Vita Chiesa
Il Beato Guanella, «prete della carità»
di Antonio Lovascio
Nelle biografie viene raffigurato così: era un umilissimo prete di montagna, schietto ma dal cuore d’oro. Nato nel 1842 a Fraciscio, una frazione sperduta della Valle Spluga, in provincia di Sondrio. L’anno prossimo il beato Luigi Guanella diventerà, dopo il Cottolengo e don Orione, il terzo santo della carità. Potremmo anche definirlo a pieno titolo «il santo dell’Unità d’Italia» – la stiamo celebrando proprio in questi mesi – visto che le sue Opere sono disseminate al Nord, al Centro ed al Sud della Penisola, colonna vertebrale di una solidarietà che poi si estende e si ramifica in tutto il mondo. Sostanziata nell’apostolato delle due Congregazioni da lui fondate – i Servi della Carità e le Figlie di Santa Maria della Provvidenza – dopo il fecondo incontro con don Bosco a Torino. Una «missione universale» ancora rivolta ad aiutare i più bisognosi, i poveri, gli anziani, i ragazzi disabili o «buoni figli», come li chiamava il Padre: insomma chi soffre e necessita non solo di buone parole di conforto o comprensione, ma di ricevere atti concreti di fratellanza e di sostegno.
Il delicato compito di rappresentare il valore della santità semplice e popolare di don Guanella, di ripercorrere le tracce indelebili del suo servizio sacerdotale, di ordinare gli atti e le testimonianze anche sui presunti miracoli, di districarsi tra regole giuridiche ed aspetti teologici, è toccato a don Mario Carrera, postulatore generale per le cause di beatificazione e canonizzazione dell’Opera (nella foto con i suoi «ragazzi»). Arrivato a Roma nel 1990, dopo un lungo, intenso e variegato ministero a Firenze, ancor oggi ricordato con riconoscenza da tutta la comunità ecclesiale toscana. Dal 1969 (in un periodo difficile all’ombra del Cupolone: era da poco esploso il «caso Isolotto») per dieci anni parroco del Corpus Domini in via Gran Bretagna: ha costruito la nuova chiesa, il teatro Reims ed il complesso parrocchiale; ed avrebbe voluto realizzare un Centro di assistenza alle persone in difficoltà, ma la stagione politica di quegli anni – appena istituite le Regioni – non glielo consentì. Quindi nel 1981 la nomina, da parte dell’allora arcivescovo card. Giovanni Benelli, alla direzione dell’ufficio delle Comunicazioni sociali, confermata dal suo successore, card. Piovanelli, con il quale nel 1983 nacque «Toscana Oggi». Don Mario con generosità mise la sua spiritualità, la sua profonda sensibilità culturale al servizio della giovane redazione, guidata dal compianto direttore Alberto Migone. Per creare – chiusa l’edizione fiorentina e toscana di «Avvenire» – un settimanale cattolico autorevole, al passo con i tempi, aperto ai fermenti della società ed ai suoi tanti problemi. Sicuramente questo giornale vivo sarebbe piaciuto al beato don Luigi Guanella. Ora don Carrera attraverso l’intervista che mi ha concesso, ci accompagna a conoscere meglio il «pioniere della carità» fondatore della sua Congregazione, presentandoci tutte le attività dell’Opera, insieme alla Pia Unione del Transito, di cui è direttore generale.
Decisivo per la santificazione è stato il miracolo certificato a Springfield (Usa): un giovane pattinatore, William Glisson, recuperato alla vita dopo un drammatico incidente stradale, che aveva lasciato ben poche speranze
«Anzi, i medici appena arrivato in ospedale non speravano più di recuperarlo alla vita. Alla mamma di William, che lavorava come infermiera professionale in quell’ospedale di Filadelfia, i medici non offrirono illusioni. Al figlio avevano diagnosticato un ematoma in ambedue i lati del cervello. Solo per l’affetto e stima verso la mamma di William il primario decise di operarlo. Per ben tre volte nei tre giorni seguenti dovettero sottoporlo a un intervento chirurgico, asportandogli anche parte della scatola cranica».
Ma vi sono state altre segnalazioni delle «virtù salvifiche» del Beato Luigi Guanella?
