Vita Chiesa

Settembre, le parrocchie si rimettono in cammino

di Sara D’Oriano

Chiusi gli ombrelloni estivi, ritorna l’orario «invernale» delle Messe, le chiese si ripopolano di ex vacanzieri abbronzati e piano piano, insieme a tutte le altre cose, riprendono anche le attività parrocchiali. Ma come sarà l’inverno 2008 nelle nostre parrocchie? Quali i punti di forza, le novità, quali i nuovi e i vecchi problemi? Ecco come si sono organizzate alcune parrocchie, scelte a campione sul territorio toscano.

Don Claudio Brandi è uno dei 3 sacerdoti che operano nella parrocchia di Sant’Andrea Corsini a Montevarchi, parrocchia non troppo estesa, 3500 abitanti, ma con un oratorio e un programma che lasciano intravedere un grande impegno interparrocchiale: una struttura di 800 mq, dal 2000 serve la parrocchia e la città. Nel 2008/2009 l’oratorio ospiterà un corso di teatro per giovani, uno per bambini e uno per adulti che culmineranno con degli spettacoli, a gennaio, nel «mese della risata»; una scuola di musica, che si terrà in una stanza insonorizzata, dove i vari gruppi parrocchiali e non solo (a Montevarchi non manca nemmeno l’orchestra jazz), possono esercitarsi senza dare disturbo «alla quiete pubblica». «Le attività sono ripartite per fasce d’età – spiega don Claudio – oltre al catechismo, coinvolgiamo già da diversi anni i più piccoli in alcuni laboratori, mentre i più grandi vivono l’esperienza dell’azione cattolica. Le famiglie, quelle appena nate, si confronteranno sulla Lectio Divina, mentre le più adulte coordineranno, proprio come una famiglia allargata, le attività dei giovani». Gli anziani godranno di alcuni spazi per attività di gioco e organizzeranno l’annuale «festa dell’anziano», che si terrà a maggio. E i problemi? «Ci sono molti ragazzi extracomunitari non integrati – confessa don Claudio -. Lavoriamo in collaborazione con il Comune, per la presenza di mediatori culturali, perché si abbattano quelle difficoltà che generano razzismo e pregiudizio. E poi, a volte gli anziani sono permalosetti e qualche attrito con i giovani «ribelli» non manca, ma la difficoltà più grande nella nostra realtà è data dall’assenza di preti giovani che vogliano stare con i giovani. I ragazzi mettono spesso in crisi e per questo non sempre si trova chi è disponibile a un incontro-scontro con loro».

Potrebbe smentirlo don Piero Albanesi, sacerdote 35enne, che nella sua parrocchia di San Pietro ad Avenza, in provincia di Massa, 11 mila abitanti, ha in mente un programma tutto pensato per i giovani: «Essendo 3 sacerdoti che condividono la stessa casa è più facile suddividersi i compiti. A me è riservato tutto l’aspetto legato al mondo giovanile, e per quest’anno ho in mente molti progetti che partiranno più o meno ex-novo». Oltre al già presente gruppo giovani, creato nel 2000 dal vecchio sacerdote e che realizza i campi scuola per i più piccoli, quest’anno don Piero intende seguire il gruppo scout, 80 ragazzi già attivi in parrocchia, e creare un gruppo di giovani, la cui fascia di età va dai 17 ai 20 anni sulla scia dell’impegno, che, già da diversi anni, porta avanti a Lourdes, coinvolgendo i giovani della diocesi di cui è responsabile di Pastorale giovanile, in attività di servizio ai malati, e alla riscoperta di se stessi: «Vorrei far si che i giovani che vi hanno partecipato quest’anno continuino l’esperienza in parrocchia durante l’anno». Alle coppie di fidanzati, è dedicato un percorso, organizzato per piccoli moduli di pochi incontri ciascuno,per una crescita di gruppo oltre che di coppia: «L’anno scorso questo metodo ha funzionato molto bene – sottolinea don Piero – e da qui è nata l’idea di continuare il percorso ormai non più per fidanzati ma per giovani sposi, insieme alle nuove coppie». La difficoltà maggiore?: «La carenza di animatori parrocchiali, adeguatamente formati, che abbiano il desiderio di educare i giovani alla fede. Questo per noi è un grande limite. Purtroppo, finché non si cambia la nostra mentalità, i giovani si allontaneranno sempre subito dopo la Cresima, e chi continuerà a credere, lo farà in maniera silenziosa, vivendo una fede da catacomba, per non sentirsi giudicato dagli altri coetanei».

«Formazione» è la parola chiave per comprendere, invece, l’attività futura della Pieve di Santo Stefano in Pane, a Rifredi, conosciuta per essere la storica parrocchia di Don Giulio Facibeni, e una delle parrocchie più grandi di Firenze, con i suoi 15 mila abitanti. Formazione soprattutto per gli adulti, per i quali sono stati pensati 4 percorsi diversi, dalla scoperta della fede, alla discussione su temi considerati eticamente «sensibili», fino a quello pensato per i volontari e gli operatori, vista la vicinanza della Madonnina del Grappa e della Misericordia di Rifredi. A questo si aggiungeranno incontri pensati per i ministri straordinari, per i catechisti e per tutti coloro che svolgono attività all’interno della parrocchia, così come per gli anziani, impegnati nella produzione di manufatti che verranno poi rivenduti in diversi mercatini. Per i giovani continua invece l’esperienza, ormai consolidata a Firenze, del Gruppo Villa Guicciardini, nato intorno agli inizi del 2000 proprio in questa parrocchia, e che oggi, da esperienza parrocchiale si è trasformata in esperienza cittadina, coinvolgendo un gran numero di giovani dai 20 ai 30 anni. «Da sempre, comunque, spiega don Roberto Tempestini, che guida la parrocchia insieme ad altri due sacerdoti, il problema grosso è stato il coinvolgimento dei giovani, per cui sono state spese molte forze, ma con pochi, difficili risultati».

