Vita Chiesa

I lavori nelle Congregazioni generali

Lunedì 5 ottobre, Prima Congregazione generaleLunedì 5 ottobre: Seconda Congregazione generaleMartedì 6 ottobre: Terza Congregazione generaleMartedì 6 ottobre. Quarta Congregazione generaleMercoledì 7 ottobre, Quinta Congregazione generaleGiovedì 8 ottobre, Sesta Congregazione generaleGiovedì 8 ottobre, Settima Congregazione generaleVenerdì 9 ottobre, Ottava Congregazione generaleVenerdì 9 ottobre, Nona Congregazione generaleSabato 10 ottobre, Decima CongregazioneLunedì 12 ottobre, Undicesima CongregazioneLunedì 12 ottobre, Dodicesima Congregazione generaleMartedì 13 ottobre, Tredicesima Congregazione generaleMartedì 13 ottobre, Quattordicesima Congregazione generalePRIMA CONGREGAZIONE GENERALE5 ottobre 2006: Prima Congregazione generaleLa mattina del 5 ottobre, nell’Aula del Sinodo, si è tenuta la Prima Congregazione Generale della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, presieduta da Benedetto XVI. Sono intervenuti 226 Padri Sinodali. Papa Benedetto, riferendosi ai problemi dell’Africa e a come raggiungere gli obiettivi di riconciliazione, giustizia e pace, ha osservato che “Sono giuste le analisi empiriche, tuttavia le analisi orizzontali, seppure condotte con esattezza e competenza, non indicano i veri problemi del mondo, se non vediamo tutto nella luce di Dio”.

“Perciò – ha aggiunto – le nostre analisi sono insufficienti se non scopriamo che dietro a tutte le ingiustizie della corruzione, e di tutte queste cose, sta un cuore non retto, una chiusura verso Dio e così una falsificazione della relazione fondamentale sulla quale sono basate tutte le altre”.

Il Presidente Delegato di turno, Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha pronunciato un breve discorso all’inizio della sessione mattutina. Successivamente, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Arcivescovo Nikola Eterovic ha presentato l’attività del Consiglio della Segreteria Generale nel periodo successivo all’Assemblea precedente (Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, 1994), e la preparazione del Sinodo attuale.

Il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana), Relatore Generale del Sinodo, ha letto la “Relatio ante disceptationem“. Riportiamo una sintesi del suo intervento.

I. Dalla I Assemblea Speciale per l’Africa alla II Assemblea SpecialePapa Giovanni Paolo II descriveva il Sinodo da lui concluso con la promulgazione dell’Esortazione Post-sinodale Ecclesia in Africa come un “Sinodo di risurrezione e di speranza”. Da quella Assemblea sinodale, convocata sullo sfondo di una visione del mondo prevalentemente pessimistica dell’Africa, di una situazione del continente di particolare sfida e “tragicamente sfavorevole” per la missione evangelizzatrice della Chiesa negli ultimi anni del ventesimo secolo, si attendeva tuttavia che segnasse una svolta nella storia del Continente.

La situazione del continente era fortemente ambivalente quanto paradossale e la rapida successione degli eventi come la fine dell’apartheid e il triste inizio del genocidio rwandese ben rappresentavano questo paradosso.

Tenendo conto di questa situazione paradossale in cui il male e la sofferenza sembravano prevalere sul bene e sulla virtù, il clima pasquale della I Assemblea Speciale per l’Africa ispirò un messaggio di speranza per il Continente.

Questo periodo post-sinodale ha raggiunto il suo quattordicesimo anno; e, mentre la situazione del continente, delle sue isole e della Chiesa presenta ancora alcune delle “luci e ombre” che motivarono il primo Sinodo, essa è anche notevolmente cambiata. Tale nuova realtà richiede un appropriato esame in vista di un rinnovato sforzo di evangelizzazione che esige un approfondimento di alcuni temi specifici importanti per il presente e il futuro della Chiesa cattolica nel grande continente africano.

Nuovi dati sociali ed ecclesiali del continenteDati ecclesialiLa crescita eccezionale della Chiesa in Africa: negli ultimi decenni (compresi gli anni successivi alla I Assemblea Speciale per l’Africa) è diventato abituale parlare di una eccezionale crescita della Chiesa in Africa Fra questi segnali di crescita della Chiesa del continente e delle isole, le vere novità sono:– L’ascesa di membri africani di congregazioni missionarie a posizioni e ruoli di guida: membri di consigli, vicari generali e perfino superiori generali.– Ricerca dell’autosufficienza da parte delle Chiese locali, impegnandosi in operazioni economiche in grado di generare profitti (banche, società finanziarie, compagnie di assicurazioni, agenzie immobiliari e negozi).– Un incremento visibile delle strutture e istituzioni ecclesiali (seminari, università ed istituti cattolici di istruzione superiore, centri di formazione permanente per i religiosi, i catechisti e i laici, scuole di evangelizzazione) come pure un aumento di esperti e manager per il lavoro di ricerca nel campo della fede, della missione, della cultura e dell’inculturazione, della storia, dell’evangelizzazione e della catechesi.Tuttavia la Chiesa in Africa affronta anche terribili sfide:– Quando si parla di una Chiesa prospera in Africa si dimentica il fatto che in vaste aree a nord dell’equatore, essa a malapena esiste. La crescita straordinaria della Chiesa si è verificata soprattutto a sud del Sahara.– La fedeltà e l’impegno di alcuni sacerdoti e religiosi alla loro vocazione.– La perdita di membri che sono passati a nuovi movimenti religiosi o alle sette. Dati socialiNel 1963, nel corso di un incontro dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OAU), i leader africani decisero di mantenere una delle vestigia dell’era coloniale, conservando i confini coloniali e la descrizione degli stati, indipendentemente dal loro carattere artificiale. Tuttavia tale decisione non è stata seguita da un corrispondente sviluppo del sentimento nazionalista, che avrebbe fatto sì che le differenze etniche si arricchissero vicendevolmente e che avrebbe privilegiato il bene comune della nazione rispetto al campanilismo degli interessi etnici. Per questo motivo la diversità etnica continua a rappresentare un focolaio di conflitti e tensioni, che minano perfino il senso di appartenenza comune alla Chiesa-Famiglia di Dio.

La schiavitù e lo schiavismo, che il mondo arabo portò per primo sulla costa dell’Africa orientale e che gli europei, in collaborazione con gli stessi africani, nel XIV secolo incrementarono ed estesero a tutto il continente, hanno portato a un flusso migratorio forzato di africani. Oggi le migrazioni volontarie, dettate da vari motivi, dei figli e delle figlie dell’Africa verso l’Europa, l’America e l’Estremo Oriente, li pongono in una condizione di occupazione servile che esige la nostra attenzione e la nostra cura pastorale.

Il periodo successivo alla I Assemblea per l’Africa, vale a dire l’alba del Terzo Millennio, sembrava aver coinciso, nel continente, con un desiderio emergente degli stessi leader africani di un “Rinascimento africano”

I leader politici africani sembrano determinati a cambiare il volto dell’amministrazione politica nel continente; e hanno condotto un’auto-valutazione critica che ha identificato nel malgoverno le cause della povertà e delle sofferenze dell’Africa. Hanno quindi tracciato un cammino del buon governo e della formazione della classe politica, in grado di cogliere la parte migliore delle tradizioni ancestrali africane e di integrarla con i principi di governo delle moderne società. Hanno adottato un quadro strategico (NEPAD) per orientare le azioni e guidare il rinnovamento dell’Africa attraverso delle leadership politiche trasparenti.

Il rapporto radicale tra governo ed economia è chiaro; dimostra che un cattivo governo produce una cattiva economia. Ciò spiega il paradosso della povertà di un continente che è senz’altro uno dei più ricchi del mondo in potenzialità. La conseguenza di questa “equazione governo-economia” è che quasi nessun paese africano può rispettare i propri obblighi di bilancio, vale a dire i programmi finanziari nazionali pianificati, senza ricorrere ad aiuti esterni in forma di obbligazioni o prestiti. Questo continuo finanziamento dei bilanci nazionali facendo ricorso a prestiti non fa altro che accrescere un già opprimente debito nazionale. La Chiesa universale con quella Africana hanno messo a punto una campagna per cancellarlo nell’anno del Grande Giubileo.

Esistono inoltre fenomeni globali e iniziative internazionali, di cui occorre valutare l’impatto sulla società africana e su alcune delle sue strutture, che pongono nuove sfide anche alla Chiesa. Mentre l’importanza che viene data sempre di più al posto e al ruolo delle donne nella società è un felice progresso, l’emergere nel mondo di stili di vita, valori, atteggiamenti, associazioni, ecc., che destabilizzano la società, sono motivo di inquietudine. Essi minano le basi stesse della società (matrimonio e famiglia), ne riducono il capitale umano (migrazioni, spaccio di droga, traffico d’armi) e minacciano la vita del pianeta.

Nonostante il continente e la Chiesa nel continente non siano ancora usciti dalle difficoltà, possono però almeno in parte rallegrarsi per i loro successi e i risultati positivi e iniziare a ricusare le generalizzazioni stereotipate sui conflitti, carestie, corruzioni e malgoverni. I quarantotto Paesi che costituiscono l’Africa sub-sahariana presentano grandi differenze nelle situazioni delle loro Chiese, dei loro governi e della loro vita socio-economica. Di queste quarantotto nazioni, solo quattro, la Somalia, il Sudan, il Niger e parti della Repubblica Democratica del Congo, sono attualmente in guerra, e almeno due di queste lo sono a causa di interferenze straniere: la Repubblica Democratica del Congo e il Sudan. Va detto che vi sono meno guerre in Africa che in Asia. I mercanti di guerra e i criminali di guerra vengono sempre di più denunciati, processati e perseguiti.

La verità è che l’Africa è stata accusata per troppo tempo dai media di tutto ciò che viene aborrito dall’umanità; è tempo di “cambiare marcia”e di dire la verità sull’Africa con amore, promuovendo lo sviluppo del continente che porterà al benessere di tutto il mondo. I paesi del G-8 e i paesi del mondo devono amare l’Africa nella verità!. Generalmente considerata alla decima posizione nella graduatoria dell’economia mondiale, l’Africa rappresenta tuttavia il secondo mercato mondiale emergente dopo la Cina. Per questo motivo, come l’ha definita il summit del G-8 da poco concluso, è il continente delle opportunità. E ciò dovrebbe valere anche per le popolazioni del continente. Si spera che la ricerca della riconciliazione, la giustizia e la pace, che è eminentemente cristiana per il fatto di essere radicata nell’amore e nella misericordia, ristabilisca l’unità della Chiesa-Famiglia di Dio nel continente e che quest’ultima, in quanto sale della terra e luce del mondo, guarisca “il cuore ferito dell’uomo, in cui si annida la causa di tutto ciò che destabilizza il continente africano”. In tal modo il continente e le sue isole comprenderanno le opportunità e i doni dati loro da Dio.

Più tardi Paolo prosegue l’opera dei discepoli-apostoli di Gesù come predicatore dello stesso dono di salvezza in Gesù. Tuttavia, avendo ricevuto l’incarico di annunciare Gesù nelle particolari circostanze del suo incontro con il Signore risorto sulla via di Damasco, anche Paolo comprende che l’offerta di salvezza in Gesù da parte del Padre è l’atto di riconciliazione del Padre. Infatti, come egli stesso ammette: “Io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù” (1 Tm 1, 13-14).

Per Paolo, quindi, l’esperienza della salvezza ha rappresentato anche un passaggio dall’ostilità e l’inimicizia verso Cristo e la sua Chiesa alla fede in Cristo e alla fratellanza con la sua Chiesa. Questo passaggio dall’inimicizia alla fratellanza costituisce la riconciliazione ed è un’esperienza immeritata che solo Dio può suscitare in una persona. In questo, Paolo ha considerato se stesso un esempio per coloro che avrebbero creduto in Cristo (cf. 1 Tm 1, 16).

Il significato della Pace di CristoLa “pace” non ha solamente un significato laico, di assenza di conflitto, presenza di armonia nella casa e nella famiglia sicurezza e prosperità individuale e comunitaria (nazionale). (…) La “pace” trascende fondamentalmente il mondo e gli sforzi umani. È un dono di Dio (Is 45, 7; Nm 6, 26) donato ai “retti/giusti”. La “pace” è un atto che va oltre la giustizia in senso stretto ed esige amore. Essa deriva dalla comunione con Dio ed è tesa al benessere dell’uomo (umanità).

Quando Gesù si riferisce ai suoi discepoli come “sale della terra” e quando il Sinodo esorta i membri della Chiesa in Africa a essere “servitori della riconciliazione, della giustizia e della pace” come “sale della terra”, sia Gesù che il Sinodo stanno facendo uso di un simbolo polivalente per esprimere i molteplici compiti ed esigenze dell’essere discepoli e dell’essere Chiesa (Famiglia di Dio) in Africa.

In un continente, alcune parti del quale vivono in situazioni di conflitto e di morte, la Chiesa deve spargere semi di vita: iniziative che generano vita. Essa deve preservare il continente e la sua popolazione dagli effetti distruttivi dell’odio, della violenza, della giustizia e dell’etnocentrismo. La Chiesa deve purificare e sanare le menti e i cuori da modi corrotti e malvagi e diffondere il suo messaggio evangelico generatore di vita per mantenere in vita il continente e il suo popolo”.

In questo Sinodo la terra e il mondo per cui i cattolici del continente e delle isole devono essere “sale” e “luce” come servitori della riconciliazione, della giustizia e della pace è l’Africa dei nostri giorni.

Gesù Cristo, dopo essersi rivelato attraverso le Scritture come nostra riconciliazione, giustizia e pace, ora chiama e invia i suoi discepoli in Africa e nelle isole a spendere sé stessi, come sale e luce, per costruire la Chiesa in Africa come autentica Famiglia di Dio attraverso i ministeri della riconciliazione, della giustizia e della pace, esercitati nell’amore, come il loro maestro”.

Lunedì 5 ottobre: Seconda CongregazioneLa Seconda Congregazione Generale della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha avuto inizio alle 16:30 del 5 ottobre, nell’Aula del Sinodo, in presenza del Santo Padre. Nel corso della sessione sono state presentate cinque relazioni su come venga percepito il tema sinodale in America Latina, America del Nord, Asia, Oceania ed Europa ed una relazione sull’Esortazione Apostolica “Ecclesia in Africa”. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. All’Assemblea sono intervenuti 227 Padri Sinodali.

AMERICA LATINA, ARCIVESCOVO RAYMUNDO DAMASCENO ASSIS, DI APARECIDA (BRASILE), E PRESIDENTE DEL “CONSIGLIO EPISCOPALE LATINO AMERICANO” (C.E.L.AM.). “Desidero suggerire in questo intervento alcuni punti, che potrebbero essere tema di dialogo di un possibile scambio fraterno tra le Chiese dei due continenti. In ambito episcopale, possiamo condividere con l’Africa la grande ricchezza che hanno significato i 54 anni di vita dell’organismo episcopale che rappresento, il Consiglio Episcopale Latino-americano – CELAM – come strumento di comunione episcopale e di servizio reciproco in seno al nostro episcopato. Si potrebbe, con l’incentivo della Santa Sede, invitare i Vescovi della Chiesa cattolica presenti in entrambi i continenti, per uno scambio di esperienze collegiali, pastorali e organizzative, che possono arricchire la missione della Chiesa. (…) Per quanto riguarda i seminaristi e i sacerdoti, penso anche che sarebbe possibile e reciprocamente arricchente, offrire seminari per una prima formazione sacerdotale in alcune delle Chiese particolari in America Latina, che hanno più risorse”.