«Il miracolo negli USA è quello più significativo, ma dobbiamo registrare molte “grazie” attribuite all’intercessione di don Guanella. Molte persone, conoscendo la nostra missione e il nostro lavoro, spesso dicono: “Il miracolo vivente di don Guanella è la vostra attività a servizio delle persone disabili. La loro serenità e la gioia di vivere sono miracoli quotidiani”».
Il vostro fondatore è un santo del nostro tempo. A chi lo accosterebbe tra i santi del passato?
«A San Camillo de Lellis, a San Vincenzo de’ Paoli, a San Giuseppe Cottolengo. E qui sembra ci sia un disegno profetico: nello stesso anno in cui moriva il Cottolengo nasceva Luigi Guanella. Una staffetta di carità negli accampamenti dei poveri».
Durante il suo ministero sacerdotale ha trovato ed esplorato altri «percorsi di santità» meritevoli di canonizzazione?
«Ogni persona buona ha il suo lato visibile o nascosto di santità. Nella mia vita ogni persona che ho incontrato nascondeva un seme di santità. Altri personaggi più che un seme erano querce. Ho seguito nella fase finale la beatificazione di suor Chiara Bosatta, una discepola di don Guanella. Beatificata nel 1991 e morta in pienezza di santità a soli ventotto anni. Era una mistica prestata al sollievo dei sofferenti. Seguo e coltivo la causa del vescovo Aurelio Bacciarini, il primo successore di don Guanella nel governo della Congregazione dei Servi della carità, nominato poi vescovo di Lugano, il quale è stato dichiarato “venerabile” da Benedetto XVI con un Decreto sull’eroicità della virtù nella primavera del 2008. Dio mi ha dato la grazie di conoscere personalmente un’anima gemella del nostro Fondatore, madre Teresa di Calcutta. Accanto a queste figure, ho conosciuto tante altre persone sante, lontane dalle luci delle ribalte che hanno scritto nel libro della santità pagine stupende di eroismo. Ho in mente il volto di tante eroiche mamme con figli in difficoltà psicofisiche. Sono capolavori dell’umanità e simboli delle straordinarie qualità dell’animo umano divinizzato dalla grazia divina».
La vostra Opera ha un’attività multiforme, senza confini: educativa, di animazione spirituale, di aiuto ai vecchi e ai nuovi poveri, di assistenza agli anziani e ai disabili, anche in terra di missione.
«Don Guanella era un uomo consumato dal fuoco dell’amore e là dove sorgeva un’esigenza caritativa, prima delle sue braccia, arrivava il cuore. Il suo cuore aveva le dimensioni del mondo e diceva: “Tutto il mondo è patria vostra”. L’onda benefica della carità guanelliana è arrivata ormai in tutti i Continenti. In un primo tempo furono gli emigranti a fare da martellante invocazione per una compagnia di amore e di sollievo ai loro disagi. Già da chierico don Guanella aveva espresso al suo vescovo il desiderio di essere missionario. Ma il vescovo gli rispose: “Le tue Indie, per ora, sono qui, nella tua diocesi di Como”».
Che esperienza ha tratto dal suo servizio di direttore generale della «Pia unione del transito di San Giuseppe»? La morte, pur continuando a essere un enigma, non può causarci smarrimento o peggio, terrore, come ha detto il cardinal Bertone a conclusione di un vostro Meeting sul morire. Il vostro compito è dunque quello di educare alla morte per educare alla vita?
«Tra i colori oscuri della povertà umana, c’è il colore cupo della morte. Non c’è povertà più nera se non quella di essere soli ad affrontare l’ultima e definitiva battaglia della vita: l’agonia. Don Guanella ha teso la sua mano a tutti i tipi di povertà e, alla fine, affinché nessuno si sentisse solo, ha pensato a questo nuovo atto di amore. Quando i colori del tramonto hanno dipinto l’orizzonte della sua vita, ha fondato la Pia Unione del Transito di San Giuseppe. L’ha sognata come un patrimonio di solidarietà verso i morenti, da aiutare e sostenere con la preghiera nel nome di San Giuseppe, che ha avuto il privilegio di lasciare questa terra assistito da Gesù e Maria. Il primo iscritto fu San Pio X, che fu grande amico e sostenitore delle opere di carità del Guanella. Dal 1913 a oggi sono milioni gli iscritti, sparsi in tutti i continenti. Iscritto alla Pia Unione e zelatore della stessa fu anche San Massimiliano Kolbe. La Pia Unione mantiene un legame con i suoi iscritti attraverso una rivista mensile che stampa quasi settantamila copie, di cui ben cinquemila sono indirizzate agli iscritti residenti all’estero»
Al fianco dei Servi della Carità e alle Figlie di Santa Maria della Provvidenza operano numerosi laici. Come avvengono la loro adesione e condivisione?
