Vita Chiesa

Pisa, ripartire dal Battesimo

di Amelia ManganelliLe parrocchie sono molto più che stazioni di servizio dove ottenere il tagliando dei sacramenti: sono luoghi in cui trovare l’aiuto necessario per vivere la fede, riscoprendo la responsabilità che dal battesimo. Ripartire dal battesimo: intorno a questo tema ruotano gli orientamenti pastorali della diocesi di Pisa, presentati lo scorso sabato durante il convegno diocesano. Come ha scritto l’arcivescovo di Pisa Alessandro Plotti nell’introduzione degli orientamenti: «la parrocchia è la prima ed essenziale realtà ed esperienza di chiesa in cui soprattutto gli adulti, divenuti coscienti della grazia battesimale, costituiscono l’irrinunciabile punto di riferimento per le nuove generazioni, da accogliere e accompagnare verso una professione di fede consapevole e coinvolgente». Ma «a quale fede, a quale appartenenza cristiana, a quali modelli di vita facciamo riferimento? e soprattutto: come presentiamo questi valori ai nostri giovani? Siamo in grado di rappresentare per le nuove generazioni, cristiani adulti credibili e interessanti a cui voler assomigliare?» A questa domanda il vicario generale monsignor Antonio Cecconi, ha risposto invitando a mettere al centro della comunità cristiana la famiglia: quella umana, ma anche quella più allargata della comunità di battezzati.Famiglia e comunità come luoghi in cui giovani ed adulti lavorano fianco a fianco per crescere nella conoscenza e, di conseguenza, nella fede consapevole, nel cercare una risposta ai grandi problemi che tormentano l’uomo di oggi e dove, secondo le parole di san Paolo «si gareggia nello stimarsi a vicenda».

Come tutte le famiglie, anche la comunità dei cristiani ha bisogno di un capo famiglia, che, come Gesù, diriga il banchetto pasquale. Ebbene, questo compito viene svolto dal vescovo.

«Il vescovo è colui che accoglie Cristo nell’eucaristia, colui che agisce da testimone. Colui che dell’eucaristia è memoria, coscienza, profezia» ha spiegato monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti e Vasto e teologo di chiara fama, a cui era stato affidato il compito di illustrare il tema «Uniti al vescovo per una chiesa missionaria». «Il vescovo come uomo di Dio, nel senso che deve lasciarsi totalmente plasmare da lui e dal suo amore – ha continuato monsignor Forte – accogliendo il dono e mettendosi in ascolto, in silenzio, della parola di Dio, ricordandosi però di tenere sempre un orecchio attaccato alla terra e uno attaccato al cielo. Non deve, infatti, mai dimenticarsi di coloro che gli sono stati affidati, coloro di cui è responsabile». Eucaristia come segno di condivisione, di fraternità, perché la chiesa o è amore o non è, o è carità o non è. Quindi la celebrazione della memoria del Signore esige la comunione dei convitati a Cristo e fra loro. E se questo vale per uomini e donne, per i fedeli, ancor più vale per il vescovo.«Lo stesso Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un solo corpo, di cui però non tutte le membra hanno la stessa funzione, promosse alcuni di loro come ministri» (Rom. 12,4). Quindi: «Come Gesù Cristo segue il Padre, così tutti voi seguite il vescovo e il presbiterio, come fossero gli apostoli» (Ignazio di Antiochia). Di conseguenza «per l’onore di colui che ci ha amati – ha osservato Bruno Forte – è necessaria un’obbedienza schietta, senza finzioni; perché altrimenti non si cercherebbe di ingannare questo vescovo visibile, ma si tenterebbe di mentire al vescovo invisibile».

Monsignor Forte ha continuato il suo discorso ponendo l’accento sul discernimento, dote necessaria ad ogni cristiano, specialmente in questo mondo dove l’ambiguità della lotta fra il bene e il male può rendere difficile discernere la presenza di Dio. «Il cristiano non può e non deve starsene tranquillo come se il mondo non esistesse, ma deve mettersi in gioco, impegnarsi, anche contro la logica del mondo. Tre no e tre sì: no al disimpegno, alla divisione, alla stasi e alla nostalgia del passato; sì alla corresponsabilità, all’unità, alla proiezione verso il futuro».

«Il cristiano dovrebbe sempre avere in una mano la Bibbia e nell’altra il giornale» ha affermato il noto teologo nel suo discorso, e forse Alberto Migone, direttore di Toscana Oggi, ha ripensato proprio a queste parole quando, nel suo intervento conclusivo al convegno, ha affermato: «I mezzi di comunicazione informano ma anche operano una cernita delle notizie e sono quindi in grado di determinare il modo di pensare di molti. I mezzi di comunicazione di ispirazione cattolica, oltre ad essere un prezioso ausilio alla pastorale, permettono di educare i lettori al senso critico, al discernimento, evitando che si beva tutto quanto viene a loro propinato».