NORDAMERICA. ARCIVESCOVO WILTON DANIEL GREGORY, DI ATLANTA (STATI UNITI D’AMERICA). “La Chiesa negli Stati Uniti d’America continua a trarre beneficio da quei popoli africani giunti di recente nel nostro paese come visitatori e nuovi residenti. Diversamente dal passato, quando gli uomini arrivavano incatenati come bestiame umano, oggi giungono a noi operai specializzati, esperti uomini d’affari e studenti che non vedono l’ora di costruirsi una vita nuova in una terra che essi considerano promessa. Molte di queste persone portano con sé una fede cattolica profonda e dinamica con la sua ricca eredità spirituale. Queste persone straordinarie ci sfidano a riscoprire le nostre tradizioni spirituali, spesso messe da parte per gli effetti della nostra ricerca orientata a ciò che è secolare”.

ASIA. ARCIVESCOVO ORLANDO B. QUEVEDO, O.M.I., DI COTABATO, (FILIPPINE), SEGRETARIO GENERALE DELLA “FEDERATION OF ASIAN BISHOPS’ CONFERENCES” (F.A.B.C.). “La Chiesa in Africa e la Chiesa in Asia stanno sollevando interrogativi analoghi di grande importanza (…). Secondo me la Chiesa in Africa sta esplorando le implicazioni teologiche e pastorali della Chiesa come famiglia di Dio. Noi, in Asia, guidati dalle Sacre Scritture e dal magistero vivo della Chiesa, riteniamo di essere stati condotti dallo Spirito Santo a studiare, nel contesto asiatico, la teologia della Chiesa in quanto Comunione e umile Servitore del Vangelo e delle popolazioni asiatiche. Questa ottica teologica ha aperto l’opzione pastorale del rinnovamento radicale in corso nella Chiesa in Asia, un’opzione più dell’essere che del fare. (…) La Chiesa in Africa e la Chiesa in Asia conoscono esperienze simili di dolore e di gioia. Il dolore: per le molte forze di una cultura di morte, che sia l’Ecclesia in Africa sia l’Ecclesia in Asia trattano con profonda preoccupazione, quali l’aumento della povertà e l’emarginazione dei nostri popoli, gli attacchi continui contro il matrimonio e la famiglia tradizionale, le ingiustizie nei confronti delle donne e dei bambini, la nostra propensione a favorire le armi di distruzione rispetto allo sviluppo integrale, la nostra incapacità di competere con i potenti in un ordine economico globale che non è guidato da norme giuridiche e morali, l’intolleranza religiosa invece di un dialogo della ragione e della fede. (…) D’altra parte, proviamo grande gioia e speranza nei movimenti di giustizia e di pace (…). Per la solidarietà delle persone di buona volontà provenienti da classi sociali e tradizioni religiose diverse, al fine di adoperarsi per un ordine sociale più giusto, più pacifico e più fraterno”.

AUSTRALIA. VESCOVO PETER WILLIAM INGHAM, VESCOVO DI WOLLONGONG, PRESIDENTE DELLA “FEDERATION OF CATHOLIC BISHOPS’ CONFERENCES OF OCEANIA” (F.C.B.C.O.). “Come in Africa, la Chiesa esiste in Oceania grazie a missionari eroici provenienti soprattutto dall’Irlanda, dalla Francia, dalla Germania e dall’Italia. La fede in Oceania vanta alcuni straordinari esempi di martiri e di santi, oltre a quelli che sono già stati canonizzati e beatificati, ma senza avvicinarsi alla gloriosa tradizione di santi e martiri che testimoniano la fede in Africa. (…) La Chiesa e i suoi organismi stanno facendo molto per aiutare le persone a ritrovare il proprio equilibrio in seno alle loro comunità e a gestire i rischi derivanti dalle calamità naturali. Possiamo e dobbiamo imparare gli uni dagli altri. Chiedo le vostre preghiere per Samoa e Tonga nel loro grande dolore dopo il recente terremoto e lo tsunami. (…) L’instabilità politica e i conflitti del Pacifico (es. Fiji, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea) non sono paragonabili a quelli dei paesi africani, ma identificando il ruolo della Chiesa come Corpo di Cristo per costruire ponti di pace e di riconciliazione, possiamo imparare dai vostri leader della Chiesa in Africa. I vostri successi in quanto Chiesa che promuove sforzi di pace e di riconciliazione in Africa sono assai utili alla Chiesa del mondo”.

EUROPA – CARDINALE PÉTER ERDO, ARCIVESCOVO DI ESZTERGOM-BUDAPEST, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE (C.C.E.E.) (UNGHERIA). “Cristo è la luce del mondo. Egli illumina anche le tenebre della storia umana e nessuna oscurità, nessun odio, nessun male può vincerlo. È in lui la nostra speranza. Anche se la voce della Chiesa e la testimonianza di ciascun cristiano sembrano deboli, anche se essa spesso non appare in prima pagina dei grandi mezzi di comunicazione, questa voce sottile è più forte di ogni rumore, bugia, propaganda o manipolazione. Siamo testimoni della forza dei martiri. (…) Cari Confratelli! Noi altri, cattolici d’Europa, abbiamo imparato dalla nostra storia a seguire con attenzione anche la sorte dei cristiani africani ed abbiamo imparato anche a stimare la Vostra fedeltà, la Vostra testimonianza, e i martiri africani che danno la loro vita ‑ anno per anno in numero preoccupante – per Cristo e per la Sua Chiesa, così anche per noi. La Chiesa in Africa ha meritato la nostra gratitudine e la nostra profonda stima”.

ARCIVESCOVO LAURENT MONSENGWO PASINYA, DI KINSHASA (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO). “Occorre riconoscere che lo spirito e la dinamica della Prima Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi hanno dato un nuovo impulso alla vita e alla missione della Chiesa in Africa. Non solo le Chiese locali hanno accolto con entusiasmo l’Esortazione post-sinodale ‘Ecclesia in Africa’, che hanno pubblicato e presentato, ma per giunta ne hanno seguito le direttive, le opzioni e gli orientamenti sia per convocare sinodi diocesani, nazionali o regionali, sia per organizzare congressi, simposi o seminari sul tema-chiave della Chiesa-Famiglia di Dio, o ancora per elaborare progetti, piani e programmi pastorali fondati su questo stesso tema. (…) La Seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi è chiamata ad avviare la Chiesa e la società in Africa sul cammino del perdono, della riconciliazione e della pace, grazie alla giustizia nella verità”.

Martedì 6 ottobre: Terza CongregazioneLa Terza Congregazione Generale dell’Assemblea Speciale per l’Africa si è tenuta la mattina del 6 ottobre, alla presenza del Santo Padre. Erano presenti 226 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban (Sudafrica). All’inizio della sessione è intervenuto Sua Santità Abuna Paulus, Patriarca della Chiesa Tewahedo Ortodossa di Etiopia, che ha ringraziato il Papa per l’invito a partecipare al Sinodo.

“Credo che noi, guide religiose e capi delle Chiese, abbiamo un compito e una responsabilità veramente unici: riconoscere e sostenere, quando lo riteniamo necessario, i suggerimenti che vengono dalle persone, come pure, per contro, respingerli quando contravvengono al rispetto e all’amore per l’uomo”.

“I capi religiosi africani” – ha affermato – “non devono preoccuparsi solo delle opere sociali, ma rispondere alle grandi necessità spirituali degli uomini e delle donne d’Africa, per conoscere e sostenere, quando lo consideriamo necessario, i suggerimenti del nostro popolo, e di rigettarli quando sono contrari al rispetto e all’amore dell’essere umano. E’ necessario rafforzare la coscienza delle persone perché la vita, la pace e la giustizia siano rispettati. Per cui i Capi della Chiese africane, con il potere di Dio Onnipotente e dello Spirito Santo, devono dare voce al linguaggio della Chiesa”.

Il Papa ha risposto con brevi parole all’intervento del Patriarca Ortodosso. “La sua presenza” – ha detto Benedetto XVI – “è una testimonianza eloquente dell’antichità e delle ricche tradizioni della Chiesa in Africa. (…) La fedeltà al Vangelo del vostro popolo continua a manifestarsi non solo dall’obbedienza alla sua legge di amore, ma anche, come lei ci ha ricordato, dalla perseveranza fra le persecuzioni e il supermo sacrificio del martirio per il nome di Cristo”.

“Sua Santità ha ricordato che la proclamazione del Vangelo non può essere separata dall’impegno a costruire una società che sia conforme alla volontà di Dio, rispetti le benedizioni della sua creazione e protegga la dignità ed innocenza di tutti i bambini. In Cristo sappiamo che la riconciliazione è possibile, la giustizia può prevalere, la pace si può conquistare. Questo è il messaggio di speranza che noi siamo chiamati a proclamare. Questa è la promessa che il popolo africano anela a veder realizzata ai giorni nostri”.

Successivamente hanno preso la parola i Padri Sinodali, dei quali riportiamo una sintesi dell’intervento di alcuni di essi.

CARDINALE ANGELO SODANO, DECANO DEL COLLEGIO CARDINALIZIO. “Oggi vediamo più chiaramente l’enormità dei disastri provocati dal nazionalismo e dall’esaltazione del concetto di razza. (…) Come dimenticare che anche in Africa la furia omicida fra differenti gruppi etnici ha sconvolto interi Paesi? (…) Credo che dovremo ripetere a tutti, con maggiore insistenza, che l’amore alla propria Nazione (in concreto, al proprio popolo, alla propria gente) è certo un dovere del cristiano, ma dovremo anche aggiungere che la deviazione del nazionalismo è totalmente anticristiana. (…) Il Cristianesimo ha favorito l’aggregazione delle genti di una determinata regione, dando vita al concetto di popolo o Nazione, con una propria specifica identità culturale. Il Cristianesimo ha però sempre condannato ogni deformazione di tale concetto di Nazione, una deformazione che sovente cadeva nel nazionalismo o addirittura nel razzismo, vera negazione dell’universalismo cristiano. In realtà, i due principi basilari della convivenza umana cristiana sono sempre stati i seguenti: la dignità di ogni persona umana, da una parte, e l’unità del genere umano, dall’altra. Sono i due confini invalicabili, entro i quali possono poi evolversi i vari concetti di Nazione, a seconda dei tempi e dei luoghi. (…) Vorrei dire che le attuali 53 Nazioni africane avranno un grande avvenire, nel concerto delle 192 Nazioni che compongono oggi l’intera famiglia umana, se sapranno superare le loro divisioni e cooperare congiuntamente per il progresso materiale e spirituale dei loro popoli”.

CARDINALE POLYCARP PENGO, ARCIVESCOVO DI DAR-ES-SALAAM (TANZANIA), PRESIDENTE DEL SIMPOSIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’AFRICA E MADAGACAR (SECAM). “Il tema di questo Sinodo è oggi particolarmente urgente per la Chiesa africana. Al fine di sviluppare e approfondire tale tema, come ci è stato richiesto, problemi quali l’egoismo, l’avidità e la ricchezza materiale, le questioni etniche che sfociano in conflitto e altre istanze che sono all’origine della mancanza di pace in molte società africane devono essere affrontati coraggiosamente e apertamente, e accompagnati da specifiche direttive pastorali. Le guerre e i conflitti che affliggono il nostro continente dividono i nostri popoli, seminando una cultura della violenza e distruggendo il tessuto spirituale, sociale e morale delle nostre società. È triste dover riconoscere che alcuni di noi pastori sono stati accusati di essere coinvolti in tali conflitti o per omissione o per partecipazione diretta. In questo Sinodo dobbiamo avere il coraggio di denunciare, persino contro noi stessi, l’abuso del ruolo e della pratica del potere, il tribalismo e l’etnocentrismo, lo schieramento politico dei capi religiosi eccetera… La Chiesa africana non potrà parlare a una sola voce di riconciliazione, giustizia e pace se nel continente è evidente la mancanza di unità, di comunione e il dovuto rispetto nei confronti del SECAM da parte dei singoli Vescovi, nonché delle conferenze episcopali nazionali e regionali”.

ARCIVESCOVO FIDELE AGBATCHI, DI PARAKOU (BENIN). “I Padri Sinodali possano comprendere quindi, al di là degli aspetti pratici più volte sottolineati dall”Instrumentum Laboris’, come fondare esegeticamente e teologicamente la riconciliazione, la giustizia e la pace sull’unico Dio Trinità e sulla sua opera nella Rivelazione, dall’Antico Testamento fino alla venuta del Figlio dell’Uomo. Una simile impresa da parte dei padri sinodali aiuterebbe l’Africa ad assumersi la propria responsabilità storica di fronte al Vangelo che ha ricevuto e che ha il dovere di donarsi inserendosi prepotentemente nella dinamica della metanoia. Questa responsabilità la costringerebbe a liberarsi dalla paura. In effetti, l’Africa ha paura e vive di paura. Conservando gelosamente per sé le sue scoperte riguardo al mondo e alla natura, si lascia istintivamente andare alla sfiducia, al sospetto, all’atteggiamento di autodifesa, all’aggressione, alla ciarlataneria, alla divinazione, all’occultismo e al sincretismo, tutte cose che hanno contribuito a offuscare la ricerca del vero Dio per millenni. Quanto è dunque attesa su questo continente – madre di tutti gli altri – la diffusione ancor più radiosa della luce del Cristo morto e risorto! Il mio augurio per questo Sinodo è quello di un futuro pasquale e, dopo le sue sofferenze, di una resurrezione dell’Africa”.

VESCOVO MAROUN ELIAS LAHHAM, DI TUNISI (TUNISIA). “La specificità delle relazioni islamo-cristiane nelle Chiese del Nord Africa può arricchire le esperienze di dialogo che si trovano in altre parti (in Europa o nell’Africa sub-sahariana e riduce le reazioni di paura e di rifiuto dell’Islam, che hanno cominciato a manifstarsi in alcuni paesi. Sappiamo che la paura non è una buona consigliera. (…) Due proposte: Che il Sinodo per il Medio Oriente previsto nell’ottobre 2010 includa anche la Diocesi dell’Africa del Nord, soprattutto per il rispetto delle minoranze cristiane e i rapporti di dialogo con l’Islam. Un colloquio sull’Islam in Africa, che tenga conto della varietà delle esperienza africane, da Tunisi a Johannesburg”.

