Vita Chiesa

È lo Spirito Santo che prega in noi

Se ci pensiamo bene, il mondo esprime, in sé, una preghiera; è come una continua invocazione di Dio, nonostante il male, nonostante la ribellione dell’uomo. Le opere umane sono tentativo, spesso inconsapevole, di sfiorare il divino, sono ricerca dell’oltre, manifestano una sete di eternità. L’uomo, anche il più ateo, esprime questo attraverso la sua creatività, da cui nascono l’arte, la poesia, la musica, lo sport, le relazioni umane. In tutto, l’uomo manifesta il suo desiderio di infinito, la sua incapacità di essere saziato dalla materialità, la sua ricerca di un «di più».

Spesso pensiamo che nessuno più preghi, che Dio sia lontano e ormai stanco dell’uomo, che i giovani e gli adulti di oggi siano insensibili a una ricerca seria del significato dell’esistenza. In realtà, abbiamo forse dimenticato che lo Spirito prega sempre in noi. Il suo «gemito» è continuo: Egli loda, canta, prega, ringrazia, chiede perdono, supplica, in noi e per noi, anche quando ci sentiamo lontano, quando il mondo ci sembra perduto. Un compositore anglosassone vissuto a cavallo fra il XIX e il XX secolo, Vaughan Williams, si divertiva ad arrangiare vecchie melodie popolari inglesi. La «Fantasia su Greensleeves» è una melodia pastorale che esprime la calma, la maestosità, la vita che germoglia in continuazione nella natura. Non è questa, forse, una preghiera, una lode, un immenso canto al Creatore? Le note, messe insieme con arte, creano armonie e melodie capaci di comunicarci qualcosa di indefinibile e, perciò, direi, vicino alla mistica. È proprio Dio, forse, che lì si comunica, che dona all’uomo qualcosa di sé: Lui, così inafferrabile, lontano eppure «più intimo a noi di noi stessi», come diceva S. Agostino.

Il suo amore riempie l’universo e, quando ci sembra che taccia, più che mai grida la sua immensità attraverso gli stessi tentativi umani di afferrare l’inafferrabile, di creare qualcosa che esprima questo anelito intrattenibile. E anche attraverso il silenzio. Una poesia di Ungaretti, brevissima, il cui titolo è «Soldati», sa esprimere Dio proprio quando, paradossalmente, quasi lo nega. Così recitano i suoi brevissimi versi: «Si sta / come d’autunno / sugli alberi / le foglie». In questa inquietudine e incertezza in cui è sospesa la fragile vita degli uomini, c’è un senso di inadeguatezza, di vuoto che è già, però, anelito a una certezza, a una pace cui l’uomo aspira e cui spesso non sa dare un nome. Nella quasi assenza di Dio, vissuta dai soldati in guerra, il poeta, senza saperlo, già evoca Dio.

Il silenzio, che nasce inevitabile dopo queste poche parole, è proclamazione dell’ineffabile. La parola cessa, Dio parla. «Della sua lode è piena la terra», recita il salmo. Una liturgia perenne riempie i cieli e noi, senza saperlo, siamo immersi in questa preghiera incessante dello Spirito. Abbiamo solo bisogno di prenderne coscienza, per non sentirci né eroi né vittime. Per immergerci in questo mare di grazia che ci avvolge. Per capire che lo Spirito prega nell’uomo e in tutte le sue creature. Esiste ancora la preghiera nell’uomo di oggi? Sì, esiste, perché la preghiera è opera dello Spirito. Che non va mai in vacanza.Suor Mirella Caterinadelle contemplative domenicane di Pratovecchio