Vita Chiesa

I cattolici del disagio per una Chiesa del Vangelo

di Andrea Fagioli«Un impegno solido e duraturo a trasmettere il Vangelo che abbiamo immeritatamente ricevuto, sottolineando la parola immeritatamente, perché nessuno possa vantarsi». È partito con questo invito la sintesi degli oltre 40 contributi inviati da parrocchie, comunità, associazioni, singoli laici, sacerdoti e religiosi al convegno «Il Vangelo che abbiamo ricevuto» ospitato sabato 16 maggio a Firenze presso il «Nuovo sentiero», il teatro di Santo Stefano in Pane, la parrocchia di Rifredi che fu di don Giulio Facibeni. Oltre 250 persone in sala e almeno un centinaio nell’attigua Cappella della Misericordia, collegata in video. «Un successo imprevisto, ma non più di tanto», commenta don Paolo Giannoni, teologo, oblato camaldolese, fra i promotori di quello che è stato definito semplicemente «un incontro aperto ai cristiani». «C’era grande attesa – spiega don Giannoni – e non è un caso che ci siano persino una ventina di siciliani». I fiorentini sono settanta, molti di loro si riconoscono nella «Lettera alla Chiesa fiorentina» scritta in occasione della nomina del nuovo arcivescovo. Girando per la sala si sentono molti dialetti, sardo compreso. L’età media è piuttosto alta. Tra i non pochi parroci presenti, ci sono anche preti «di frontiera» come don Vitaliano Della Sala e don Alessandro Santoro. Ma si riconoscono anche i responsabili di alcuni uffici diocesani. Ad accomunare tutti è il «disagio ecclesiale», ma non vogliono essere chiamati né indicati come i «cattolici del dissenso». «Questo appuntamento non è contro nessuno, ma è per qualcosa – spiega don Giannoni –. Non si tratta di mettere in discussione verità o affermazioni dottrinali, ma di sollecitare un’apertura verso una Chiesa del Vangelo che si contrapponga a una Chiesa della legge. Il silenzio deve preoccupare più di una protesta – dice ancora l’oblato camaldolese – e il disagio segnala che c’è qualcosa che non va». E quello che non va, a giudizio di molti dei partecipanti all’incontro di ieri, è il cristianesimo senza riscatto, il sostenere la morale mediante la legge dello Stato, il perdere la memoria storica del Concilio, i laici ridotti a uditorio. Alcuni parlano dell’esistenza di due Chiese parallele (clericali e non clericali) che non comunicano tra loro, ma anche di due liturgie (una partecipativa e l’altra sacrale) che si escludono a vicenda. C’è poi lo stile piramidale che – dicono – mortifica la fraternità. Si pone anche l’accento sul «rischio di una mondanizzazione che si insinua nella Chiesa».Nella relazione ufficiale, don Giannoni parla del simbolo evangelico del «toccare»: «Gesù – dice – ha assunto ogni realtà umana, ha toccato i corpi per infondere la guarigione, si è seduto a mensa con i peccatori, rendendo visibile ai nostri occhi e palpabile dalle nostre mani il mistero dell’amore trinitario».

Il teologo Pino Ruggeri, nella seconda relazione, delinea quelli che per lui sono gli elementi ecclesiali fondamentali: povertà, liturgia, misericordia.

È invece il concetto della «sinodalità come sfida ecclesiale» a guidare il dibattito tra i presenti. Qualcuno parla della sinodalità come un fiume carsico che finalmente esce all’aria aperta. Si invoca la laicità della società civile, della Chiesa, delle religioni.

Il convegno si chiude senza un documento finale, ma con la volontà di proseguire l’esperienza avviata. Si parla di un forum, di una «tre giorni», in ogni caso di un sistema di comunicazione per mantenere vivi i contatti. Il rappresentante degli omosessuali credenti propone incontri di preghiera.