Martedì 6 ottobre. Quarta Congregazione Nel pomeriggio del 6 ottobre si è tenuta la Quarta Congregazione Generale dell’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban (Sud Africa). Erano presenti 225 Padri Sinodali. Di seguito riportiamo alcuni estratti degli interventi nell’Aula del Sinodo:ARCIVESCOVO FRANÇOIS-XAVIER MAROY RUSENGO, DI BUKAVU (REPUBBLI­CA DEMOCRATICA DEL CONGO). “Partendo dai danni provocati dalle guerre e dalle violenze nella parte orientale del nostro paese, la Repubblica Democratica del Congo e, in particolare, nella nostra arcidiocesi di Bukavu, riteniamo che la riconciliazione non possa più limitarsi semplicemente ad armonizzare le relazioni interpersonali. Essa deve inevitabilmente prendere in considerazione le cause profonde della crisi delle relazioni che si collocano a livello degli interessi e delle risorse naturali del Paese, da sfruttare e gestire nella trasparenza e nell’equità a vantaggio di tutti. (…) Mentre prendiamo la parola in queste riunioni, gli agenti pastorali nella nostra arcidiocesi vengono attaccati dai nemici della pace. Una delle parrocchie della nostra arcidiocesi è stata incendiata venerdì 2 ottobre 2009, i sacerdoti sono stati maltrattati, altri presi in ostaggio da uomini in uniforme che hanno preteso un grosso riscatto che siamo stati costretti a pagare per risparmiare la vita dei nostri sacerdoti che essi minacciavano di massacrare. Con queste azioni, è la Chiesa, rimasta l’unico sostegno di un popolo terrorizzato, umiliato, sfruttato, dominato, che si vorrebbe ridurre al silenzio”. CARDINALE WALTER KASPER, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI (CITTÀ DEL VATICANO). “Mentre, grazie a Dio, vi è stata una rapida crescita della Chiesa in Africa, purtroppo si è verificata anche una frammentazione sempre più grande tra i cristiani. Pur non essendo, questa situazione, peculiare dell’Africa, è troppo facile ritenere che tali divisioni derivino dall’eredità del cristianesimo diviso che l’Africa ha ricevuto, poiché in Africa vi sono anche numerose nuove divisioni – basti pensare più di recente alle comunità carismatiche e pentecostali, alle chiese cosiddette indipendenti e alle sette. La loro diffusione a livello mondiale è estesa e la loro vitalità nel continente africano è rispecchiata dall’aumento delle Chiese indipendenti africane, che ora hanno creato un’istituzione ufficiale, l’OAIC con sede a Nairobi. (…) Il dialogo con questi gruppi non è facile e spesso è del tutto impossibile a causa del loro comportamento aggressivo e – per non dire altro – per il loro basso standard teologico. Dobbiamo affrontare questa sfida urgente con un atteggiamento di autocritica. Infatti, non basta dire che cosa è sbagliato in loro, dobbiamo domandarci che cosa è sbagliato o che cosa manca nel nostro lavoro pastorale. Perché tanti cristiani abbandonano la nostra Chiesa? Che cosa manca loro da noi e che cosa cercano altrove?”. VESCOVO MARTIN MUNYANYI, DI GWERU (ZIMBABWE). “Lo Zimbabwe ha vissuto esperienze socio-politiche molto difficili ed inumane risalenti ai periodi precoloniale, coloniale e postcoloniale che devono essere trattate con urgenza. Nella ricerca di una riconciliazione durevole, sarebbe un errore chiedere alle persone di dimenticare semplicemente il passato. C’è bisogno di riconciliazione non solo nel paese in generale, ma anche nella Chiesa, dato che vediamo ribollire la tensione in alcune nostre parrocchie a causa delle differenze linguistiche ed etniche. In Africa, quando parliamo di giustizia, parliamo certamente di parti coinvolte, che comprendono anche le famiglie. Le comunità hanno bisogno di riunirsi a discutere i loro problemi in uno scenario di ‘arbre à palabre’. E dovrebbe esserci una giustizia retributiva e riparatrice prima della morte di una delle parti in causa. Le questioni di giustizia nella Chiesa riguardano ovviamente il non pagare ai nostri lavoratori la somma corrispondente al giusto salario e il cattivo uso delle risorse della Chiesa da parte di sacerdoti a spese delle comunità. Alcune pratiche della Chiesa tendono ad avere pregiudizi contro le bambine. Per esempio la bambina viene punita mentre il bambino no. In quanto Chiesa locale abbiamo istituito strutture come la Commissione per la giustizia e la pace per dedicarci agli aspetti storici negativi della nostra esperienza”.VESCOVO ARMANDO UMBERTO GIANNI, O.F.M. CAP., DI BOUAR, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (REPUBBLICA CENTROAFRICANA). “Ci aspetta il delicato ma necessario compito di aiutare i sacerdoti che hanno problemi a ritrovare il cammino di verità. Aspettiamo dal sinodo una parola chiara e persuasiva su questo tema. Poi la sfida più grande: come aiutare i sacerdoti a formare delle vere famiglie sacerdotali. Si sente l’esigenza di avere un direttorio di vita sacerdotale. Se la nostra crisi ci ha apportato sofferenza ci aiuterà a crescere più armoniosamente. Abbiamo bisogno di intensificare l’unione profonda con Cristo. (…) La Chiesa è rimasta presente dappertutto nel paese. Anche nelle zone cosiddette rosse, cioè insicure; ha continuato a prestare la sua opera nelle scuole, nella sanità, vicino alle persone sfollate e handicappate. (…) Voglio far rimarcare la disponibilità data dal personale delle missioni in questo contesto di insicurezza per assicurare il servizio della mediazione tra forze governative e ribelli, a volte anche con i banditi. (…) Mi pare che la Chiesa abbia vocazione ad essere là, in questi luoghi umili e nascosti, per aiutare a spegnere sul nascere questi conflitti di casa. La sua voce è ascoltata e cercata, perché gode di credibilità”.VESCOVO GIOVANNI INNOCENZO MARTINELLI, O.F.M., Vicario Apostolico di Tripoli (LIBIA). “Sappiamo che nel continente africano vi sono più di dieci milioni di sfollati, di migranti che cercano una patria, una terra di pace. Il fenomeno di questo esodo rivela un volto d’ingiustizia e di crisi sociopolitica in Africa. In Libia viviamo tutta la tragedia di questo fenomeno… Venire in Libia per essere respinti dall’Europa… Vi sono migliaia di immigrati che entrano in Libia ogni anno, provenienti dai paesi dell’Africa sub-sahariana. La maggior parte di questi fugge dalla guerra e dalla povertà del proprio paese e arriva in Libia, dove cerca un lavoro per aiutare la famiglia oppure un modo per andare in Europa nella speranza di trovarvi una vita migliore e più sicura. (…) L’immigrazione è per molti una tragedia, soprattutto perché fatti oggetto di traffico, sfruttamento (le donne in particolare) e del disprezzo dei diritti umani. Ma ringraziamo il Signore per la loro testimonianza cristiana. È una comunità che soffre, che cerca, precaria ma piena di gioia nell’espressione della fede! E che in un contesto sociale e religioso musulmano rende la Chiesa credibile… e vive il dialogo della vita con molti musulmani”.VESCOVO JOSÉ NAMBI, DI KWITO-BIÉ (ANGOLA). “I venti della democrazia si fanno sentire più nella capitale che in altre zone del paese e con pochi mezzi di comunicazione sociale. Si constata la mancanza di una vera educazione civica dei cittadini, cosa che favorisce la manipolazione. Tutto ciò, unito all’analfabetismo in ambiente rurale, rende molto precaria la situazione. La coscienza critica delle persone è debole. Alcuni ritengono vero tutto quanto detto dai mezzi di comunicazione sociale. Per questo è urgente promuovere l’educazione civica dei cittadini e rafforzare la loro coscienza critica. Ciò significa anche promuovere la difesa della libertà di espressione e di opinione come appannaggio della democrazia e spazi di sviluppo. I laici che militano nelle diverse istituzioni civili, nei partiti politici, in Parlamento, sono chiamati a dare una vera testimonianza della riconciliazione, della giustizia e della pace. Perciò riteniamo fondamentale continuare a puntare sulla loro formazione a tutti i livelli”.quinta congregazione generale Mercoledì 7 ottobre, Quinta CongregazioneNel pomeriggio del 7 ottobre si è tenuta la Quinta Congregazione Generale, durante la quale i Padri Sinodali hanno proseguito gli interventi. Presidente delegato di turno è stato il Cardinale Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Senegal). Riportiamo di seguito estratti degli interventi nell’Aula del Sinodo:CARDINALE JEAN-LOUIS TAURAN, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO (CITTÀ DEL VATICANO). “La religione tradizionale africana (RTA) esercita ancora una forte influenza sugli africani che sono per natura religiosi. (…) I missionari cristiani non hanno fatto scoprire Dio agli africani (ne avevano già una percezione): essi hanno portato loro Gesù Cristo, il Dio che possiede un volto umano (Spe salvi, 31)! L’attività delle sette, a causa della semplicità delle credenze, seduce molto gli africani afflitti dalla precarietà. (…) Sarebbe opportuno che l’Assemblea Sinodale incoraggiasse lo studio della religione tradizionale africana, che invitasse a una maggior cura pastorale nei confronti di coloro che vivono a contatto con la RTA e che suggerisse ciò che è possibile fare insieme per il bene comune.(…) Lo sviluppo delle sette può essere considerato anche un invito rivolto ai pastori a curare maggiormente la trasmissione del contenuto della fede nel contesto culturale africano. Se vogliamo rispondere alla domanda: cosa ha da dire di nuovo agli africani il Vangelo?, è fondamentale conoscere e apprezzare le radici religiose dei popoli di questo continente”. ARCIVESCOVO TARCISIUS GERVAZIO ZIYAYE, DI BLANTYRE, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE DEI MEMBRI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI IN AFRICA ORIENTALE (A.M.E.C.E.A.) (MALAWI). “In quanto Chiesa in Africa (…) siamo chiamati a passare a una catechesi più matura, che promuova una vera identità cristiana e una profonda conversione dei cuori. È scoraggiante osservare che i cattolici oggi in Africa partecipino a scontri politici ed etnici, che i politici cattolici possano essere coinvolti in gravi casi di corruzione nella pubblica amministrazione e che alcuni dei nostri cattolici ricorrano a pratiche occulte nei momenti di difficoltà: tutto ciò ci dice che c’è ancora molto da fare per promuovere una fede che trasformi i cuori e una fede che renda giustizia. Occorre una formazione più seria, a tutti i livelli della Chiesa in Africa, nella dottrina sociale della Chiesa (CST) e una migliore penetrazione dell’inculturazione nella nostra teologia e non solo nei nostri rituali”. VESCOVO AMBROISE OUÉDRAOGO, VESCOVO DI MARADI (NIGER).“Nel Niger l’Islam è presente in modo massiccio e colora tutte le attività della vita sociale, culturale, economica e politica. Moschee e madrase sono presenti ovunque. Assistiamo anche alla creazione di orfanatrofi, centri sanitari ed enti di solidarietà. Alcuni nuovi movimenti islamici riformisti sostengono radio e televisioni private di indirizzo religioso allo scopo di formare i fedeli musulmani perché vivano e pratichino meglio la religione. (…) La Chiesa famiglia di Dio nel Niger, consapevole della sua situazione di minoranza, si impegna a vivere e testimoniare l’amore di Dio per essere al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. La Chiesa di Dio nel Niger fa del dialogo islamo-cristiano una priorità pastorale della sua missione evangelizzatrice. Senza pretendere di compiere atti straordinari o di prendere iniziative eccezionali, le comunità cristiane, sostenute e incoraggiate dai loro pastori, si impegnano a ricercare e vivere la fraternità universale in uno spirito di gratuità nei confronti dei loro fratelli e sorelle musulmani, attraverso il dialogo di vita, l’ascolto e il rispetto dell’altro, il servizio reciproco in occasione degli avvenimenti fondamentali della vita umana”. VESCOVO MAURICE PIAT, C.S.SP., DI PORT-LOUIS (MAURIZIO). “I genitori disarmati dinanzi alla violenza che si abbatte sulla loro famiglia o scossi dalla modernità che sconvolge i canali tradizionali di trasmissione dei valori, hanno bisogno di essere sostenuti. Quando la guerra lacera la loro famiglia, i genitori si domandano che senso possa ancora avere la loro vita e quali valori possono ancora trasmettere ai propri figli. (…) I genitori che sono vittima della violenza hanno anche bisogno di essere accompagnati nel loro cammino di guarigione (…) Quando attraverso le comunità ecclesiali viventi i genitori trovano risposta al loro desiderio di ritrovare il gusto di trasmettere e vengono messi a contatto con la Parola di Dio, scoprono, a partire dalle loro prove, un’inaspettata vicinanza con le sofferenze di Cristo che li incoraggia e ridona un senso alla loro vita. Accompagnare le famiglie su questo cammino pasquale appare essenziale, oggi, perché la Chiesa, Famiglia di Dio, sparga il sale del Vangelo in terra africana”. VESCOVO FULGENCE MUTEBA MUGALU, DI KILWA-KASENGA (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO). “Per essere efficace, la comunicazione ecclesiale deve diventare una priorità pastorale. Per questo, i mezzi di comunicazione sociale devono essere realmente messi al servizio dell’evangelizzazione ed essi stessi evangelizzati. È auspicabile, a questo proposito, che le nostre strutture ecclesiali e le nostre istituzioni ecclesiastiche dispongano, nella misura delle loro risorse materiali disponibili, di loro propri mezzi di comunicazione (radio, giornale, bollettini di informazione, sito internet, televisione, telefono, ecc.) e li utilizzino realmente. (…) I vescovi, i sacerdoti e i seminaristi, devono imparare ad utilizzare le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione pastorale, in particolare nella pastorale della giustizia, della pace e della riconciliazione. Le nostre popolazioni devono, anch’esse, essere educate all’utilizzo degli strumenti mediatici con discernimento e spirito critico, alla luce dei principi etici e dei diritti umani”. VESCOVO GEORGE NKUO, DI KUMBO (CAMERUN). “A parte l’avidità, la corruzione e la mancanza di fiducia nei nostri leader politici, uno dei maggiori ostacoli alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione in Africa è la povertà. (…) In Africa ci sono persone avide, compresi i nostri leader, che non si preoccupano dei loro fratelli e delle loro sorelle. Povertà significa impossibilità di rispondere ai bisogni fondamentali che sono il cibo, l’acqua e la casa. Povertà significa che nella comunità non c’è sicurezza. Povertà significa che non ci sono i mezzi per curare la propria famiglia. Povertà significa che i nostri figli non possono sperare in un futuro in cui