«La porta d’ingresso è il desiderio di essere utili al prossimo e la consapevolezza che non possiamo essere contenti da soli».
L’insegnamento di amore e solidarietà tramandato da don Guanella fa breccia tra i giovani d’oggi?
«Non ci vuole molta scienza per comprendere che i giovani non stanno vivendo una stagione di ideali grandi. Purtroppo dobbiamo dire che i giovani sono costretti a nuotare nell’acqua della storia che noi adulti abbiamo loro lasciato. Ritengo che l’animo dei giovani sia come la tastiera di un pianoforte: se gli educatori sanno toccare i tasti giusti, i giovani sapranno esprimere melodie invitanti e cariche di emotività. Hanno bisogno di un mondo adulto che li sostenga con dolcezza senza pretendere nell’immediato il frutto della seminagione».
Frequentandoli nella sua quotidiana azione pastorale, cosa più la sorprende nel loro comportamento e nelle loro scelte fondamentali?
«Ho l’impressione che a volte con la nostra miopia abbiamo rubato loro un mondo per sognare. Un proverbio indiano dice che il desiderio ha bisogno di una liana per saltare nella realtà. Forse noi adulti abbiamo tagliato troppe liane».
Ha dedicato una vita alla carta stampata, ai settimanali e alle riviste cattoliche, non impaurendosi di fronte ai nuovi strumenti della globalizzazione. Immagino che la Comunicazione sia fondamentale e centrale anche per sviluppare e far conoscere i servizi dell’Opera?
«Mi ha sempre impressionato una frase di Paolo VI che diceva “quando un fatto non è conosciuto, sembra che non sia mai esistito”. I mezzi della comunicazione sono diventati “i pulpiti” della nuova evangeliz-zazione, dove i testimoni possano annunciare i fatti della carità e questa cronaca, scritta con i gesti di amore, diventa la bibbia che tutti hanno la capacità di leggere.
Più la carità e l’amore vicendevole crescono nel cuore delle persone più si alza il livello della gioia di vivere».
In Italia sono ben 58 i centri operativi: 34 al Nord, 24 nel Centro-Sud. A Roma le attività sono dislocate in quartieri diversi con una forte presenza sia della Figlie di Santa Maria della Provvidenza come dei Servi della Carità. I sacerdoti operano nella Casa San Giuseppe, un grande Centro di riabilitazione per disabili adulti e ambulatori per bambini. Il complesso si trova in Via Aurelia Antica, 446. Hanno inoltre la cura pastorale della parrocchia-Basilica di San Giuseppe al Trionfale. Accanto c’è la sede della Primaria Pia Unione del Transito di San Giuseppe, che ospita la redazione della rivista «La Santa Crociata» in onore di San Giuseppe. Funziona una Scuola materna ed elementare con centinaia di iscritti. Infine c’è la Casa per Ferie mons. Aurelio Bacciarini. In altra parte di Roma il complesso Domus Urbis, adibito a Casa vacanze in via della Bufalotta, 550.
Le Figlie di Santa Maria della divina Provvidenza contano 900 sorelle e 20 novizie che in Italia operano in trentacinque centri di assistenza e 34 scuole materne. Numerosa la presenza a anche all’estero: i Servi della Carità hanno 5 centri negli Stati Uniti, 17 in Brasile, 8 in Argentina, 5 in India, Africa e Cile, 4 in Paraguay, 3 in Messico e in Svizzera, due nelle Filippine, in Spagna e in Nigeria, un centro in Guatemala, Colombia, Israele, Romania e Ghana. Le Figlie di Santa Maria della divina Provvidenza sono presenti con 11 centri negli Stati Uniti, 4 in Svizzera, 3 in Spagna, 2 in Romania, India e Filippine.