Vita Chiesa
La «Relazione» dopo la discussione
“La Chiesa-famiglia di Dio in Africa deve essere trasformata dal di dentro” e “deve trasformare il continente, le sue isole e il mondo come sale e come luce”. Lo ha detto il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, arcivescovo di Cape Coast (Ghana), svolgendo nel pomeriggio del 13 ottobre, la “Relatio post disceptationem” (Relazione dopo la discussione) della seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi (4-25 ottobre). “Il primo Sinodo – ha sottolineato il card. Turkson – invitò la Chiesa in Africa e nelle sue isole a vivere nella comunione della Chiesa-famiglia di Dio. Questo secondo Sinodo ora invita la Chiesa-famiglia di Dio, in ogni parte della sua composizione, a fare un’esperienza di quelle virtù che stabiliscono la nostra comunione con Dio e a testimoniare e a vivere le stesse (riconciliazione, giustizia, pace) per amore e misericordia nel continente e nelle sue isole”.
Una missione “articolata”. La “missione apostolica” della Chiesa in Africa, ha proseguito il card. Turkson, è stata articolata “in questa assemblea” in alcune azioni precise: “Liberare la popolazione del continente da ogni paura; assicurare una conversione profonda e permanente e una «solida» formazione in ogni campo: fede, catechesi, morale, media, cultura dell’amore, pace, giustizia, riconciliazione, buongoverno, gestione”. Occorre inoltre promuovere “il dialogo a tutti i livelli, incluso l’ambiente”; difendere “i vari interessi e bisogni sociali, specialmente il posto della donna nella società, l’educazione dei figli e della gioventù”; seguire “la migrazione e le varie forme di movimento del popolo e ciò che richiede la nostra cura pastorale”, accogliere la sfida “del cambiamento di attitudini e mentalità” affinché la popolazione si liberi “dagli effetti di un passato di colonialismo e sfruttamento”. Ulteriori sfide, “le minacce della globalizzazione” e quelle “dell’etica globale”, le “ingiuste condizioni commerciali, l’etnocentrismo, i fondamentalismi”.
Protezione della famiglia e dignità della donna. Nonostante alcuni “cambiamenti veramente positivi” negli anni successivi al primo Sinodo, i padri sinodali “hanno espresso molte denunce verso aspetti della società africana” che “si allontana e si contrappone ai valori tradizionali ed appare moralmente discutibile”. Primo compito della Chiesa-famiglia di Dio in Africa, è dunque “la riabilitazione della famiglia africana nella sua dignità e nella sua vocazione dato che essa è minacciata da pericolose ideologie”. “Al servizio della vita”, ha quindi osservato il card. Turkson, la donna “viene bloccata” dalla “cultura tradizionale (mutilazioni genitali) e derisa dalla cultura della modernità (pornografia, prostituzione, violenze e ogni sorta di umiliazione sociale)”. Di qui l’esigenza di un suo riconoscimento “nella società come nella Chiesa”.
Prima catechesi e presenza della Chiesa nella società. Contro “la paura e l’incertezza” che “caratterizzano la vita di fede in molte popolazioni africane” è stata affermata l’urgenza di “riprendere in mano la prima catechesi per aiutare i fedeli a vivere la loro vita quotidiana coerentemente con la fede cristiana” e a “resistere alla pressione delle sette”. I padri sinodali hanno quindi riconosciuto la necessità di “un’attiva presenza della Chiesa negli ambiti decisionali in cui si affrontano i problemi dello sviluppo umano, lo stabilirsi di buone relazioni tra gruppi in conflitto e il ristabilirsi di relazioni in grado di garantire un futuro di pace”. “Per parlare di riconciliazione, giustizia, pace e per garantire un impegno più attento e coordinato, è necessario che i vescovi parlino con un’unica voce, attraverso la stessa conferenza episcopale (nazionale, regionale o continentale). Occorre dar vita a una sinergia tra tutte le istituzioni ecclesiali” e creare osservatori specializzati.
Laici e media. Secondo i padri sinodali c’è inoltre bisogno di “formare uomini politici cristiani” garantendo loro “una solida formazione e strumenti giuridici per difendere i valori cristiani, la famiglia in particolare, e così contribuire positivamente all’elaborazione di testi legislativi che rispettino la morale cristiana”. “Non basta – aggiungono – formare i laici alla leadership politica; bisogna pure accompagnarli nei loro impegni per farli diventare responsabili del cambiamento nella società”. Al centro della riflessione anche i media, la cui “potenza può servire alla diffusione della Buona Novella in un continente dove sono ancora presenti una tradizione e una cultura orale”. Per questo “è fondamentale una buona formazione tecnica e religiosa dei comunicatori cattolici, soprattutto nella dottrina sociale della Chiesa”. Dai padri sinodali anche l’esortazione a curare la formazione dei seminaristi e a sostenere le vocazioni alla vita consacrata. L’invito, infine, “all’incontro e al dialogo con altre religioni” superando “paure e pesi del passato” e “a stabilire delle relazioni di collaborazione con i musulmani di buona volontà”.