avranno una famiglia e mezzi di sostentamento. Povertà significa che la tristezza e la paura hanno preso il posto della gioia e della serenità. È questa la povertà in molte parti dell’Africa. La povertà è la causa principale della fame C’è povertà in Africa, eppure l’Africa possiede quasi tutto ciò che serve per essere il continente più ricco del mondo. (…) È vero che non vi sono soluzioni pronte per risolvere la povertà su larga scala, ma da qualche parte dobbiamo cominciare”. Giovedì 8 ottobre, Sesta Congregazione La mattina dell’8 ottobre ha avuto luogo la Sesta Congregazione Generale. Erano presenti 227 Padri Sinodali. Presidete Delegato di turno è stato il Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi: PADRE KIERAN O’REILLY, S.M.A., SUPERIORE GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE MISSIONI AFRICANE. “Ispirate dal loro impegno di fede e istruite nella dottrina sociale della Chiesa, molte congregazioni missionarie e religiose hanno costituito delle reti per affrontare la sfida. Mi riferisco in particolare al lavoro della rete Africa Faith and Justice Network. Queste reti si preoccupano in modo particolare di affrontare le questioni dell’ingiustizia strutturale radicata nelle politiche europee e statunitensi che hanno un impatto negativo sull’Africa. Come ‘Famiglia di Dio’, la Chiesa è sfidata a testimoniare e a promuovere l’universalità dell’amore di Dio per le persone e per l’unità futura dell’umanità. (…) La testimonianza delle comunità missionarie e religiose internazionali è tanto importante quanto urgente. (…) L’Africa è trattata in modo inadeguato dai mezzi di comunicazione di massa, che si interessano quasi esclusivamente delle cattive notizie, creando così l’immagine largamente accettata di un continente in uno stato di crisi costante. Anche l”industria degli aiuti’ si alimenta vendendo stereotipi negativi e superati sugli africani come vittime indifese di guerre infinite e di carestie costanti. La gente dell’Africa deve assumere un ruolo più centrale in quello che all’estero si racconta dell’Africa. E le congregazioni e gli istituti missionari internazionali si trovano in una posizione ideale per essere di aiuto in questo processo”. ARCIVESCOVO MARCEL UTEMBI TAPA, DI KISANGANI (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO). “La dimensione politica della pace invita la Chiesa che è in Africa a inventare nuovi metodi di presentazione del suo insegnamento sociale, fondato su valori evangelici capaci di favorire la pace e l’intesa tra i popoli. Convenendo che la pace è anzitutto un dono di Dio, proponiamo che la Chiesa in Africa si impegni sempre di più affinché la classe politica africana sia veramente al servizio del bene comune. A tale fine la Chiesa dovrà curare e rafforzare l’accompagnamento e la formazione degli uomini politici alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa. Affinché si realizzi un programma trasversale ed ecumenico per l’educazione civica delle popolazioni al fine di promuovere una coscienza civica e la partecipazione responsabile delle popolazioni locali alla gestione del patrimonio dei rispettivi paesi”. VESCOVO LOUIS NCAMISO NDLOVU, O.S.M., DI MANZINI (SWAZILAND). “La Chiesa cattolica nello Swaziland è ancora giovane, essendo giunta nel 1914. Conta circa 55.000 fedeli su una popolazione di un milione di persone, il che significa che solo il cinque per cento dei cittadini è cattolico. Sebbene rappresenti una minoranza, è comunque la Chiesa cristiana più grande del paese. (…) Negli ultimi anni, il rapporto tra la Chiesa e i leader tradizionali e politici è diventato ambivalente. La Chiesa continua a ricevere l’apprezzamento del governo per i suoi interventi nel campo dell’educazione, della salute e dei programma di sviluppo. Come Chiesa continuiamo a mettere in discussione il sistema di governo, poiché riteniamo che contribuisca al grave livello di povertà nel paese. Il governo critica la Chiesa perché si esprime su questioni politiche, affermando che il suo dovere dovrebbe limitarsi alla liturgia e al culto e che non dovrebbe essere presente nella vita sociale e politica della gente. Questo ha fatto sì che ricevessimo il sostegno di alcuni membri della società civile, tra cui i sindacati e i partiti politici e i movimenti messi al bando. Ci troviamo quindi in mezzo a due forze contrapposte. Ciò offre alla Chiesa un’opportunità unica, poiché può servire sia il governo che i membri della società civile”. VESCOVO NICOLAS DJOMOSLOLA, DI TSHUMBE, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA CONFERENZA DEMOCRATICA DEL CONGO. “Deploriamo il fatto che le sofferenze e le vite umane falciate dalle guerre nella Repubblica Democratica del Congo non abbiano suscitato la stessa indignazione e la stessa condanna che suscitano quando avvengono sotto altri cieli. Come spiegare altrimenti la ricomparsa e la virulenza delle violenze che continuano a essere condannate a parole senza prendere iniziative efficaci per mettere fine una volta per tutte alle loro cause? Non facciamo parte forse della stessa umanità? (…) A tal fine suggeriamo che questo Sinodo esorti anzitutto tutti i cristiani, nel nome della nostra fede in Gesù Cristo, che con il suo sacrificio supremo sulla croce ci ha dato la vera misura della dignità di ogni persona umana, e poi tutti gli uomini e le donne di buona volontà, nel nome della nostra comune umanità, a condannare e a denunciare pubblicamente i mandanti delle guerre e delle violenze in Africa. Altrimenti saremo complici del male fatto al nostro fratello”. VESCOVO PETER MARTIN MUSIKUWA, DI CHIKWAWA (MALAWI). “Essendo ‘Chiese domestiche’, luoghi di perdono, di riconciliazione e di pace, la maggior parte della famigli africane non godono una completa armonia. Esse devono affrontare numerose sfide come i problemi legati all’Aids, alla globalizzazione multiculturale, il deterioramento del valore culturale del matrimonio, l’influenza politica e la mancanza di modelli di ruolo. Il vero amore e la riconciliazione difettano. Un accompagnamento pastorale qualitativo, una catechesi continua per il matrimonio e la vita famigliare è ancora necessario. Ciò si può svolgere a diversi livelli: Conferenza episcopale, Diocesi e Parrocchia. Accanto a questi Movimenti/Associazioni cristiane, quali i Movimenti familiari, gli incontri sul matrimonio cristiani possono essere utili”.ARCIVESCOVO BUTI JOSEPH TLHAGALE, O.M.I., DI JOHANNESBOURG, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (SUD AFRICA). “I valori morali fanno parte delle diverse culture africane, mentre i valori evangelici, sono minacciati dalla nuova etica globale che cerca, in modo aggressivo, di convincere i governi e le comunità africane, ad accettare nuove e diverse concezioni della famiglia, del matrimoni e della sessualità. Le culture africane sono poste sotto una forte pressione dal liberalismo, il secolarismo ed i gruppi di pressione che campeggiano davanti alla sede delle Nazioni Unite. L’Africa affronta nello stesso tempo una seconda colonizzazione più sottile e più spietata. (…) I laici, in virtù del battesimo, hanno un ruolo significativo. Essi devono testimoniare sulla pubblica piazza, nelle proprie famiglie, e sul luogo di lavoro. La loro voce cristiani di fronte alle numerose sfide dell’Africa, è debole, resa sorda o semplicemente ridotta al silenzio. La gerarchia è privata di interlocutori credibili nell’opera di trasformazione dell’Africa. I laici cattolici devono vedersi riconoscere un ruolo in modo di poter tener testa ed essere tenuti in considerazione per la loro fede cattolica. La gerarchia non può fare tutto da sola”. Giovedì 8 ottobre, Settima CongregazioneAlle ore 16,30 dell’8 ottobre, è iniziata la Settima Congregazione Generale, alla quale sono intervenuti 212 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazio­ne per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. La Congregazione Generale si è conclusa alle ore 17:30 per permettere ai Padri Sinodali di partecipare al concerto “I giovani contro la guerra ‑ 1939‑2009” presso l’Auditorium della Conciliazione di Roma, alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI.  Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi nell’Aula del Sinodo.CARDINALE ANDRÉ VINGT-TROIS, ARCIVESCOVO DI PARIS, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (FRANCIA). “Le nostre Chiese europee hanno potuto rallegrarsi nel vedere le Chiese africane sub-sahariane raggiungere la maturità con una gerarchia propria, un proprio clero, proprie comunità religiose, propri laici, profondamente coinvolti nella vita delle parrocchie e nell’annuncio del Vangelo in terra africana. Da qualche anno, i nostri rapporti si sviluppano in un autentico scambio di doni. Certamente, molte diocesi o parrocchie francesi sono impegnate in un aiuto concreto a diverse Chiese in Africa. Ma oggi molte nostre parrocchie ricevono anche un aiuto importante dalle diocesi africane. (…) È necessario che i rapporti tra i due vescovi (il vescovo in Africa e il vescovo in Francia) siano più chiari possibile. Ogni volta queste condizioni preliminari vengono trascurate, il fatto va a scapito della missione e a scapito del sacerdote. Le difficoltà che incontriamo non devono nasconderci la ricchezza dei rapporti tra le nostre Chiese né impedirci di rendere grazie per lo scambio di doni che viviamo”. CARDINALE ANTHONY OLUBUNMI OKOGIE, ARCIVESCOVO DI LAGOS (NIGERIA). “Gli africani sono generalmente conosciuti come persone molto religiose. L’idea di Dio o della divinità è innata in noi. Pertanto, non sorprende che due delle religioni più diffuse al mondo, il Cristianesimo e l’Islam, siano state accolte con calore nel continente. È triste, però, constatare come spesso, di queste due religioni, si sia fatto cattivo e come siano state fatte diventare una fonte di conflitti mortali in Africa. Ciononostante, molti genitori difficilmente riescono ad adempiere alle loro responsabilità verso la famiglia senza una vita familiare di preghiera organizzata, consapevole, consistente e seria o, detto in termini più semplici, senza ricorrere a Dio nei momenti di difficoltà, di gioia e di dolore. Essi sanno e credono fermamente che solo Dio può cambiare, benedire e rendere forte la famiglia. (…) Per quanto le cose sembrino andare male, per quante soluzioni possiamo proporre, se queste non sono benedette da Dio, mi domando quanto possa essere duraturo il nostro successo, sempre che ci sia”. VESCOVO MATTHEW KWASI GYAMFI, DI SUNYANI (GHANA). “In alcune parti dell’Africa, per via della cultura e della tradizione popolare esistenti prima della venuta della Chiesa, molti africani praticano, senza colpa, la poligamia. Per questo, molte donne che frequentano la Chiesa cristiana si vedono rifiutare i Sacramenti del Battesimo, della Confessione e del Matrimonio. (…) In alcune parti dell’Africa molte donne frequentano la Chiesa con regolarità e partecipano attivamente a tutte le iniziative ecclesiali, ma non possono accostarsi ai Sacramenti del Battesimo, della Confessione e del Matrimonio, senza contare i tanti funerali cristiani negati perché i defunti non erano stati battezzati. È necessario che la Chiesa affronti questa situazione dolorosa e mortificante dell’Africa conferendo speciali privilegi alle donne che sono state le prime mogli con prole e che senza colpa sono divenute vittime di matrimoni poligami, affinché possano ricevere il Battesimo e tutti gli altri Sacramenti. Ricevere i sacramenti farà sì che queste donne provate possano condividere la pace e la riconciliazione offerte dalla compassione e dalla pace di Nostro Signore Gesù Cristo, che non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. VESCOVO JOHN ANTHONY RAWSTHORNE, DI HALLAM, PRESIDENTE DELLA “CATHOLIC AGENCY FOR OVERSEAS DEVELOPMENT” (C.A.F.O.D.), DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI INGHILTERRA E GALLES (GRAN BRETAGNA). “Con il sostegno delle agenzie cattoliche internazionali, la Chiesa in Africa si confronta con l’HIV e l’AIDS già da molto prima del primo Sinodo per l’Africa. Oggi la preoccupazione sembra scemare, anche se per molti africani il problema resta grave. La solidarietà cattolica dovrebbe continuare a sostenere l’impegno a lungo termine della Chiesa in Africa per aumentare la consapevolezza, accompagnare le persone malate e quelle colpite, per formare i giovani e per affrontare questa grande sfida”. VESCOVO EDWARD GABRIEL RISI, O.M.I., DI KEIMOES-UPINGTON (SUDAFRICA). “Nel proclamare il Vangelo e nel cercare di approfondirne il significato e la pratica in Africa ci si trova dinanzi alle stesse sfide che incontra la cultura. La Chiesa, dunque, si trova in una posizione privilegiata, perché nel suo sforzo di promuovere i valori del Vangelo condivide una sfida simile a quella che affrontano i popoli dell’Africa nel loro impegno per preservare e promuovere quei valori della loro eredità culturale che hanno a cuore. Il creare opportunità di dialogo offre alla Chiesa l’occasione per comprendere quanti sperimentano l’alienazione in un’Africa sempre più secolarizzata e globalizzata, con i suoi dolorosi ricordi della colonizzazione e dell’oppressione. È importante l’impegno per un dialogo aperto e sincero al fine di forgiare il cammino per andare avanti, affinché l’influenza del Vangelo, come quella della cultura, non vada dispersa tra le voci emergenti in Africa. In particolare, un rinnovato impegno con il SECAM può diventare un importante strumento di dialogo nel nostro continente” Venerdì 9 ottobre, Ottava Congregazione Nella mattina del 9 ottobre ha avuto luogo l’Ottava Congregazione Generale, alla presenza del Santo Padre. I Padri Sinodali presenti erano 210. