Vita Chiesa
Le reliquie di San Francesco, una «eredità» da venerare
di Giacomo Gambassi
Una tonaca, un cuscino e un libro di preghiere. Se la tradizione non li avesse legati al nome di Francesco d’Assisi e la scienza non avesse dimostrato nelle scorse settimane che sono compatibili con l’epoca in cui è vissuto il santo, sarebbero tracce sacre di un passato che da otto secoli la chiesa di San Francesco a Cortona custodisce. Invece la prospettiva cambia quando i tre oggetti possono essere chiamati «reliquie» e quando uno studio voluto dalla Provincia Toscana dei Francescani Minori Conventuali che ha coinvolto una soprintendenza, due università e un istituto di fisica nucleare conferma la collocazione temporale e l’importanza storica di un «tesoro» che ha inciso e continua a incidere sulla devozione popolare di un angolo di Toscana, la Valdichiana aretina.
«In un’epoca “scientifica” come la nostra in cui si assiste ad un comprensibile scetticismo verso le reliquie – scrive l’arcivescovo Gianfranco Gardin, frate conventuale e segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata – abbiamo la sostanziale certezza dell’autenticità delle reliquie venerate a Cortona». E la prova arriva dai lavoratori. La riflessione di padre Gardin apre il volume che raccoglie i contributi degli specialisti a cui sono state affidate le indagini sui tre oggetti. La pubblicazione edita da Messaggero di Padova si intitola «L’eredità del padre», dove per «padre» si intende Francesco d’Assisi e per «eredità» il patrimonio conservato nella cittadina della provincia di Arezzo.
«La verità storica – annota il ministro provinciale, padre Antonio Di Marcantonio, nell’introduzione – esige che il terreno della conoscenza sia sgombro, per quanto possibile, da dubbi e interrogativi». E allora non poteva essersi migliore occasione per far passare al vaglio della scienza le reliquie francescane di Cortona che i 750 anni della morte di frate Elia Coppi, personaggio controverso del francescanesimo, passato dagli onori di primo ministro generale dell’Ordine all’onta della scomunica, originario proprio di Cortona e autore della basilica di Assisi. Una figura che l’anniversario ha permesso di rivalutare fino a delinearne «un’immagine più positiva e oggettivamente più veritiera», scrive padre Di Marcantonio.
Sepolto nella chiesa che volle nella sua patria e che i Conventuali hanno restaurato e riaperto per le celebrazioni dedicate a frate Elia, fu lui che portò nell’aretino il saio e il cuscino quando lasciò Assisi per rifugiarsi nella terra natale. Il saio era suo e, secondo San Bonaventura, lo dette «in prestito» a Francesco perché non morisse senza l’abito religioso scelto come espressione di povertà. Le analisi sulla confezione, la lettura tecnica del tessuto e la datazione attraverso il carbonio 14 hanno attestato che la tonaca è fatta di una lana tosata nello stesso periodo in cui è vissuto Francesco. Lo scrivono nelle loro conclusioni Graziella Palei, restauratrice di tessuti medievali, e il pool di ricercatori dell’istituto nazionale di fisica nucleare di Firenze e del dipartimento di fisica dell’ateneo fiorentino guidati da Pier Andrea Mandò che rivelano anche come il «saio di Cortona non abbia subito manomissioni e sia ben più integra di quelli di La Verna e Assisi».
Anche il cuscino arrivò nella cittadina etrusca grazie a frate Elia. La tradizione vuole che sia stato posto sotto il capo del santo dalla nobildonna Jacopa dei Settesoli, come attesta la scritta tessuta sulla fodera di cui gli studi sui materiali, sui filati e sulle tecniche di esecuzione hanno accertato l’autenticità. Conclusioni che sono state sostenute anche dalle indagini nucleari per determinare la composizione dei fili dei ricami e dall’analisi della iscrizione curata da Leonardo Magionami del Centro studi sui beni librari di Arezzo.
La terza reliquia cortonese è il codice passato alla storia come «Evangelistario», che Francesco e i compagni usavano per recitare l’ufficio divino nelle soste del santo alle Celle di Cortona. Passato per mesi sotto gli occhi degli specialisti dell’università di Siena, il libro è finito al centro di un intreccio di fonti che hanno permesso di «ristringere la forcella cronologica a 25 anni», spiega Caterina Tristano che ha studiato il codice dal punto di vista storico, mentre Gianluca Millesoli ne ha analizzato il testo e Simone Allegria ha concentrato l’attenzione sul calendario liturgico. «Le tre reliquie per contatto – spiega Paola Refice della soprintendenza di Arezzo – possono essere datati non oltre la seconda metà del Duecento». Reliquie che dalla scorsa settimana sono esposte nella chiesa di San Francesco a Cortona e che ancora attendono una sistemazione definitiva. Da qui l’appello del ministro provinciale: «Cerchiamo uno sponsor per dare una degna collocazione ai tre sacri oggetti».