Vita Chiesa

Il contributo della Toscana al Convegno di Verona

di Anna CatarsiDelegata regionale per il Convegno di VeronaIl percorso che si snoda ormai da un anno e mezzo e che sta portando verso il Convegno Ecclesiale di Verona è arrivato alle sue ultime aree di sosta. Ha attraversato, in questo anno pastorale che sta per concludersi, le diocesi ed, in queste, diversi organismi della chiesa locale.

Contemporaneamente in cinque diverse luoghi d’Italia si sono svolti convegni e tempi di riflessione sui vari ambiti indicati dal documento preparatorio ed ormai noti quali la vita affettiva, il lavoro e festa, la fragilità, la tradizione e la cittadinanza.

In questi giorni i documenti elaborati dalle varie diocesi vengono integrati e sintetizzati dai coordinatori regionali che poi li invieranno alla Giunta nazionale che provvederà a farne un ulteriore lavoro di integrazione e sintesi in modo da arrivare alla stesura di un documento unico, su cui i delegati al Convegno si confronteranno nelle giornate dal 16 al 20 ottobre.

Questo documento unico, insieme alle schede che faranno da guida per il lavoro dei delegati a Verona, torneranno alle delegazioni regionali perché li possano esaminare e quindi conoscere preventivamente in modo da facilitare i lavori del Convegno. Si calcola infatti che i gruppi di lavoro saranno composti da un numero molto vicino a 100 , limitando notevolmente le possibilità di partecipazione effettiva. Già si mette in conto che non vi sia spazio perché tutti possano intervenire. E questo appare sicuramente un elemento di preoccupazione rispetto alla speranza, direi urgenza, che si avverte leggendo i contributi delle nostre diocesi, che questo Convegno possa portare un contributo davvero significativo alla riflessione sulle sfide che il sentire comune, per non dire la società moderna, pone alle chiese locali impegnate ogni giorno a portare il Vangelo «ad gentes».

Il coordinamento regionale ha pensato ad una giornata di studio che si terrà il 9 settembre prossimo presso il Convitto della Calza a Firenze, cui parteciperanno i delegati delle varie diocesi della Toscana L’elemento davvero significativo in questo percorso di preparazione, mi sembra il fatto che sia la Prima lettera di Pietro il riferimento biblico assunto dal documento preparatorio al Convegno. I cristiani che, oggi come allora, abitano presso le case come «stranieri», vivono e trasmettono nelle riflessioni giunte, tutte le difficoltà di chi si sente estraneo al sentire comune, ma nello stesso tempo partecipe e quindi costantemente impegnato a «stare in questo sentire comune» proprio perché «inviato» anzi direi «amante dell’amore di Cristo» che è morto e Risorto per dare dignità di figli «alle genti».

Le varie diocesi toscane hanno lavorato coinvolgendo il più possibile le realtà locali, ma in larga misura il lavoro sembra essere stato svolto da operatori sensibili: uomini e donne di fede che già sono impegnati nella catechesi, nella carità o nella vita sociale e civile. A parte il presbiterio, il cui grado di conoscenza appare sufficientemente diffuso, la partecipazione dei laici è stata mirata a persone impegnate nei vari organismi, che sono, quindi, in grado di fare l’analisi della situazione e di esprimere le domande che la chiesa militante ogni giorno si pone. Alcune volte si cerca di indicare soluzioni, più spesso vi è l’attesa di un messaggio di speranza, ma anche di una linea operativa che abbia i fondamenti nella reale situazione della nostra chiesa nazionale, capace di incrociare le domande di divino che vivono, inespresse, nella nostra società.

Una delle urgenze è quella della trasmissione della fede ad iniziare dal «sentire religioso», fino alla piena e cosciente adesione al progetto di vita conformato a Cristo in un contesto dove spesso la famiglia, su questo, è assente.

Altro punto nodale è quello delle relazioni all’interno della comunità dei credenti, a partire dalle parrocchie ed, ancora prima, all’interno delle famiglie. «La parrocchia, però, ha perduto l’esclusività dell’incontro tra il Vangelo e gli uomini perché anche gli ambiti di vita possono costituire luoghi privilegiati dove annunciare il Vangelo della speranza».

Allora è forte il bisogno di «un laicato sempre più preparato ed attento»; le associazioni laicali «che ricevevano attenzione dalla chiesa» per il loro ruolo educativo, non sono più riconosciute «come luoghi di discernimento, competenza, dialogo, creatività». L’auspicio, da molti formulato, che si riparta da un’attenzione all’adulto, vero evangelizzatore, sembra non trovare spazi di attuazione. In questo senso si dà «enorme» importanza alle assemblee parrocchiali e associative e agli organismi di partecipazione «alle quali sarebbe opportuno dare maggiore peso decisionale nella vita della chiesa». Le sfide costituite da nuovi modelli di vita intaccano i valori cristiani, ma per essere presenti efficacemente nel contesto culturale occorre abbandonare linee difensive od «innalzare spettri» ed a proposito della famiglia, il cui valore universale è continuamente ribadito, «non basta idealizzarla per attribuirle dignità»: pertanto «la famiglia non può essere immaginata nel vuoto , ma accolta nel suo divenire».

Nella capacità di trovare linguaggi nuovi che siano in grado di comunicare la passione che abita il cristiano nei confronti della società degli uomini e delle spine che vivono nel suo fianco: dal lavoro, alle povertà, ai temi della pace, sembra giocarsi il ruolo che la chiesa avrà nel prossimo futuro.

C’è diffusa la richiesta di uno sforzo, nuovo e rinnovato, di creatività, coraggio ed intelligenza per offrire al mondo l’Evangelo di sempre. A tutti noi il compito di porre attenzione a ciò che il Dio della vita, con il soffio dello Spirito ci offre in termini di comprensione, di capacità di dialogo con una Storia che comunque Gli appartiene e nella quale ogni giorno continua ad immettere il suo Soffio vitale. È questa la domanda ed insieme la Speranza che attraversa la riflessione della chiesa toscana.