interessante ciò che un giornalista ha scritto: «I grandi scandali nascono sempre da un problema di bulimia». Sei il direttore generale di una grande squadra, ma il potere non ti basta: vuoi sempre di più… Sei un giocatore della nazionale, sei famoso, ricco… ma la fortuna non ti basta. Vuoi sempre di più.

«Che serve all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» Basta convincersi di essere uomini senza anima e l’interrogativo di Gesù diviene una domanda ridicola e inutile. Provoca rabbia ammettere che le emozioni, le gioie, le paure dei tifosi sono solo il prodotto di un gioco di gente senza anima.

C come chocCosì è stata definita la foto, tra l’altro bellissima, del bambino, non uscito ancora dalla madre (era al nono mese), seppellito con lei, pubblicata dal Gazzettino per volontà della nonna. Perché? Nonostante i nove mesi, non essendoci stato il passaggio obbligato e decisivo all’anagrafe, il bambino non esiste, non ha una sua precisa identità, non è un persona. Non mi vedi! dunque non esisto. È la stessa logica che rende «normale» l’ aborto.

A me è sembrata più choccante la foto di Bertinotti, in prima fila, alla messa per i soldati caduti in Iraq. Conversione o presa in giro? Devo convincermi che esiste una testimonianza di ruolo. E se il ruolo istituzionale lo rende «visibilmente» cattolico: buon ruolo, signor presidente.