Vita Chiesa
Massa Marittima accoglie il vescovo Carlo Ciattini
di Riccardo Bigi
Questo sabato, 5 marzo, monsignor Carlo Ciattini inizia il suo ministero episcopale nella diocesi di Massa Marittima-Piombino.
Con quale stato d’animo si predispone ad assumere la guida della diocesi che il Papa le ha affidato?
«Confido nel Signore, affido a Lui l’inizio del mio ministero pastorale nella Diocesi di Massa Marittima e Piombino, certo che la Sua provvidenza, che mi ha assistito fino ad oggi, continuerà a segnare, guidare e sostenere i passi del mio cammino di cristiano, di sacerdote e ora di vescovo.
Ha già avuto modo di conoscere la Diocesi? Che impressione ne ha avuto?
«Conoscere è una parola grossa. Di questo ne riparliamo fra qualche anno».
Ha già in mente quali saranno le linee guida della sua azione pastorale?
«Mettere Dio al centro della mia vita, al centro della vita della diocesi, e questo è possibile attraverso la celebrazione attenta, fedele, convinta dell’anno liturgico, quell’anno che celebra i misteri della salvezza, i misteri della vita di Cristo. Da questa celebrazione scaturisce la grazia, la forza e la luce per vivere la vera comunione nella Chiesa, per vedere e soccorrere le necessità degli ultimi, prima di tutto quelli della nostra casa. E forti di una esperienza fatta di attenzione e accoglienza dell’altro, di condivisone, di solidarietà imparata, ma sopratutto vissuta nella famiglia, andare verso quanti ci è dato di incontrare nel cammino della vita».
In un tempo di crisi economica ma anche sociale, etica, culturale, quali sono secondo lei i messaggi che la gente, anche nelle diocesi toscane, si attende dalla Chiesa?
«La Chiesa si deve chiedere cosa il Signore si attende da noi. E il Signore, sappiamo bene, ci chiede di essere santi, di innestarci in Lui. La Chiesa è prima di tutto un corpo vivente, non un’organizzazione, se si riduce ad organizzazione è una tragedia. Bene scriveva al proposito Ignazio di Laodicea, nel suo intervento alla III Assemblea del Consiglio mondiale delle Chiesa ad Uppsala, nel luglio del 1968: “Senza lo Spirito Dio è lontano, Cristo resta nel passato, l’Evangelo lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità dominio, la missione una propaganda, il culto una evocazione e l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in Lui, il cosmo viene risollevato e geme nel travaglio e nella generazione del Regno, il Cristo risuscitato è vicino a noi, il Vangelo diventa potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l’autorità un servizio liberatore, la missione una Pentecoste, la liturgia un memoriale e una anticipazione, l’agire umano viene deificato”. Non ci può essere un rinnovamento esterno all’uomo se prima non c’è stato nell’intimo dell’uomo. Non possiamo essere autentici testimoni di Cristo per gli uomini del nostro tempo, né si dà vera riforma della Chiesa, come ci ricordava in questi giorni il Santo Padre, richiamando l’insegnamento di San Roberto Bellarmino, se prima non c’è la nostra personale riforma e la conversione del nostro cuore».
La sua formazione si è svolta tra il Seminario diocesano e l’Almo Collegio Capranica. Quali sono le figure a cui si sente maggiormente debitore nel suo percorso di crescita umana e spirituale?
«Tanti santi sacerdoti ho incontrato, ognuno diverso dall’altro, ma che mi hanno arricchito proprio a motivo della loro diversità, dei doni diversi che il Signore aveva dato loro. Sacerdoti capaci di accogliere, di ascoltare, di offrirsi umili e fedeli compagni di viaggio. Che mi hanno affiancato e umilmente indicato le vie e le mete di Dio.
Lei ha svolto, nella diocesi di San Miniato, molteplici incarichi: dalle parrocchie, al Seminario, al Tribunale ecclesiastico, al servizio in importanti istituzioni come l’Istituto per il Dramma Popolare, la Stella Maris, la Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato. A quale di queste esperienze si sente più legato? Quale bagaglio si porta dietro?
«Tutte queste esperienze sono state formidabili, sono state importanti e tra di loro complementari e per questo grandemente fruttuose. Potrei dire di un’unica esperienza dalle molteplici sfaccettature. Papa Paolo VI parlava di Chiesa come esperta in umanità. Forse ciò che ho raccolto è stato una forte esperienza dell’uomo, un vedere le sue tante sofferenze, i suoi molti dolori e tragedie, insieme alla generosità di tanti che si caricano dell’altro, che si fanno disturbare dall’altro, che restringono i loro spazi di libertà, di tranquillità, per far posto all’altro non sempre riconoscente e grato».
Alla sua ordinazione, lo scorso 13 febbraio a San Miniato, era presente quasi tutto l’episcopato toscano. Come l’hanno accolta i suoi confratelli Vescovi?
«L’accoglienza dei vescovi toscani è stata cordialissima, fraterna, gioiosa. A loro un grazie affettuoso e filiale per la loro paterna presenza in questo momento particolarissimo della mia vita».