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Medici Cuamm: don Carraro, “l’Africa ci insegna a non aver paura del futuro. La fraternità ci ridà fiducia”
In 70 anni di storia 2.060 persone partite dall’Italia, 239 ospedali serviti, 43 Paesi di intervento, 1.139 studenti ospitati nel collegio. Sono i numeri di Medici con l’Africa Cuamm, la prima ong in campo sanitario riconosciuta in Italia e la più grande organizzazione italiana per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane.
Nata il 3 dicembre 1950 a Padova, oggi è presente in Angola, Etiopia, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania e Uganda, supportando 23 ospedali, 127 distretti sanitari, 3 scuole infermieri, l’Università Cattolica del Mozambico, a Beira. Dato che in Africa, ogni anno, 265.000 donne muoiono a causa del parto, 1,2 milioni di bambini perdono la vita nel primo mese e un terzo dei sopravvissuti soffrirà di malnutrizione, Medici con l’Africa Cuamm, negli otto Paesi in cui è presente, porta avanti il programma “Prima le mamme e i bambini. 1000 di questi giorni”. L’obiettivo è garantire tra il 2017 e il 2021 il parto assistito a 320.000 donne e l’assistenza nutrizionale per loro e i loro bambini nel periodo che va dall’inizio della gravidanza ai primi due anni di vita dei figli, curando 10.000 bambini affetti da malnutrizione acuta. 253.856 parti assistiti, 8.998 bambini malnutriti gravi trattati, 1.151.248 visite pre e post natali, 7 Paesi di intervento, 10 ospedali coinvolti sono i risultati finora raggiunti. Con don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm, parliamo di questo “compleanno importante” in un anno segnato dalla pandemia.
Cosa sta succedendo in Africa con Covid?
Il Covid ha fatto “detonare” le debolezze e le fragilità di Paesi e di sistemi sanitari già poveri di per sé. La Sierra Leone non ha letti di rianimazione e ha un solo anestesista in tutto il Paese. In Africa vengono fatti pochissimi tamponi e questo non permette di conoscere la reale diffusione del virus. La mortalità non sembra catastrofica come in Italia perché la popolazione è molto più giovane. Ma ci sono seri effetti secondari del Covid.
Ad esempio?
Le persone vedono quello che sta capitando da noi e hanno paura perché i loro sistemi sanitari sono più fragili dei nostri. Quindi,donne incinte che avrebbero bisogno di assistenza per il parto non vengono in ospedale. Nei 23 ospedali dove stiamo lavorando registriamo il 30-40% in meno di donne che vengono per partorire. Questo aumenta la mortalità.Lo stesso problema succede con le coperture vaccinali che stanno crollando. Vuol dire più bambini che si ammalano di tetano e di morbillo e purtroppo di questo si muore.
Ci sono anche riflessi economici negativi?
I Paesi africani hanno chiuso i trasporti e vietano gli assembramenti, quindi sono stati chiusi i mercati. Prima lungo le strade c’erano persone che vendevano banane, patate, noccioline, pomodori. Ora questo piccolo commercio è sparito e, contemporaneamente, sta salendo il prezzo delle derrate alimentari, quindi stanno crescendo gli estremamente poveri e la fame. Attualmente si calcola che in Africa siano intorno ai 200 milioni le persone che vivono con meno di due dollari al giorno. Lo denuncia la Banca mondiale, ma anche noi lo vediamo sul campo: i nostri ospedali si stanno riempiendo di questi estremamente poveri, cioè di mamme che cercano cibo per i loro bambini.
Quindi si aggrava il problema della malnutrizione?
Sì, il terzo aspetto negativo del Covid è l’aumento dei bambini malnutriti gravi. Quando facciamo il giro dei villaggi per le mamme in attesa, controlliamo anche i bambini malnutriti e border line. Ora per la pandemia le visite ai villaggi non si possono più fare, riducendo i nostri interventi del 30-40%. Insomma, il Covid sta avendo come conseguenza indiretta una maggiore mortalità neonatale e infantile. L’ultimo effetto secondario del Covid è sui malati di Hiv, di tubercolosi e sui diabetici cronici, che avrebbero bisogno di terapie quotidiane.
Questa situazione rallenta anche il raggiungimento degli obiettivi di “Prima le mamme e i bambini”?
Finora abbiamo raggiunto l’80% del programma, come previsto, mal’anno prossimo calcoliamo di poter avere un rallentamento del percorso.Molto dipenderà dalla diffusione del Covid.
Il Cuamm sta lanciando una campagna per sostenere le case di attesa: di cosa si tratta?
Vicino ai 23 ospedali che sosteniamo, ci sono delle casette molto piccole che abbiamo costruito una decina di anni fa perché molte donne in attesa vivono lontano dagli ospedali. Venti giorni, un mese prima del parto vengono in queste case di attesa anche con gli altri figli, in modo che, se c’è bisogno di un cesareo, non devono percorrere enormi distanze. Ora, per colpa del Covid e dei problemi economici conseguenti, molte donne non possono venire perché non hanno i soldi per pagare il mezzo di trasporto, di solito il moto taxi. Noi stiamo fornendo un voucher alle future mamme per pagare il viaggio.Per chi vuole aiutarci può farlo sostenendo questa nostra iniziativa perché molte di queste case vanno riabilitate con acqua pulita e latrine, va fornito cibo e garantita la possibilità di accedervi grazie al voucher per il trasporto.
C’è un impegno anche in Italia?
Sì, la solidarietà non è solo lontano in Africa. Innanzitutto, stiamo intervenendo in due situazioni di estrema marginalità: abbiamo un camper con giovani medici volontari nei ghetti di Foggia, dove ci sono ragazzi, in gran parte illegali, che vengono per fare la raccolta di pomodori; a la Spezia insieme ai salesiani con l’iniziativa “Colazione con il sorriso” offriamo ai senzatetto una colazione abbondante. Ancora,per l’emergenza Covid stiamo aiutando strutture sanitarie, sia ospedaliere sia Rsa, in sei regioni: Veneto, Marche, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Trentino Alto Adige.Qui interveniamo con il personale che è rientrato dall’Africa, ma anche con piccoli servizi come una tenda per il triage, formazione allo staff locale, rimodulazione dei flussi dei pazienti. Inoltre, essendo presenti in 39 centri universitari italiani, facciamo corsi di formazione in salute globale ai nuovi medici e operatori sanitari. Abbiamo, infine, quaranta gruppi sul territorio nazionale di volontari del Cuamm che si raccordano con altre realtà italiane come la Caritas, uffici missionari.
Un auspicio per il futuro…
L’Africa ci insegna a non aver paura del futuro, malgrado il dolore e i problemi. Se coltiviamo, come dice il Papa, lo spirito di fratellanza, volendoci bene, preoccupandoci dei problemi gli uni degli altri, unendo le forze, la fraternità ci dà la fiducia di un futuro migliore.