Vita Chiesa

Paolo Nepi, il decano dei convegni: «Da Roma a Verona ecco com’è cambiata la Chiesa italiana»

Da Roma a Verona, passando per Loreto e Palermo. Paolo Nepi, delegato della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, è il «decano» dei convegnisti nella città scaligera. Professore di Arezzo e docente di filosofia morale all’università Roma 3, è uno dei pochi rappresentanti delle diocesi ad aver partecipato a tutti e quattro i convegni ecclesiali della Chiesa italiana. Un primato che fa di Nepi una sorta di «memoria storica» dei grandi appuntamenti decennali. «Nel ’76, a Roma, era forte lo spirito del rinnovamento conciliare – spiega il professore – La Chiesa si misurava con le grandi questioni culturali e c’era un enorme fermento. Ma anche qui a Verona si respira un’aria bella: la Chiesa rappresenta la parte viva del sistema Italia e ha energie e idee che ne fanno un elemento caratterizzante del futuro del Paese».

In quarant’anni la Penisola ha cambiato fisionomia e con lei anche la Chiesa italiana chiamata ad affrontare nuove sfide. «Durante il primo convegno ecclesiale – spiega Nepi – era ricorrente il confronto con l’altra «religione»: il marxismo. Oggi si ha la percezione di annunciare il Vangelo in mezzo al vuoto. Il materialismo è stato sostituito dal nichilismo che non è detto sia un avversario meno pericoloso».

Secondo il decano dei delegati, i quattro convegni hanno alcuni tratti distintivi che travalicano i decenni. «Prima di tutto – afferma Paolo Nepi – ogni appuntamento è stato segnato dalla comunione ecclesiale. Qui si tocca con mano il volto variegato della Chiesa con i suoi vescovi, i sacerdoti, i laici, i movimenti e le associazioni che vi partecipano. Una coralità che anche a Verona ha una grande visibilità». Altra costante è lo sforzo di elaborazione culturale che emerge dai quattro convegni. «C’è il desiderio di leggere i segni dei tempi e di comprendere dove va il nostro Paese con le sue speranze e le sue angosce».

E le differenze? «Sono dettate dal contesto italiano», sostiene il professore. «Fra i primi due convegni e gli ultimi due si è registrata la fine dell’unità politica dei cattolici. Infatti, a Roma e a Loreto si assisteva a una visione più tranquillizzante rispetto alla società: c’era uno strumento, la Democrazia Cristiana, che si pensava bastasse essere rimodulato. Dal ’95 lo strumento va ricreato. Questa è una delle ragioni per cui a Palermo è stato lanciato il «Progetto culturale» per intervenire nell’ambito sociale e politico. In fondo, nonostante i cattolici italiani si schierino in un polo o nell’altro, la caratteristica è di una certa insoddisfazione e la sensazione diffusa è quella che il sistema politico non sia in grado di interpretare in modo adeguato i progetti e le proposte declinate dalla comunità cristiana».Giacomo Gambassi