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Senegal). Riportiamo di seguito estratti di alcuni interventi. VESCOVO JANOZGA, DE DOUMÉ-ABONG’ MBANG (CAMERUN). “Per produrre auspicato, questa seconda Assemblea sinodale per l’Africa, deve passare – mi sembra estremamente importante – attraverso la famiglia africana, dal momento che la formazione di una nuova cultura della riconciliazione, della giustizia e della pace è un’opera familiare prima ancora che sociale. Se questi tre valori traggono origine e fondamento dalla famiglia, la loro cultura può estendersi a livello dell’intera società africana. (…) La giustizia è il giusto apprezzamento, il riconoscimento, il rispetto dei diritti e del merito di ciascuno. La famiglia è chiamata a educare alla vera giustizia, la sola che porta al rispetto della dignità personale di ognuno”. VESCOVO ALBERT VANBUEL, S.D.B. DI KAGA-BANDORO (REPUBBLICA CENTROAFRICANA). Negli ultimi mesi abbiamo deplorato le manifestazioni di divisione fra i sacerdoti, fra sacerdoti e Vescovi, fra sacerdoti e laici; non è questo il Vangelo che dobbiamo annunciare. Siamo stati chiamati ad edificare una Chiesa unita dallo Spirito di Dio che ci guida. Possiamo, nel contempo, lacerare il Corpo di Cristo. L’Anno Sacerdotale donatoci dal Santo Padre, può ispirarci ed offrirci un orientamento: fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote e fedeltà di ogni battezzato. Esiste un’aspirazione generale ad un tempo di pace, di giustizia e di riconciliazione. Gli avvenimenti che abbiamo vissuto e che continuiamo a vivere in questo tempo ci dimostrano che esiste sempre una ragione di speranza e che la notte nella quale viviamo si annunciano l’alba e il nuovo giorno. Ognuno di noi è debole, peccatore, ma uniti dobbiamo ascoltare la Parola di Dio, dobbiamo viverla e ci darà la forza della perseveranza di una testimonianza autentica” ARCIVESCOVO JOSEPH KUMUONDALA MBIMBA, DI MBANDAKA-BIKORO (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO). “Dallo stabilirsi della Chiesa in Africa e in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, l’educazione ha sempre beneficiato di una singolare attenzione. Grazie alla Chiesa, le scuole di tutti i livelli e gli istituti superiori e le università costituiscono luoghi di apostolato. (…) La crisi multiforme legata a guerre a ripetizione ha comportato conseguenze deplorevoli nel settore dell’educazione. (…) Un’educazione che non è garantita, compromette l’avvenire di generazioni di giovani e sacrifica le potenzialità che sarebbero servite a tutta la nazione. Ciò è ingiusto e non garantisce la pace. Poiché i giovani frustrati sono alla mercede dei peccatori in acqua agitate. In un clima di compiacenza che scaturisce da pratiche disoneste, la qualità dell’insegnamento non è garantita. Gli organizzatori, i gestori e i genitori sono consapevoli che i diplomi consegnati non rappresentano un livelli intellettuale e morale appropriato alle esigenze del mondo scientifico e del lavoro”. VESCOVO FRANKLYN NUBUASAHM. S.V.D., VICARIO APOSTOLICO DI FRANCISTOWN (BOTSWANA). “Botswana è un piccolo paese stabile e democratico, (…) un paese mediamente ricco che attira persone provenienti da altre regione africane. (…) Noi accogliamo un buon numero di rifugiati che domandano asilo. Costituiamo un porto di pace perché all’interno del nostro meccanismo tradizionale chiamato kgotla, cioè il tribunale, il dialogo è rispettato. Per noi, la più grande guerra è fatta di parole. La Chiesa ha introdotto questa pratica culturale nelle parrocchie per aiutare a fare e a promuovere la pace e la compressione. Oggi vi è una pressione riguardo alle nostre risorse, il nostro mercato del lavoro e le nostre installazioni sanitarie dovuto all’afflusso di persone in ragione della situazione politica e sociale nella regione. Siamo preoccupati per la xenofobia che è la conseguenza delle dura crisi economica attuale. La Chiesa a promosso la pace e la fraternità verso le persone. Le minoranza non hanno bisogno di usare le violenza per far conoscere i propri problemi. L’Aids è una sfida per i paesi del sud dell’Africa. Il Botswana lavora duramente per sviluppo dell’educazione per prevenire nuove infezioni. Il trattamento è disponibile per i cittadini, ma purtroppo non lo è per i rifugiati, né per gli stranieri che vivono nel paese. L’Aids ha sconvolto le fondamenta della società del Botswana. Esso può essere potenzialmente impiegato come arma di guerra e di conflitto. Come perdonare qualcuno che vi ha contagiato volontariamente con il virus mortale?”. VESCOVO EVARISTUS THATHO BITSOANE, DI QACHAS’S NEK, PRESIDENTE DELA CONFERENZA EPISCOPALE (LESOTHO). “La Chiesa del Lesotho, come tante chiese in Africa, è impegnato nella sanità, nell’educazione e nel servizio ai poveri. Il Lesotho è per il 50% circa cattolico e la Chiesa possiede la maggioranza delle scuole del paese. In funzione di tale cifra, si potrebbe sperare che i principi cattolici possano prevalere nel funzionamento del paese. Al contrario le persone aderiscono a tutto ciò che permetterà loro di avere il pane sulla mensa, anche se ciò deve essere in opposizione con l’insegnamento della Chiesa. Un gran numero di paesi africani hanno firmato il Protocollo di Maputo, e il Lesotho non ha fatto eccezione. Benché i servizi dei nostri ospedali cattolici sono apprezzati da molti, temiamo che un gran numero di aborti venga praticato negli ospedali privati. E ciò di cui la Chiesa del Lesotho ha bisogno urgentemente, per continuare il suo servizio ai poveri, e ciò che le Chiese Sorelle del mondo sviluppato influenzano il proprio governo al fine di non imporre ideologie che siano estranee all’Africa. Durante questo periodo di transizione fino alla sua autonomia finanziaria, l’Africa ha ancora bisogno del sostegno delle Chiese Sorelle del mondo sviluppato”. ARCIVESCOVO JORGE ENRIQUE JIMENEZ CARVAJAL, C.I.M., DI CARTAGENA EN COLOMBIA (COLOMBIA). Migliaia e migliaia di essere umani di razza negra arrivarono in tutta l’America dove si faceva lavorare fino alla morte. (…) Pedro Claver attendeva “le barche di negri” con ‘una differente prospettiva per quelli che facevano affari con lui. Per quei commercianti arrivavano ‘schiavi per il lavoro, per l’apostolo arrivavano figli di Dio, che volevano ascoltare tutta la verità del Vangelo. (…) Africa è la ‘Patria Grande’ tutti i nostri negri dal Canada alla Terra del Fuoco, includendo tutte le meraviglie della presenza di questa razza nelle Antille e nei Carabi. Quante cose che fanno grande il Continente Americano sono state possibili con il contributo dei negri eredi di tante ricchezza che sono nascoste a questa razza, di tanta ricchezza, di simboli che arricchiscono con l’andare del tempo il messaggio cristiano, di tanta allegria nel credere nella fede, così che la vita è dura con essi. La storia dell’Africa in America non è cosa di ieri, è un oggi vivente. Per questo credo che questa Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo del Sinodo deve riservare ugualmente una parola per le ‘Negritudini’ americane (spero che abbiamo notato che uso la parola ‘americano’ per designare tutta l’America, del Nord, del Centro, delle Antille, del Caribe, e l’America del Sud). Gran parte del cuore di coloro che vivono in Africa e che continuerà a vivere in Africa e quello che accada a loro qui lo apprezzeranno e vivranno come proprio.Venerdì 9 ottobre, Nona CongregazioneNel pomeriggio di venerdì 9 ottobre si è tenuta, in presenza del Santo Padre e di 215 Padri Sinodali, la Nona Congregazione Generale, durante la quale sono continuati gli interventi in Aula. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Senegal). Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi:ARCIVESCOVO HENRYK HOSER, S.A.C., VESCOVO DI WARSZAWA-PRAGA (POLONIA). “L’educazione ai valori familiari è una necessità urgente nel mondo e, in modo particolare, in Africa, in un momento in cui le crescenti pressioni esterne rimandano l’esercizio della paternità e della maternità responsabili alla sfera puramente sanitaria e ospedaliera, negando in ciò la doppia natura, spirituale e sensibile, dell’amore coniugale. La pastorale familiare e, in particolare, la trasmissione della vita sono state quasi demandate alla medicina e alla tecnica. Esistono già dei programmi: ventisei paesi africani beneficiano di programmi di educazione alla vita familiare e di pianificazione naturale (EVF e PFN) allo stato embrionale o strutturato. Ma si è troppo deboli per potersi permettere di avanzare in ordine sparso. La Federazione africana d’Azione familiare, fondata a Cotonou nel 2001, offre, su richiesta dei vescovi, incontri di formazione per gli educatori e le coppie”.CARDINALE BERNARD AGRÉ, ARCIVESCOVO EMERITO DI ABIDJAN (COSTA D’AVORIO). “Come tutti i paesi organizzati, le giovani nazioni dell’Africa hanno dovuto fare ricorso a banche internazionali e ad altri organismi finanziari per realizzare i numerosi progetti volti al loro sviluppo. Molto spesso i dirigenti poco preparati non sono stati molto attenti e sono caduti nelle trappole di coloro, uomini e donne, che gli intenditori chiamano “gli assassini finanziari”, sciacalli mandati da organismi avvezzi ai contratti sleali, destinati ad arricchire le organizzazioni finanziarie internazionali abilmente sostenute dai loro stati o da altre organizzazioni immerse nel complotto del silenzio e della menzogna. (…) Il debito diviene esso stesso un paravento politico per non soddisfare le legittime rivendicazioni, con il seguito di frustrazioni, disordini sociali, ecc. (…) L’attuale Sinodo dovrebbe considerare questo problema dell’annullamento dei debiti che incidono in modo troppo pesante su alcuni popoli. Per non fermarsi soltanto all’aspetto sentimentale, la mia proposta sarebbe che una Commissione internazionale, composta di esperti dell’alta finanza, pastori bene informati, uomini e donne del Nord e del Sud, prendesse in mano il problema. A questa Commissione verrebbe affidata la triplica missione di: studiare la fattibilità dell’operazione essendo evidente che non tutto è uguale dappertutto; prendere ogni tipo di provvedimento per evitare di ricadere nelle stesse situazioni; sorvegliare concretamente l’uso trasparente delle somme così economizzate, perché siano effettivamente utili a tutti gli elementi della piramide sociale: contadini e abitanti della città. Evitare che dalle ricadute di questa abbondante manna del secolo traggano vantaggio sempre le stesse persone, del luogo e gli stranieri”. ARCIVESCOVO PETER J. KAIRO, DI NYERI (KENYA). “I nomadi vivono e sono attivi da secoli in 52 diocesi dei paesi dell’AMECEA; sono presenti anche in Africa Occidentale e nel Nord Africa. Talvolta hanno causato e dato inizio a conflitti armati a causa della carenza di acqua e di pascoli, soprattutto durante i periodi di siccità. La Chiesa deve promuovere il dialogo tra queste diverse tribù, dove il ruolo degli anziani è molto importante visto che i guerrieri non possono fare scorrerie senza la loro benedizione. Il governo dovrebbe impegnarsi anche a realizzare pozzi e dighe nelle zone aride. Le strutture sanitarie ed educative dovrebbero anche essere offerte e promosse fra i pastoralisti. La commissione giustizia e pace dovrebbe fornire al popolo nomade un’educazione sui diritti umani. I genitori dovrebbero essere incoraggiati a educare le figlie femmine. Nelle parrocchie di quest’area diventa estremamente difficile per il sacerdote dedicare un’attenzione pastorale adeguata alla gente. Pertanto, i nomadi che si spostano spesso rimangono indietro rispetto alle comuni attività parrocchiali tradizionali. Occorre che la Chiesa metta in atto nuove forme di evangelizzazione e di attenzione pastorale per la popolazione nomade. Ciò dovrebbe includere la nomina di sacerdoti nomadi, di coordinatori pastorali nomadi e di catechisti nomadi, nonché scuole mobili, assistenza sanitaria per i pastori e centri ecclesiali mobili”. ARCIVESCOVO BONIFACE LELE, DI MOMBASA (Kenya). “Lo stigma associato all’Aids è troppo pesante perché le persone, come individui e come comunità, possano portarlo da sole. (…). Le persone dovrebbero trovare in noi coraggio e speranza. Si sentono dire dai loro leader religiosi, dalla loro famiglia, che in qualche modo sono loro stesse responsabili della malattia. Dobbiamo aiutare la nostra gente a capire che l’HIV/Aids è una malattia e che è sbagliato dare la colpa a se stessi. (…). Ho visto famiglie allontanare la nuora e i bambini a causa del sospetto. Respingere i bambini da parte della famiglia è un abominio. È un peccato grave agli occhi di Dio. È una distorsione del messaggio evangelico di Gesù, che è amore, perdono, riconciliazione, ritorno alla famiglia di Dio. (…) L’Aids/HIV è un kairos che ci sfida a rivelare quanto siano profondi alcuni dei nostri peccati. C’era un uomo che stava morendo di Aids e io ho avuto l’onore di essergli accanto negli ultimi giorni. L’ho osservato lottare con le sue scelte di vita e con la vergogna per la sua malattia, lo stigma che la società gli aveva imposto. Ho iniziato a comprendere la mia umanità e la mia condizione di peccatore quando ha alzato la mano per toccare la croce che indossavo. Ho percepito la sua accettazione di sé e il perdono di Dio e la sua salvezza. È stato in quel momento che mi ha chiesto di prendermi cura dei suoi figli, poiché lui non poteva più farlo. Ho sentito la sua fiducia in me come fratello e Pastore. Dio mi ha sfidato ad accettare me stesso, ad essere riconciliato con me stesso”. Di seguito hanno preso la parola diversi uditori, dei quali riportiamo una sintesi di due interventi: LAURIEN NTEZIMANA, LAUREA IN TEOLOGIA, DIOCESI DI BUTARE (RWANDA). “Tra il 1990 e il 1994 ho utilizzato il principio di “bonne puissance” nell’ambito del Servizio di animazione teologica affidatomi dal vescovo della diocesi di Butare, il compianto Mons. Jean Baptist Gahamanyi, per formare i responsabili delle comunità cristiane alla dimensione pubblica della fede; tra aprile e luglio del 1994, il principio di “bonne puissance” mi ha permesso di sopravvivere al genocidio e di aiutare con tutte le mie forze i miei fratelli e le mie sorelle tutsi; tra settembre del 1994 e settembre del 1999 ho utilizzato il principio di “bonne puissance” per formare animatrici e animatori che hanno saputo portare la Buona Novella sulle colline di Butare, nel terribile contesto dell’immediato dopo-genocidio; il premio per la pace di Pax Christi International del 1998 è giunto in riconoscimento del valore universale di questo lavoro”. DOTTORESSA ELENA GIACCHI, GINECOLOGA DEL CENTRO DI STUDI E RICERCHE PER LA REGOLAZIONE NATURALE DELLA FERTILITÀ, UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE (ROMA), PRESIDENTE DI WOOMB-ITALIA (COORDINAMENTO NAZIONALE DEL METODO DI OVULAZIONE BILLINGS ITALIA (ITALIA). “L’insegnamento e la diffusione del Metodo dell’Ovulazione Billings (MOB) in tutto il mondo, sono stati sempre accompagnati dalla proposta di uno stile di vita che promuove l’amore coniugale, l’unità della famiglia, il rispetto per la donna e l’apertura generosa all’accoglienza della vita. Per la sua semplicità il MOB può essere usato da tutte le coppie indipendentemente dal livello di istruzione, dalla religione o dallo stato socioeconomico, ed accolto non solo da Cattolici ma anche da Musulmani, Hindù e persone di ogni credo religioso. La coppia, può gestire la propria