Vecchi e nuovi problemi che però non impediscono ai sacerdoti di impostare lavori anche molto originali, con un coinvolgimento sempre maggiore dei laici, attivi «inventori» della vita comunitaria parrocchiale.

Don Duilio, 84 anni e tanta energia: «Più che il parroco, mi sento un nonno…»Famoso per essere andato qualche anno fa a parlare con i giovani in una discoteca  che gli avevano aperto vicino la canonica («Ora c’è un ristorante, mi pare!»), don Duilio Sgrevi, guida spirituale per le 500 anime della parrocchia di Santa Mustiola, nella periferia di Arezzo, ha una voce talmente squillante che non tradisce affatto la sua veneranda età: «Sono entrato negli 84, ma se uno si sente giovane, mica si vedono gli anni!». E pare che, per festeggiare le «nozze di diamante» con la sua parrocchia (52 anni di servizio), gli abbiano promesso che trasferiranno il corpo della Santa Mustiola, patrona di Chiusi, morta martire nel 270 d. C., proprio nella sua parrocchia: «Ma questa è un’altra faccenda». Parlando delle attività parrocchiali, invece, don Duilio ripete continuamente che si tratta di una parrocchia talmente piccola da non avere tante realtà, ma piano piano vengono fuori: un gruppo di catechesi per gli adulti, fino ad oggi mensile, ma Don Duilio confessa di volerne aumentare gli incontri, la presenza dell’Acr (Azione cattolica ragazzi), per le attività dei piccoli: «Il responsabile diocesano è della nostra parrocchia, si gioca in casa!», e un coro di 10 persone, a una voce, diretto da «un bersagliere che suona la tromba e l’organo». E poi, continua don Duilio: «come tutti gli anni , approfondirò la pastorale familiare, perchè penso che andare in giro per le case sia il contatto migliore, soprattutto con le famiglie bisognose. E poi – aggiunge ridendo – è l’occasione buona per bere un gocciolino!»

Ma ci sono anche i problemi: «Non riesco a trovare ragazzi che vogliano fare i catechisti. Ho 25 bambini (quest’anno riesco a fare anche la Cresima) e una catechista che li segue con passione, ma manca la presenza maschile, soprattutto da parte dei giovani». Con poche, semplici parole, don Duilio racconta la sua esperienza «che rifarei cento volte», e la sua parrocchia: «Più che un parroco con i fedeli, mi sento un nonno con i cittini. Tutti mi rispettano, anche chi non viene a Messa» Il segreto? «Bisogna avere il coraggio di dire al Signore: “Strizzami come l’uva”, e vedrai che prima o poi qualcosa di buono esce!».

Tema della riunione: pianificare le riunioni

di Umberto Folena

Nell’imminenza della ripresa dell’attività pastorale, siamo riuniti in una riunione che pianifichi le riunioni. «Catechismo al sabato, come sempre. Mancano due catechisti». «Mancano?». «Sì. La signora Rosa è diventata nonna e deve dedicarsi al nipotino, al sabato la figlia lavora. Simone è partito militare». «Dove li troviamo due nuovi catechisti così su due piedi? Ecco, dovevamo programmare, pianificare, creare una scuola di formazione per catechisti con riunioni settimanali». «Ci vorrebbe un’agenzia interinale diocesana, a cui rivolgersi in caso di bisogno: un catechista per due mesi, sei mesi, un anno…». «Il problema è complesso, lo affrontiamo poi. Allora: lunedì si riunisce il gruppo giovani». «Perché sempre loro al lunedì?». «Abbiamo sempre fatto così. Al martedì terza età, famiglie e gruppo biblico, al mercoledì catechesi degli adulti e Caritas». «E la Champions?». «Scherziamo? È più importante il pallone o Gesù Cristo?». «Sono sempre stato per l’et et, non per l’aut aut…». «Giovedì animatori ragazzi, venerdì gruppo liturgico». «E il riunionificio è a posto».

«Come la mettiamo con la Vigor et ardor che gioca a pallone al sabato proprio mentre c’è la catechesi e proprio sotto le finestre delle aule». «È più importante il pallone o…». «Dalla diocesi ci propongono una diffusione domenicale della stampa d’ispirazione cattolica. I mass media, dicono, sono i principali veicoli di cultura, contribuiscono a determinare modelli di pensiero e stili di vita e…». «Basta con gli intellettualismi, se pregassimo di più, se fossimo più assidui nell’ascolto della Parola, tutto sarebbe risolto. E poi siamo tutti troppo impegnati». «I nostri vicini della parrocchia di *** ci propongono di organizzare il corso fidanzati insieme». «E quando, e come? Abbiamo tutte le serate occupate». «Beh, finora abbiamo soltanto due coppie iscritte, e una è di conviventi cinquantenni. Magari, unendo gli sforzi…». «Impossibile, non s’è mai fatto…».

In quel preciso momento mi sveglio di soprassalto. Non sono in parrocchia, sono nel mio letto ed è notte fonda. È così ogni anno, lo stesso identico incubo. Le gambe, le braccia, l’intero corpo paralizzati. Per fortuna è soltanto un sogno e la realtà è ben diversa. Diversa. Diversa?