Vita Chiesa
L’ingresso di mons. Betori a Firenze
«Spero che i gesti che compirò il giorno del mio ingresso siano ben compresi per quello che vogliono significare». Monsignor Giuseppe Betori spiega, dalle pagine di Toscanaoggi, il programma di domenica prossima, giorno che segnerà l’inizio del suo ministero episcopale a Firenze. Il momento culminante sarà la Celebrazione eucaristica in Duomo, alle 16,30: «l’Eucaristia sottolinea l’Arcivescovo sul settimanale cattolico, da domani in edicola – è sempre il centro e il vertice della vita cristiana. Per me sarà molto importante il momento in cui mi siederò sulla cattedra di Sant’Antonino, la cattedra che il Papa mi ha assegnato. Sant’Antonino Pierozzi mi è molto caro, e lo sento in questi giorni molto vicino». Una curiosità: dalle finestre della sua casa natale, a Foligno, monsignor Betori vedeva il convento dove il frate domenicano ha abitato nel 400 prima di diventare vescovo di Firenze. Proclamato santo nel 1523, oggi è patrono della diocesi fiorentina insieme a San Zanobi.
Prima di raggiungere il Duomo, il nuovo Vescovo di Firenze farà un lungo percorso a tappe attraverso alcuni luoghi significativi della città. Non c’è niente di casuale, infatti, nella prima giornata «fiorentina» di monsignor Giuseppe Betori. Un programma pensato in ogni dettaglio, in modo da trasmettere alla città e alla diocesi alcuni precisi messaggi.
Il primo contatto con la nuova sede episcopale avverrà alle 10 alla chiesa di san Giovanni Battista all’Autostrada, dove monsignor Betori verrà accolto da una rappresentanza della Chiesa Fiorentina e delle autorità civili. Da qui, si trasferirà all’ospedale pediatrico Meyer, a Careggi, dove incontrerà i piccoli malati, i loro familiari, gli operatori e i dirigenti della struttura sanitaria fiorentina. «Una visita – spiega Betori – che vuole testimoniare l’attenzione ai piccoli, ai fragili. Ai bambini porterò un librettino che parla di Gesù, perché un Vescovo deve prima di tutto parlare di Gesù».
Dal Meyer a Novoli, dove intorno alle 12.30 monsignor Betori condividerà il pranzo con gli ospiti della mensa Caritas di via Baracca. «Gli strumenti della carità – afferma il nuovo Vescovo di Firenze – non sono una realtà a se stante rispetto alla diocesi, ma sono il modo in cui tutta la Chiesa vuole essere vicina ai poveri». Un pranzo che non sarà diverso da quelli che ogni giorno la Caritas offre ai suoi ospiti: un primo, un secondo (pollo arrosto o roastbeef), contorno, macedonia. Unico strappo alla regola, il dolce. Stoviglie usa e getta e, come unica bevanda, acqua del rubinetto in caraffa.
Nel pomeriggio, dopo una sosta al Seminario Maggiore, intorno alle 15 l’Arcivescovo si fermerà a pregare al santuario della Santissima Annunziata, «per mettere sotto la protezione di Maria il mio cammino nella diocesi che inizia proprio quel giorno. Non nascondo – aggiunge Betori – che vuole essere anche un gesto con cui mi faccio fiorentino, ben conoscendo qual è la devozione dei fiorentini per la Santissima Annunziata». Dal santuario, poi, il tragitto a piedi fino al Duomo. «Sarà un tragitto breve – sottolinea Betori – che vuole esprimere l’idea del camminare insieme. Il Vescovo non è colui che sta chiuso nell’episcopio ma colui sta con la gente, che cammina con il popolo. Un gesto che esprime la sinodalità della Chiesa come sua caratteristica permanente. La nuova traduzione della Bibbia ci ha restituito una parola molto bella: il cristianesimo non come “dottrina”, ma come “via”. Era questa la definizione che i primi cristiani davano del cristianesimo: la via. Quelle poche centinaia di metri rappresentaranno proprio questo: una Chiesa in cammino verso il Regno».
Davanti al Duomo, intorno alle 16, ci sarà il saluto alle autorità: «perché la Chiesa cattolica è una Chiesa che vive dentro la storia. Per questo dirò il modo in cui intendo pormi di fronte alle realtà istituzionali, e poi dirò ancora qualcosa sulla mia esperienza di angelo del fango, da seminarista, nei giorni dell’Alluvione. Sarà l’ultima volta che ne parlo, altrimenti rischia di diventare un tormentone; però c’è ancora una piccola cosa che voglio aggiungere parlando alle autorità cittadine, e che riguarda il rapporto tra la Chiesa e la città».