fertilità in modo naturale, sia per ottenere,× sia per evitare la gravidanza in ogni situazione della vita fertile: cicli regolari, irregolari, allattamento al seno, premenopausa. L’insegnamento del metodo contribuisce a: 1 )promuovere la famiglia e la procreazione responsabile nel rispetto della vita, dell’ amore e della fedeltà coniugale; 2)promuovere la dignità della donna; 3)prevenire l’aborto; 4)evitare il ricorso alla fecondazione artificiale consentendo alle coppie sub‑fertili di ottenere la gravidanza nel rispetto dei valori etici; 5)prevenire le malattie a trasmissione sessuale, educando i giovani ad una sessualità matura che integra la dimensione spirituale, corporea, psicologica. Il MOB può favorire la diffusione di valori umani e cristiani contribuendo all’impegno pastorale e all’evangelizzazione”. L’Assemblea si è conclusa con l’intervento di un Inviato Speciale del Santo Padre: Rudolf Adada ex rappresentate speciale congiunto della Segreteria Generale delle Nazioni Unite e del Presidente della Commissione dell’Unione Africana in Darfur (Sudan). Di seguito riportiamo una sintesi del suo discorso:“Il Sudan è il più grande paese africano. E’ una cerniera fra due mondi: l’Africa e il Mondo Arabo. Confina con 9 paesi africani. Dall’ Indipendenza (1 gennaio 1956) si può dire che conosciuto la pace solo sporadicamente. L’Accordo di Pace Globale (CPA) che ha messo fine a più di 20 anni di guerra civile fra il Nord e il Sud, ha suscitato molte speranze. Per la prima volta si intravede un Sudan democratico. Nel momento nel quale la violenza sembra diminuire in Darfur, preoccupa osservare che giustamente ora nel Sud riprendono i massacri. La pace sarà forse ‘il masso di Sisifo’ che per maggior disgrazia dei sudanesi, ricade giù non appena si crede di aver raggiunto la cima della montagna? Il Sudan è uno. E’ necessario che la comunità internazionale pensi “Sudan” e non più “Darfur e Sud”. In questa visione olistica, la Chiesa ha un ruolo importantissimo da svolgere in un Sudan pluralista, fra un Sud cristiano e animista ed il Nord musulmano, dove è situato il Darfur. Fu il sogno di una grande sudanese John Garang, il sogno di un nuovo Sudan in pace, in un’Africa in pace”. Sabato 10 ottobre, Decima CongregazioneLa Decima Congregazione Generale della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, si è tenuta nella mattina di sabato 10 ottobre nell’Aula del Sinodo. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban (Sud Africa). Erano presenti all’Assemblea 211 Padri Sinodali. Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi. VESCOVO ALMACHIUS VINCENT RWEYONGEZA, DI KAYANGA (TANZANIA). “I matrimoni misti hanno fomentato il sorgere di incomprensioni tra i sacerdoti cattolici e i pastori di diverse comunità cristiane. Inoltre, il problema irrisolto della scarsa conoscenza degli obblighi dei sacerdoti cattolici, dispute su dove debbano essere celebrati i sacramenti gettano le prime basi di divisione su come praticare la propria fede. Nella maggior parte di questi matrimoni, i genitori sono divisi perché entrambi vorrebbero battezzare e crescere i figli nella propria fede. C’è una crescente tendenza da parte dei genitori, in molti matrimoni misti, a ignorare la tradizione comune di trasmettere valori cristiani. (…) È giunto il momento che la posizione della Chiesa riguardo ai matrimoni misti venga rivista e riesaminata la catechesi sui matrimoni misti. Se questi due passi per tutelare la famiglia non vengono intrapresi, gli sforzi per promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace rimarranno inadeguati”. ARCIVESCOVO TELESPHORE GOERGE MPUNDU, DI LUSAKA (ZAMBIA). “Nello Zambia, le donne sono troppo spesso vittime di abusi, violenze domestiche che talvolta portano alla morte, pratiche culturali e consuetudinarie discriminatorie e leggi scritte palesemente pregiudiziali verso di loro. Noi vescovi dobbiamo parlare in modo più chiaro e insistente in difesa della dignità delle donne alla luce delle Scritture e della Dottrina sociale della Chiesa. (…) Per promuovere il rispetto delle donne e la loro integrazione nelle strutture ecclesiali di responsabilità, decisionali e progettuali, invitiamo il Sinodo a raccomandare a tutte le diocesi di istituire o consolidare l’apostolato familiare e gli uffici che trattano il problema femminile, rendendoli operativi e pienamente funzionanti”. VESCOVO GABRIEL LEKE ABEGUNRIN, DI OSOGRO (NIGERIA). “Una delle più grandi sfide di cui questo Sinodo deve esaminare è il la sorte di un considerevole numero di immigrati africani presenti in tutti i paesi dell’Occidente. Poiché la crisi economica ha colpito, molti di questi paesi occidentali hanno emesso leggi di difesa e strutture per far rinascere le proprie economie. Sfortunatamente fra questi metodi, le legislazioni create quasi negano i diritti umani degli immigrati, specialmente quelli provenienti dall’Africa. In Italia, in particolare, l’immigrazione senza regole è stata considerata un crimine e l’assistenza per gli immigrati da parte di organizzazioni volontarie di carità, sono state volontariamente messe da parte. (…) In Africa, da Nord a Sud, da est a Ovest, i nostri giovani sono la forza maggiore ma anche le prime vittime della violenza etnica, del genocidio, del banditaggio armato, della criminalità, del traffico di esseri umani, della corruzione e del malgoverno. In tutto ciò, la profetica voce della Chiesa deve essere ascoltata senza ambiguità”. VESCOVO JOSEPH EFFIONG EKUWEM, DE UYO (NIGERIA). “San Paolo Apostolo ci ricorda che noi lottiamo con le principalità ed i poteri dei governanti dell’oscurità e ci domanda di armarci per resistere alla manipolazione. (…) La Chiesa ha riorganizzato ciò ed ha fornito riti di esorcismo e ha accettato gli esorcisti. Ciò sembra caduto in disuso negli ultimi decenni. (…) Ogni ordinario dovrebbe nominare un esorcista per la sua chiesa particolare. Noi dobbiamo al nostro popolo, secondo il nostro incarico di insegnamento, dobbiamo insegnare e salvare dalle fauci del falso credo e terribili pratiche occulte come me magia”. ARCIVESCOVO DENIS KIWANUKA LOTE, DI TORORO (UGANDA). “Altrove nel mondo ci viene detto che il cambiamento climatico è causato da culture intensive, smaltimento improprio dei rifiuti e i rifiuti industriali. Il risultato di tutto ciò è la desertificazione, l’esaurimento delle falde acquifere e la contaminazione dell’acqua e le malattie. (…) Il mondo fisico ha leggi che bisogna rispettare. (…) Per questa ragione la Chiesa in Africa deve attraverso il presente Sinodo seriamente affrontare la questione del cambiamento climatico come obbligo morale per tutti. Questo Sinodo deve trovare modi di riconciliazione fra la terra quale vittima e uomo come il colpevole”. Di seguito sono intervenuti alcuni auditori. Riportiamo il discorso pronunciato di uno di essi. SUOR JACQUELINE MANYI ATABONG, ASSISTENTE DELLA SUPERIORA GENERALE DELLE SORELLE DI SANTA TERESA DEL BAMBINO GESÙ, DELLA DIOCESI DI BUEA, COORDINATRICE PER L’AFRICA DELLA COMMISSIONE CATTOLICA INTERNAZIONALE PER LA CURA PASTORALE DEI PRIGIONIERI, DOUALA, (CAMERUN).“Sappiamo che molte nostre prigioni sono prigioni sotterranee e sono sovrappopolate di poveri e persone svantaggiate. Sono strutturalmente inadeguate e perpetrano pratiche che sono disumanizzanti, volente, soppressive e possono alle volte causare la morte. I diritti dei prigionieri non vengono rispettati e il reinserimento di ex prigionieri è una esperienza sfibrante. Sappiamo che in molte diocesi l’apostolato dei prigionieri o non esiste, o è scarsamente organizzato, con pochi elementi o poco personale addestrato ed hanno un supporto minimo o nullo da parte delle autorità della Chiesa e dello Stato. La chiesa per meglio realizzare il suo ministero di riconciliazione, ha bisogno di essere più che mai una comunità riconciliata, un luogo dove non solo si proclama la riconciliazione ma viene vissuta in modo autentico. La Chiesa deve profittare di ogni opportunità per assicurarsi che l’apostolato per coloro che hanno commesso un crimine non sia trascurato. Cristo condanna ogni legge o pratica che non salva la vita umana. Molte delle nostre istituzioni carcerarie non promuovono la vita. Se noi in quanto Chiesa potendo far qualcosa, non la facciamo, dobbiamo rispondere a nostro Signore”. Lunedì 12 ottobre, Undicesima Congregazione L’undicesima Congregazione Generale per l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi, si è tenuta la mattina del 12 ottobre in presenza del Santo Padre e di 221 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Denegale). Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi: VESCOVO LOUIS NZALA KIANZA, DI POPOKABAKA (REPUBUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO. ‘I gravi problemi della povertà, della miseria, la tragedia della fame, la mancanza di accesso alle medicine e ad altre necessità primarie che concernono la maggioranza dei paesi africani, esigono dalla nostre Chiese oggi un nuovo spirito di solidarietà, di comunione e di carità inventiva. Le Chiese africane devono essere più audaci ed attive per sviluppare strutture che possono iscrivere nella prassi ecclesiale questa solidarietà organica. (…) E’ urgente realizzare la costituzione di fondo di solidarietà a livello diocesano, nazionale, regionale e continentale che possono essere gli strumenti appropriati per la costruzione di tali fondi. ARCIVESCOVO ANTONIO MARIA VEGLIÓ, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEI MIGRANTI E DEGLI ITINERANTI (CITTÀ DEL VATICANO). “La crisi economica e i conflitti che colpiscono molti paesi del continente africano hanno dato luogo a preoccupanti sentimenti xenofobi nei confronti degli immigranti, trasformandoli in capro espiatori dei problemi politici ed economici interni. Per cui i politici migratori dagli Stati sono diventati molto rigidi per rendere difficile la permanenza e lo sviluppo di attività da parte dei migranti. In tale contento, il rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e dello Stato di diritto, il buon governo, la profondità del dialogo politico e il rafforzamento della cooperazione internazionale, rappresentano le linee guida sulle quali si giudicano il presente e i futuro dell’Africa. La dimensione pastorale, in tale processo, non è di minore importanza. Solamente una autentica relazione di giustizia condurrà, di fatto, alla pace e da lì, la Chiesa in Africa potrà raccogliere le forze per essere al servizio della riconciliazione e dell’annuncio del Vangelo”. CARDINALE JOHN NJEU, ARCIVESCOVO DI NAIROBI, PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE (KENYA). “L’Africa continua ad avere sete di buon governo. Molti paesi in Africa continuano a dibattersi sotto il malgoverno (…) La Chiesa in Kenya e altrove in Africa ha continuato a impegnarsi per realizzare sistemi di governo con dei consigli che affrontino la giustizia attraverso il servizio al bene comune. Le lettere pastorali hanno continuamente affrontato il tema del malgoverno, che può essere definito il cancro dell’Africa. (…)  La costituzione del Kenya e di altri paesi dell’Africa deve essere rivista per trattare i temi del buon governo, dei diritti umani, della riconciliazione e del processo di pace, che può essere realizzato solo attraverso sistemi giusti. (…) ciò che è evidente in Kenya e in Africa in generale è che alcuni leader preferirebbero mantenere delle costituzioni che danno loro un potere incontrollato, portando all’anarchia e alla dittatura. (…) La Chiesa in Kenya continua a ribadire l’urgenza di realizzare le riforme attraverso buoni sistemi di giustizia. (…) Pertanto, è urgente avere un programma di formazione per le persone al governo; formare politici validi e santi come agenti di buon governo; creare cappellanie per i politici; rafforzare i media cattolici per favorire la formazione morale di tutti; promuovere ovunque il ruolo profetico della Chiesa; provvedere in modo deciso alla formazione permanente di tutti gli agenti di evangelizzazione, compresi i politici, formazione basata su un solido catechismo e sulla Dottrina Sociale della Chiesa”. VESCOVO AUGUSTINE OBIORA AKUBEZE, DI UROMI (NIGERIA). “In tempi lontani i nostri antenati credevano nell’esistenza di stregoni e nel pericolo che rappresentavano per l’uomo e la società. (…) In contrasto con normali esseri umani gli stregoni concepiscono e causano i più orribili sfortuna nelle loro famiglie e comunità. I sospetti stregoni sono abbandonati, isolati, discriminati ed soggetti ad ostracismo da parte della comunità. Qualche volta sono portati nella foresta ed uccisi o messi in disgrazia pubblicamente ed assassinati. Qualche volta sospetti stregoni sono bagnati nell’acido e sepolti vivi. Alcune Chiese non aiutano, ci sono stati casi di Pentecostali che hanno incatenato e torturanti sospetti stregoni allo scopo di estorcere una confessione. Sfortunatamente, nelle famiglie e nelle chiese e moschee, in media e film, si a credere agli Africani che gli stregoni sono reale e la magia è efficace. (…) Così ci si chiede perché questa primitiva superstizione ha ancora il suo peso per tanti africani nel 21mo secolo. Per cui sentiamo che sia necessario presentare questo problema in questa Assemblea Sinodale per una dichiarazione specifica per guidare il nostro gregge”. ARCIVESCOVO JAIME EDRO GONCALVES, DI BEIRA (MOZAMBICO). “In Mozambico la Chiesa è stato intermediaria nelle conversazioni di riconciliazione per porre fine ad un a guerra civile che durava da 16 anni. E’ stato firmato un accordo di pace e il paese è tranquillo. Bisogna approfondire e promuovere in Africa iniziative come quella. (…) La Chiese deve formare riconciliatori e pacificatori per la risoluzione di conflitti. (…) Perché nel mondo pontifico africano recrudescenze della violenza, dittature che si ristabiliscono e persecuzioni politiche. Auspico un giubileo di riconciliazione per tutto il continente africano come risultato dell’impegno di tutti e a favore della riconciliazione”. VESCOVO THEOPHILE KABOY RUBONEKA, COADIUTURE DI GOMA (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO). “I conflitti e le guerre hanno portato, particolarmente nella Repubblica Democratica del Congo, alla vittimizzazione e alla donna resa ‘oggetto’. Su migliaia di donne sono state perpetrate, da tutti i gruppo armati, violenze sessuali in massa, come armi di guerra, in flagrante violazione delle disposizioni giuridiche internazionali. Partendo dalla nostra esperienza in corso nella Repubblica Democratica del Congo, per dare sollievo alle conseguenze e ai traumi subiti dalle donne e dai bambini, noi proponiamo: 1) lottare contro le violenza sessuali risalendo alla sua causa ultima che è la crisi dei governi (…) 2) la creazione di Case delle Donna e della giovane come centri di ascolto e compagnia per le donne che hanno subito violenza e sono traumatizzate. 