Vita Chiesa
Padre Santilli, frate e giornalista, maestro di intere generazioni
Il primo contatto tra padre Santilli e Giulio Andreotti avvenne, però, durante gli anni della resistenza al nazifascismo. Andreotti veniva inviato a Firenze da Alcide De Gasperi per informare sulle scelte della nascente Democrazia cristiana il domenicano di Santa Maria Novella. E Andreotti ha più volte raccontato di questi incontri all’alba, appena il convento veniva aperto, tra lui e Santilli. Nacque così un’amicizia ideale e politica che pur vissuta con grande discrezione si può dire che non è mai terminata. Neppure con la morte, nell’estate del 1981, di padre Santilli.
Guido Santilli così si chiamava prima di diventare domenicano: il nome religioso, Reginaldo, fu una scelta alquanto significativa. L’Ordine dei Frati predicatori volle chiamarlo come il frate che era stato in vita il più vicino al Dottore Angelico, al Dottore Comune: San Tommaso d’Aquino. E del pensiero dell’Aquinate padre Reginaldo fu un divulgatore straordinario. Soprattutto per alcuni temi sociali che nell’Italia dell’immediato dopoguerra erano vera e propria materia incandescente.
Riprendendo il pensiero di San Tommaso, padre Santilli, fu fautore dell’uso sociale della proprietà privata. Secondo il Dottore Angelico non c’è possibilità alternativa, per un cristiano, ad un uso della proprietà improntato alla solidarietà con i più poveri fermamente ancorato alla consapevolezza che nulla di questo mondo è in nostra proprietà ma che, delle cose del mondo, siamo tutti solo custodi. Pur riconoscendo che la proprietà privata improntata a questi valori era un elemento di crescita e di sviluppo economico per la società italiana uscita dal secondo dopoguerra, Padre Santilli impostò sulla «Vita Sociale» una rivista da lui fondata e per molti anni diretta, una vera e propria catechesi sociale che puntava a formare una visione umana e solidaristica del capitalismo e le premesse di quella che poi verrà chiamata l’economia sociale di mercato.
Maestro di intere generazioni di giovani che poi si impegneranno nella vita sociale e politica della Toscana, padre Santilli si era laureato alla Pontificia Università San Tommaso a Roma Angelicum con una tesi in cui ribadiva la radicale opposizione del cristianesimo ad ogni forma di razzismo. Al tempo in cui padre Santilli discusse questa tesi all’Angelicum erano in vigore in Italia le leggi razziali fasciste: per evitargli ritorsioni d’ogni genere il Maestro generale dell’Ordine domenicano lo esentò, cosa molto molto rara, dall’obbligo di pubblicazione della tesi di dottorato. Anche questa è una prova del coraggio intellettuale e fisico che padre Santilli ha sempre messo nella sua lunga azione di predicatore del Vangelo e di formatore di coscienze cristiane.
Fondò anche una libera scuola di giornalismo per avviare alcuni giovani cattolici ad una delle professioni più difficili che dovrebbe coniugare attraverso i giornali una visione culturale cristiana con la cronaca più veritiera possibile degli accadimenti umani e indicare i comportamenti di vita più giusti da seguire giorno per giorno. Fu per molti anni direttore del settimanale dell’arcidiocesi di Firenze, «L’Osservatore Toscano». Fondò il Centro cattolico di studi sociali organizzando conferenze e lezioni in cui chiamò tra gli altri don Primo Mazzolari. Conobbe molto bene don Lorenzo Milani a cui concesse un imprimatur per la pubblicazione di «Esperienze pastorali». Padre Santilli fu nominato dal cardinale Giovanni Benelli, poco prima della morte di entrambi, Teologo della Curia Arcivescovile di Firenze.
Padre Santilli era un uomo fiero d’essere Sacerdote, orgoglioso di essere domenicano, non aveva nessun complesso di inferiorità nei confronti di chicchessia. Nel 1976 fu tra i promotori della ricandidatura di Giorgio la Pira come capolista alla Camera dei deputati per la Democrazia cristiana nel collegio Firenze-Prato-Pistoia. Padre Santilli fu un uomo obbedientissimo alla Chiesa pur non rinunciando mai a pensare con la propria testa.
Il convegno del 7 ottobre, voluto da Angelo Passaleva, e promosso dall’Ucsi della Toscana è un giusto tributo, a 25 anni dalla sua morte, ad un frate, a un intellettuale e a un giornalista che ha onorato la Chiesa e l’Italia.
Il «logo» del Centro era un’incudine che sosteneva un libro aperto ed una fiaccola ardente, con il motto «scientia, labor, fides»: conoscere, impegnarsi, credere ardentemente. A tutti quelli che frequentavano il Centro, veniva liberamente offerta l’opportunità di pregare insieme, di approfondire seriamente l’insegnamento sociale della Chiesa, di svolgere attività di assistenza a molte famiglie bisognose (per qualche tempo venne «adottato» l’intero Centro sfrattati di via Guelfa), senza far mancare la possibilità anche di sane occasioni di divertimento. A chi se la sentiva, veniva proposto di svolgere un importante lavoro di divulgazione della Dottrina sociale della Chiesa nelle parrocchie ( magari lo si facesse anche oggi!) o nei circoli Acli o in altre realtà cittadine che ne facevano richiesta, sia organizzando corsi o conferenze, sia partecipando a dibattiti o iniziative simili. Tutto questo nella convinzione che la retta conoscenza degli elementi-cardine della vita sociale (la persona umana, la famiglia, il lavoro, la scuola, la giustizia sociale, la pace, lo stato democratico ) sono la miglior base di formazione di una retta coscienza civica e politica.
Grazie, padre Santilli, un grazie commosso e affettuoso dai tuoi «ragazzi»!