3) Il coinvolgimento diretto della donna nella Commissione ‘Giustizia e Pace’ perché le donne promuovano la pace e lottino contro idee che le avviliscano. (…) 4) Formazione mediante la catechesi e l’alfabetizzazione delle donne affinché possano coprire adeguatamente il proprio ruolo, articolato in tre parti, quali: dignità e vocazione della donna; la donna come artigiano di pace e la donna come attrice del cambiamento sociale. 5) La messa a punto di strutture di promozione della donna”.Lunedì 12 ottobre, Dodicesima Congregazione generaleAlle 16,30 di lunedì 12 ottobre ha avuto inizio, in presenza del Papa, la Dodicesima Congregazione Generale, durante la quale sono continuati gli interventi dei Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno è stato il Cardinale Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Senegal). All’Assemblea erano presenti 210 Padri Sinodali. Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi nell’Aula del Sinodo. VESCOVO TESFASELASSIE MEDHIN, DI ADIGRAT (ETIOPIA). Ritengo che non sia stata dedicata sufficiente attenzione alla formazione, che è un tema centrale per la Chiesa in Africa. (…). Dobbiamo pertanto assicurare che la formazione che impartiamo ai nostri futuri sacerdoti e agenti di evangelizzazione li aiuti a essere consapevoli delle sfide, ad essere ministri sicuri di sé, equilibrati e maturi, in grado di resistere e di superare le gravi turbolenze del tempo. (…) I programmi di formazione nei Seminari maggiori e nelle Case di formazione religiose richiedono grande attenzione e una intensa valutazione, al fine di determinarne la qualità e l’efficacia nel formare membri della Chiesa che possano essere testimoni autentici della riconciliazione, della giustizia e della pace. Utilizzare i nostri istituti di studi superiori istituendo una facoltà che sviluppi e integri nei propri programmi, per quanto riguarda i meccanismi di riconciliazione, le pratiche migliori e i modi culturali africani più efficaci, per provvedere alla formazione di personale”. ARCIVESCOVO LAURENT MONSENGWO PASINYA, DI KINSHASA (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO). “La pace va di pari passo con la giustizia, la giustizia con il diritto e il diritto con la verità. (…). Occorre dunque a ogni costo promuovere gli stati di diritto, in cui vi sia il primato del diritto, soprattutto il diritto costituzionale; stati di diritto in cui l’arbitrarietà e la soggettività non creino la legge della giungla; stati di diritto in cui la sovranità nazionale sia riconosciuta e rispettata; stati di diritto in cui a ciascuno venga dato in modo equo ciò che gli è dovuto. (…) Nel ricercare soluzioni di pace, tutti i cammini, specialmente quelli diplomatici e politici, dovranno essere orientati a ristabilire la verità, la giustizia e il diritto. (…) È eliminando tutte le barriere, l’esclusione, le leggi discriminatorie nel culto e nella società, e soprattutto sopprimendo l’odio, che si riconciliano gli uomini e si fa la pace”. VESCOVO KRIKOR-OKOSDINOS, COUSSA, DI ISKANDERIYA, ALESSADRIA DEGLI AREMENI (REPUBBLICA ARABA D’EGITTO). “Nel 1915 gli ottomani, (…), hanno massacrato il popolo armeno presente nella grande Armenia e nella piccola Armenia (Turchia). Un milione e mezzo di persone sono morte in questo genocidio. Gli armeni sono partiti disperdendosi prima in Medio Oriente, poi nel mondo intero. (…) In questo momento in cui si svolge il sinodo, vale a dire 94 anni dopo quel massacro, in seguito all’appello di Cristo di perdonare i propri nemici, i dirigenti dello stato armeno e i capi delle Chiese in Armenia (cattolica, ortodossa ed evangelica) compiono un atto pubblico di perdono nei confronti dei turchi. Lo compiamo domandando ai turchi di riconoscere il genocidio, di rendere omaggio ai martiri e di concedere agli Armeni i loro diritti civili, politici e religiosi. Il cammino di riconciliazione tra i due stati è già stato intrapreso. Per questo, faccio appello ai dirigenti politici, affinché sostengano il nostro andare verso i turchi, con la Chiesa universale e la Chiesa africana nel bisogno.Successivamente sono intervenuti quattro uditori. Di seguito riportiamo una sintesi dell’intervento di uno di essi. BARBARA PANDOLFI, PRESIDENTE GENERALE DELL’ISTITUTO SECOLARE DELLE MISSIONARIE DELLA REGALITÀ DI CRISTO (ITALIA). “La presenza di Istituti Secolari è una presenza nascosta, accettando la precarietà della vita quotidiana, congiuntamente con le altri, senza protezione né privilegi nella ricerca di vie e soluzioni frequentemente probabili, vissuta con il desiderio di una fraternità universale. Per questo la vocazione degli Istituti secolari evidenzia l’esigenza delle promozione di un laicato maturo, che possa contribuire alla costruzione di una società civile fondati sui valori umani del cristianesimo. (…) Essendo Istituto femminili la maggioranza degli Istituti Secolari in Africa, si presenta urgentemente l’esigenza di favorire e promuovere la valorizzazione della donna, non solo perché sposa e madre, ma perché persona capace di responsabilità e di autonomia nei diversi ambiti della vita sociale, e nell’urgenza della sua presenza speciale e non solo subordinata alla Chiesa. Si la prima frattura nel genere umano causata dal peccato, è stato fra un uomo e una donna, uno dei segni di pace e di riconciliazione, forse può essere giustamente dato per la promozione di una reale corresponsabilità e di un effettivo riconoscimento di uguale dignità fra gli uomini e le donne, al di là di ogni dominio e discriminazione”. La sessione si è conclusa con l’invitato speciale del Santo Padre: JACQUES DIOUF, DIRETTORE GENERALE DELL’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE PER L’ALIMENTAZIONE E L’AGRICOLTURA (F.A.O.). Diamo un riassunto del suo discorso:“L’Africa, vuol dire prima di tutto valori comuni di civiltà basati su una coscienza storica di appartenenza a uno stesso popolo. (…) L’Africa, martirizzata, sfruttata, depredata dalla schiavitù e dalla colonizzazione, ma ora politicamente sovrana, non deve ripiegarsi nel rifiuto e nella negazione, anche se ha il dovere della memoria. Essa deve avere la grandezza del perdono e continuare a sviluppare una coscienza culturale basata su una identità propria, che rifiuta l’assimilazione alienatrice. Deve approfondire i concetti operativi di negritudine e di africanità, compresa la diaspora, concetti fondati sul radicamento, ma anche sull’apertura. (…) L’Africa è sempre stata presentata nell’ottica delle difficoltà che incontra, ma essa è una terra con un futuro, che nei prossimi quarant’anni sperimenterà un forte incremento demografico. (..) Con delle risorse ( …) l’Africa è essenziale nello sviluppo economico del pianeta. (…) L’Africa, martirizzata, sfruttata, depredata dalla schiavitù e dalla colonizzazione, ma ora politicamente sovrana, non deve ripiegarsi nel rifiuto e nella negazione, anche se ha il dovere della memoria. Essa deve avere la grandezza del perdono e continuare a sviluppare una coscienza culturale basata su una identità propria, che rifiuta l’assimilazione alienatrice. Deve approfondire i concetti operativi di negritudine e di africanità, compresa la diaspora, concetti fondati sul radicamento, ma anche sull’apertura. (…) L’Africa è sempre stata presentata nell’ottica delle difficoltà che incontra, ma essa è una terra con un futuro, che nei prossimi quarant’anni sperimenterà un forte incremento demografico. (…) Con delle risorse (…) l’Africa è essenziale nello sviluppo economico del pianeta (…) La sicurezza alimentare è indispensabile a ridurre la povertà, all’educazione dell’infanzia alla salute della popolazione e alla sicurezza del mondo, ma anche a una crescita una crescita economica duratura. (…) Da questo punto di vista, sono fattori essenziali il contributo della donna africana alla produzione e al commercio agricoli e il suo ruolo nel nutrimento di tutta la famiglia. In effetti, nessun iniziativa volta a fronteggiare il problema dell’insicurezza alimentare in Africa può avere successo senza tenere conto di questa realtà economica e sociale. (…) Di tutte le lacerazioni che il continente africano vive, la fame rimane quella più drammatica e intollerabile. Qualsiasi impegno per la giustizia e la pace in Africa è inscindibile da una esigenza di progresso nella realizzazione del diritto all’alimentazione per tutti. (…) La Chiesa si è sempre prefissa come compito quello di alleviare la miseria dei più bisognosi e il motto della Fao è ‘Fiat Panis’, ‘pane per tutti’. (…) La visione di un mondo liberato dalla fame è possibile, se c’è una volontà politica al livello più alto. (…) Le grandi forze spirituali e morali sono, per la nostra azione, un sostegno inestimabile. (..) Desidero anche rendere omaggio all’azione della Chiesa sul campo, a fianco dei poveri. I missionari, le religiose e molte comunità svolgono spesso un lavoro difficile, a volte ingrato, ma sempre utile, accanto alle organizzazioni intergovernative, alle Ong e alla società civile. (…) Vorrei soprattutto sottolineare la convergenza degli insegnamenti religiosi, in particolare quelli della Chiesa cattolica e dell’Islam, sulla necessità di vegliare sulla gestione razionale delle risorse sulla base di una strategia d’azione rispettosa delle persone e dei beni di questo mondo, lungi dagli eccessi e dallo spreco. Tutti questi insegnamenti sottolineano il ruolo fondamentale della responsabilità sociale, raccomandando la sollecitudine verso i più bisognosi. La Dottrina Sociale della Chiesa è, da questo punto di vista, un contributo essenziale”. Martedì 13 ottobre, Tredicesima Congregazione generaleLa Tredicesima Congelazione Generale si è tenuta nella mattina di martedì 13 ottobre. Erano presenti 220 Padri Sinodali. Presidente Delegato di turno, è stato il Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Di seguito riportiamo estratti di alcuni interventi: VESCOVO ERNESTO MAGUENGUE, DI PEMBA, (MOZAMBICO). “La principale ricchezza del continente è costituita dalla sua popolazione, soprattutto dai giovani, dagli adolescenti e dai bambini. Africa è un continente con una popolazione che ha una predominanza dei più giovani del mondo. (…) Molti giovani sono indotti a praticare la violenza, la prostituzione, il traffico e il consumo di droga, il crimine organizzato, i conflitti etnici, tribali; il fondamentalismo religioso e le sette sataniche. (…) Alla luce di tutto ciò suggerisco: da parte dell’Assemblea sinodale un messaggio di fiducia e di incoraggiamento dei giovani, gli adolescenti e i bambini; (…) denunciare come una delle ingiustizie più offensive sia l’emarginazione e la violenza dei diritti dei piccoli; la necessità dell’educazione e della formazione integrale dei giovani; rivedere i contenuti e i metodi della catechesi, i rispettivi catechismi (…) che includano la dottrina sociale della Chiesa, una formazione della coscienza critica”. VESCOVO SERVILIEN NZAKAMWITA, DI BYUMBA (RWANDA). “La Chiesa in Rwanda, nella sua pastorale di riconciliazione della giustizia e della pace dopo gli avvenimenti disgraziati del genocidio dei tutsi e altre vittime di guerra dopo le sfide che è stato necessario affrontare e che in parte sono state superate, è convinta che l’opera della riconciliazione è iniziativa di Dio. (…) La Commissione Giustizia e Pace, con la collaborazione di altre commissioni e altri settori della pastorale, ha seguito questo processo di riconciliazione attraverso programmi variati dell’educazione ai valori e alla formazione di agenti di riconciliazione mediante tecniche appropriate. (…) In questa pastorale, la Chiesa cattolica (…) collabora strettamente con altre confessioni religiose e con le istituzioni pubbliche e private, lavorando sul tema della riconciliazione post-genocidio”. ARCIVESCOVO EDWARD TAMBA CHARLES, DI FREETOWN AND BO (SIERRA LEONE). “Le multi nazionali dell’industria estrattive causano tanta ingiustizia in Africa che le Chiese non possono più a lungo tacere su questo problema. Nel loro desiderio di sfruttare le ricchezze naturali e le risorse minerali, le compagnie possono fare qualunque cosa, anche fomentare conflitti inter-etnici, vendere armi e munizioni e rovesciare i governi legittimamente eletti. Le regioni del Delta in Nigeria, ricche di petrolio e le regioni orientali e le regioni meridionali della Repubblica Democratica del Congo sono esempi evidenti di ciò. Confrontati da tali forze ostili, molte Chiese locali non possono fare molto per assicurare che le compagnie accettano la loro responsabilità. Perciò faccio appello alle Chiese locali e le Conferenze Episcopali delle regioni colpite intervengano per assicurare che gli Stati Africani e le loro popolazioni beneficiano dalle loro risorse. Faccio appello alle Chiese locali dalle quali procedono quelle multinazionali, perché intervengano a favore dell’Africa e delle sue popolazioni. In nome di Dio e delle nostra comunione ecclesiale, noi vi appelliamo a voi per aiutarci a fermare le loro ingiustizie contro la nostra gente”. PADRE JAN GEERITS, S.D.S., AMMINISTRATORE APOSTOLICO DELL’AMMINISTRAZIONE APOSTOLICA DELLE COMORE (UNIONE DELLE COMORE) “E’ certo che ci sono barriere e limiti nella missione evangelizzatrice nelle Comore (…) Già che siamo una minoranza esiste il pericolo reale che le nostre piccole comunità cattoliche (…). Obbligati a non poter evangelizzare con la voce e con la parola, niente ci impedisce d parlare con le mani, vale a dire, servire la popolazione con tutta l’umiltà mediante opere di carità (…) Ogni persona è unica e ha la facoltà di eleggere liberamente di essere (o non essere) l’immagine del suo Creatore. Dio ci invita (…) a dire sempre di sì, ma sempre con pazienza che va al di là di noi stessi, senza obbligare mai le sue creature. (…) Per questo è una ingiustizia obbligare il tuo prossimo ad essere musulmano e negare il saluto a priori a tutti quelli che non seguono l’Islam. Una ingiustizia come questa non può arrivare mai alla riconciliazione e alla pace profonda con i musulmani e alcune volte i suoi leader e i suoi fedeli dovranno riconoscere che un errore intellettuale e confessionale perché questo muro di separazione si sbricioli finalmente, come altri si sono sbriciolati in passato”.

Martedì 13 ottobre, Quattordicesima Congregazione generale («Relatio post disceptationem»)

La Quattordicesima Congregazione Generale dell’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi per la Relatio post disceptationem (Relazione dopo la discussione), si è tenuta nel pomeriggio di martedì 13 ottobre, alla presenza del Santo Padre. Presidente Delegato di turno é stato il Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazio­ne per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Erano presenti 223 Padri. Offriamo un ampio riassunto della “Relatio post disceptationem”, letta dal Relatore Generale, il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana).

IL COMPITO DELLA SECONDA ASSEMBLEA: DISGRAZIE O SFIDE PER L’AFRICA?

Fin dalla Prima Assemblea Speciale per l’Africa, sono stati registrati – sia nella Chiesa sia nella parte più ampia della società Africana – alcuni cambiamenti veramente positivi. Alcuni di questi positivi cambiamenti sono attribuibili direttamente agli effetti dello stesso Sinodo. Ciononostan­te, quindici anni dopo la conclusione della Prima Assemblea (…) permangono ancora alcune ombre all’interno della Chiesa e della società.A proposito di queste “ombre”, i Padri del Sinodo avevano richiamato alcune urgenze e alcune riflessioni in diverse sessioni della stessa assemblea. Così, a proposito delle:Chiese locali:I Padri del Sinodo avevano candidamente riconosciuto una inadeguata valorizzazione della donna e dei giovani nelle loro comunità locali e la loro povera formazione alla fede. Gli uomini politici, come altre persone con impegni nella società civile, non avevano sempre goduto di un accompagnamento e di una formazione che li rendesse capaci di una adeguata testimonianza della fede nella loro vita e nel loro lavoro. L=uso dei media avrebbe dovuto essere sviluppato attraverso il ricorso a stazioni Radio locali. La testimonianza della Chiesa, poi, era talvolta compromessa dalle difficoltà che alcuni operatori pastorali hanno nel vivere una vita fedele ai loro voti, alla loro vocazione e al loro stato di vita”.Ambito socio-culturale:(…) Molti Padri sinodali hanno lamentato la sorte che la famiglia sta correndo in Africa (…) e hanno indicato che questa istituzione è sotto una seria minaccia di instabilità e dissoluzione a causa della povertà, dei conflitti, delle credenze e delle pratiche tradizionali (stregoneria), delle malattie, principalmente la malaria e l=HIV-AIDS. (…) Ma i Padri sinodali hanno anche richiamato aspri attacchi alla famiglia ed alla correlata fondamentale istituzione del matrimonio provenienti da ambienti esterni al mondo africano ed attribuibili a matrici diverse”.La donna, presentata alla Prima Assemblea Speciale per l=Africa come un “animale da soma”, ha cominciato ad ottenere rilievo in alcuni paesi e ad avere ruoli da leader nel diritto, nella politica, nell=economia e nel mondo tecnologico. In alcune società, tuttavia, esse sono ancora “risorse sottosviluppate”: subiscono una esclusione dai ruoli sociali, nelle eredità, nei luoghi di educazione e nei centri decisionali”. Merita poi una particolare menzione il problema della “migrazione”, in rapporto alla attuale produzione di legislazioni dei Paesi occidentali che sembrano mirare a tener lontani gli Africani. La Assemblea ha invitato a considerare anche la questione della Aetnicità@. Quando questa sviluppa atteggiamenti di esclusione, allora distrugge le comunità vive, diventa intollerante verso altre culture e gruppi etnici, quasi una forma di razzismo”.Ambito socio-politico:Lasciando da parte la solitaria menzione della stabilità politica del Senegal, del governo democratico del Sud-Africa e del crescente successo del governo democratico del Ghana, la più parte dei riferimenti alle politiche ed ai governi del continente aveva un tono molto critico per diverse ragioni. I Padri hanno proposto che le Chiese locali stabilissero cappellanie e che accompagnassero gli uomini politici con una formazione alla “Dottrina sociale della Chiesa”.Ambito socio-economico:“Poveri” e “povertà” sono state due espressioni ricorrenti che i Padri sinodali hanno usato generalmente riguardo ai loro paesi, governi, popolazioni e chiese. La povertà della popolazione ha giustificato, in molti interventi, lo sviluppo di progetti da parte della Chiesa. (…) A livello di nazioni e di governi, l’Assemblea ha criticato l’incidenza della corruzione e la subornazione e di trattative per contratti di investimento, in particolare con industrie che estraggono risorse minerarie, che non portano profitti alla popolazione, ma causano conflitti e degrado ambientale”.L’industrializzazione è scarsa nella maggior parte dei Paesi Africani; e le loro economie sono basate sull’agricoltura sulla produzione di materie prime, (…) e necessitano il sostegno dai Governi stranieri, dalla Banca mondiale, e da fondi monetari internazionali per finanziare i loro bilanci e portare avanti progetti di sviluppo”. Si conviene che la Chiesa può vedere le attuali e persistenti ombre in Africa come sfide ed opportunità per crescere nell’intimità con il Signore. Le suddette sfide e quelle, molte di più, che sono state menzionate nell’Assemblea (es. l’ambiente, il traffico di armi, ecc.) ci invitano ad una vera conversione del cuore”. RAFFORZARE LA FEDE IN CRISTOUna volta si è ricordato all’Assemblea che “un Sinodo dei Vescovi non può essere considerato come una sessione speciale delle Nazioni Unite per l’Africa, con le sue dichiarazioni pubbliche”. Questa è stata una potente riscoperta per l’assemblea sinodale della sua prerogativa di Chiesa riunita e di assemblea di fede che in potere dello Spirito Santo professa la fede in Dio e in Cristo, Suo Figlio, e si riunisce per discernere la volontà di Dio e le direttive per la Sua famiglia in Africa”.“Allora i Padri sinodali in vario modo nei loro interventi hanno affermato la centralità di Cristo nel tema del Sinodo, e la necessità di accostarlo e viverlo incentrati in Cristo. (…) Allora tutte le forme di esperienza e di (pratica) concretizzazione del tema del Sinodo (riconciliazione, giustizia e pace) necessitano di essere “evangelizzate” dal Vangelo”. CRISTO NOSTRA RICONCILIAZIONEÈ la nostra relazione con Dio e l’uno con l’altro, in Cristo, che richiede riconciliazione; e il suo scopo è di porre rimedio e ristabilire la comunione che fondano il legame con Dio e la nostra Figliolanza in Cristo, che il peccato minaccia e spezza”.I Padri sinodali hanno ascoltato testimonianze della summenzio­nata urgenza di riconciliazione dei nemici, e constatato quanto essa sia un atto di verità e amore misericordioso. La liturgia e il sacramento della Penitenza offrono momenti privilegiati per la loro celebrazione”.I Padri sinodali hanno enumerato anche diversi metodi tradizionali di riconciliazione, e si sono chiesti se elementi di questi riti tradizionali non potessero arricchire le forme di celebrazione dei Sacramenti nella Chiesa. Così facendo, non dovrebbe esserci confusione sull’efficacia della celebrazione; poiché, come è stato detto nell’assemblea, è “la buona novella del sangue prezioso di Cristo, dato per la redenzione del mondo intero che trasforma il calice della sofferenza delle moltissime vittime dei massacri nel continente”. Ciò richiede una spiritualità, e non una strategia!”. CRISTO NOSTRA GIUSTIZIALa Riconciliazione, come è stato affermato in Assemblea, è la restaurazione della giustizia e delle giuste esigenze di rapporti”. La giustizia (l’essere giusto) di Dio e il Suo Regno è una rivelazione di Dio, che è destinata ad essere la giustizia degli esseri umani. (…) È la rivelazione di Cristo, “che mentre eravamo ancora peccatori ha dato la vita per noi” a dimostrare l=amore di Dio per noi. È questa, pertanto, la rivelazione di Cristo come giustizia/essere giusto”. (…) La giustizia della diaconia cristiana e la giustizia del nostro vivere da cristiani nella Chiesa in Africa è la giustizia del regno; e la sua principale caratteristica è che è giustizia esercitata nell’amore e nella misericordia. (…) Il risarcimento non è il loro scopo principale. Essi mirano a risanare attraverso l’ammissione della colpa e il perdono”. CRISTO NOSTRA PACEPace è una delle parole la cui definizione (come “istruzione”, come “sviluppo” e come “giustizia”) è stata citata spesso dai Padri sinodali. (…) La “pace” che è Cristo non ha semplicemente un senso profano, in quanto assenza di conflitto, presenza di armonia nella casa ed all’interno della famiglia, sicurezza e prosperità individuale e pubblica (nazionale). La “pace” non è soltanto quando gli esseri umani e le loro società eseguono i rispettivi doveri e riconoscono i diritti delle altre persone e società”; e non è soltanto uno dei risultati di aver lavorato per la giustizia. La “pace” essenzialmente trascende gli sforzi del mondo e quelli umani. È una totalità determinata da Dio e conferita all’uomo/donna di giustizia”. (…) Ma a tali giusti portatori sulla terra della pace di Cristo dobbiamo anche ricordare, come abbiamo fatto con la “giustizia”, che la “pace” è un’attività che va oltre la semplice giustizia e richiede l’amore. Deriva dalla comunione con Dio e punta al benessere dell’umanità”. DISCEPOLI, SERVITORI DELLA RICONCILIAZIONE, DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE(…) Per rendere più forte questa sua missione di riconciliazione, di giustizia e di pace, la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa deve prendere coscienza della sua identità, ripensare il suo modo di essere e di agire con attenzione alla verità ed nella fedeltà alla sua missione. I suoi membri devono riconciliarsi in essa e imitare Cristo-Servo. La comunione tra i pastori, la loro testimonianza di vita, le loro relazioni con i collaboratori ed il trattamento degli impiegati sono altrettanti ambiti da analizzare”. FAMIGLIA(…) La grande stima dell’istituto familiare è rimarchevole in tutte le culture africane. (…) I Padri sinodali hanno chiaramente denunciato le ideologie ed i programmi internazionali che vengono imposti alle nostre nazioni sia con erronee motivazioni sia come condizionamenti in vista dell’aiuto per lo sviluppo. Sono dannosi per la famiglia. (…) Vi è poi l’urgenza di ridefinire la famiglia come “Chiesa domestica” e primo luogo di educazione all’amore, alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace”. DIGNITÀ DELLA DONNA E SUO COMPITO AL SERVIZIO DELLA RICONCILIA­ZIONE, DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACELa donna è al servizio della vita e dell’educazione degli altri membri della famiglia ad essere veramente umani, ma viene bloccata nella manifestazione di questo compito dalla cultura tradizionale (mutilazioni genitali) e derisa dalla cultura della modernità (pornografia, prostituzione, violenze ed ogni sorta di umiliazione sociale).(…) La Chiesa-Famiglia di Dio è invitata a fare qualcosa contro le gravi ingiustizie perpetrate contro di loro. Esse hanno bisogno di essere riconosciute, nella società come nella Chiesa, come membri attivi impegnati nella vita della Chiesa. Il loro contributo allo sviluppo e alla salvaguardia della famiglia umana, anche in tempo di conflitti, deve essere riconosciuto e apprezzato nel suo giusto valore. (…) I Padri sinodali sono chiamati a riservare alle donne seria considerazione e attenzione e ad aver l’audacia di apprezzare le loro capacità, già dimostrate nella gestione della vita familiare. Loro sono capaci di adoperarsi ampiamente per la Chiesa. Di conseguenza, un’evangelizzazione profonda della cultura tradizionale le aiuterà a liberarsi da comportamenti e costumi contrari al vangelo ma sempre presenti in molte società”. IL SETTORE SOCIO-RELIGIOSOLa paura e l’incertezza caratterizzano la vita di fede in molte popolazioni africane (diffidenza, sospetto, autodifesa, aggressività, ciarlataneria, magia, occultismo e sincretismo). (…) I fedeli cattolici si imbattono nel richiamo delle sette a causa di eventuali problemi sociali e a motivo del loro desiderio di soluzioni rapide per le loro problematiche fisiche o psicologiche. (…) I Padri sinodali sono stati invitati da taluni di loro a riprendere in mano la prima catechesi per aiutare i fedeli a vivere la loro vita quotidiana coerentemente con la fede cristiana. Una spiritualità equilibrata può aiutare i cristiani a resistere alla pressione delle sette.Nell’ambito di gravi ingiustizie subite (conflitti armati, violenze) i Padri sinodali hanno ascoltato testimonianze commoventi di persone che hanno fatto l’esperienza del perdono; ne è risultato che Giustizia- Perdono-Verità sono inseparabili. Le ingiustizie provocate non possono essere riparate se non riconoscendo e confessando il male. Il perdono domandato e accordato, dopo aver liberato la vittima e il carnefice, stabilisce una nuova, più forte relazione. Questa forza di amare e di perdonare è un dono di Dio.(…) È allora urgente convincere i fedeli di Cristo che i legami fraterni stabiliti da Cristo con l=acqua del battesimo e con il suo sangue sono più forti di quelli biologici. (…) Di conseguenza la dignità del carattere sacro di ogni persona andrà riconosciuta e rispettata chiunque egli sia e comunque sia la situazione in cui essa si trova. (…) L’Eucaristia, sorgente e vertice della vita cristiana, dovrà essere il luogo della migliore espressione della riconciliazione e della pace . È il medesimo Corpo di Cristo che ci raccoglie ed il medesimo Sangue di Cristo che scorre nelle nostre vene.(…) La doppia dimensione, personale e comunitaria, della celebrazione del sacramento della Riconciliazione dovrà venire fortemente sottolineata. La celebrazione comunitaria della Riconciliazione è, in certe occasioni, molto adatta per placare e guarire le ferite della società e delle famiglie devastate da situazioni di violenze, di conflitti e di guerre. Il peccato ha una dimensione sociale e la Riconciliazione deve quindi impegnare tutta la comunità. LA MISSIONE PROFETICA DELLA CHIESA-FAMIGLIA DI DIO IN AFRICALa Chiesa-Famiglia di Dio -per la sua natura, la sua coerente dottrina sociale, la sua ripartizione geografica e la sua preoccupazione dell’unico bene dell’ uomo è più adatta di ogni altra organizzazione per affrontare le sfide della riconciliazione, della giustizia e della pace. (…) Per parlare di riconciliazione, di giustizia e di pace e per garantire un impegno più attento e coordinato, è necessario che i vescovi parlino con un’unica voce, attraverso la stessa conferenza episcopale (nazionale, regionale o continentale). Occorre dar vita ad una sinergia tra tutte le istituzioni ecclesiali (…) per discernere insieme tutti i diversi aspetti della vita e degli insegnamenti della Chiesa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.(…) Il disastro provocato dalla pandemia HIV/AIDS non è stato perso di vista dai Padri sinodali. (…) La missione della Chiesa-Famiglia di Dio in Africa di portare i cristiani a vivere secondo il vangelo di Cristo la impegna sia nello sforzo di ridurre la negativa visione sociale di queste persone infette sia a sostituire la violenza con la costruzione di ponti di riconciliazione, di giustizia e di pace. Occorre interpellare in proposito i poteri pubblici così da parlare in nome dei ‘senza voce’. Un appello è stato indirizzato per una più grande sinergia e solidarietà perché, in Africa, i malati ricevano lo stesso trattamento che in Europa. LAICII conflitti in Africa non possono non rimandarci alla recente storia (pericolo dell’acutizzazione dei nazionalismi e dei vari concetti sulle razze che sono anti-cristiani). I cristiani sono abbastanza numerosi nell’amministrazione pubblica, nella vita politica e nelle varie decisioni (parlamentari). Ma malgrado ciò, le leggi contrarie alla morale cristiana, pure riguardo alla sfera familiare, sono votate e approvate. (…) I Padri sinodali hanno riconosciuto che non basta formare i fedeli laici al leadership politico nei nostri paesi, ma bisogna pure accompagnarli nei loro impegni, per farli diventare responsabili del cambiamento nella società (buona gestione delle famiglie e dei responsabili sociali e società politiche). MEZZI DI COMUNICAZIONEL’aumento dei conflitti africani e la loro strumentalizzazione dai media costituiscono una sfida per la Chiesa – Famiglia di Dio in Africa. (…) La potenza dei mezzi di comunicazione possono servire alla diffusione della Buona Novella pure in un continente dove resta ancora presente una tradizione e una cultura orale.Una buona formazione tecnica e religiosa dei comunicatori cattolici (soprattutto nella Dottrina Sociale della Chiesa) è fondamentale. (…) Un’attenzione particolare è da rivolgere ai giovani. Essi sono le prime vittime degli effetti distruttori della mondializzazione dei costumi dei sistemi dei valori. IL CLERO(…) È necessario redigere una ratio nationalis intitutionis sacerdotalis per favorire il discernimento, la formazione spirituale e affettiva adattata alle circostanze e alle persone. Questo discernimento rigoroso e la formazione spirituale e affettiva adattate alle situazioni li predisporranno a essere delle persone solidamente ancorate alle loro culture e fedeli agli insegnamenti della Chiesa. LA VITA CONSACRATA(…) I Padri sinodali sono chiamati ad aiutare la vita consacrata per perdurare nella missione profetica con l’appoggio nella realizzazione della missione “ad gentes” e a incoraggiare una testimonianza di comunione. UNA SOLA CHIESA-FAMIGLIA DI DIO CON VARI VOLTILa Chiesa-Famiglia di Dio, a nord e a sud del Sahara, ha una medesima missione di servizio. La Chiesa-Famiglia di Dio a nord del Sahara ha la stessa missione di servizio della Chiesa a sud del Sahara. Non è ancora intergrata nella Chiesa-Famiglia di Dio in Africa. È una Chiesa crocevia, con tanti sentieri che si incrociano, e tuttavia è chiamata ad essere la Chiesa della Pentecoste perché diventa una Chiesa multiculturale grazie all’importante presenza di studenti sud-sahariani. (…) Malgrado la sua costituzione di minoranza cristiana in mezzo a un ambiente mussulmano, la Chiesa mantiene un buon rapporto di dialogo con l’Islam ed è impegnata in diversi servizi della società: sociale, culturale ed educativo. I vescovi Padri sinodali di queste Chiese hanno chiamato i loro confratelli Vescovi ad andare all’ incontro e al dialogo con altre religioni, senza complessi, superando paure e pesi del passato (p.e. rapporto fra mondo arabo e africa nera) e a stabilire delle relazioni di collaborazione con i musulmani di buona volontà e così riuscire a ridurre le tensioni. CONCLUSIONEIl compito del fedele laico è quello di essere il sale e la luce nella vita quotidiana, specialmente laddove è il solo a poter intervenire.(…) In questo Sinodo, è stata espressa variamente l’ intenzione che la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa deve essere trasformata dal di dentro e che essa deve trasformare il continente, le sue Isole e il mondo come sale e come luce. Essa prospetta una missione apostolica, che i suoi pastori e altri collaboratori pastorali hanno articolato in modo diverso in questa assemblea: Liberare la popolazione del continente da ogni paura; assicurare una conversione profonda e permanente e una solida formazione in ogni campo; dialogo a tutti i livelli, incluso l’ambiente; difesa di vari interessi e bisogni sociali, specialmente del posto della donna nella società, dell’educazione dei figli e della gioventù; migrazione e varie forme di movimento del popolo e ciò che richiede la nostra cura pastorale; sfida del ministero del cambiamento di attitudini e mentalità, perché si liberino dagli effetti di una passato di colonialismo, sfruttamento ecc; resistenza del continente e dei suoi popoli alle minacce della globalizzazione e alle esigenti sfide dell’etica globale, ingiuste condizioni commerciali, etnocentrismo, fondamentalismi, ecc.Il simbolo polivalente del sale esprime le molteplici forme dell’esistenza pasquale, sotto cui la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa deve servire la riconciliazione, la giustizia e la pace (e ora anche la verità, che questa assemblea ha strettamente collegato ad esse); e la luce del Vangelo ci guida.