Vita Chiesa

Giovani e lavoro, l’assemblea regionale dell’Ac

L’Azione Cattolica della Toscana si è riunita a Prato, il 20 marzo 2011, per il nono Colloquio pubblico del Progetto Cittadinanza, sul tema: Lavoro fraternità partecipazione. Giovani e lavoro fra creatività e formazione, che ha visto riunite 150 persone fra cui un gran numero di giovani.

Nel Colloquio, che ha visto una larga partecipazione di soci e non soci, sono intervenuti attivamente anche molti giovani. Dalle loro voci, dalle parole del Vescovo di Prato, dagli interventi dei rappresentanti degli Enti locali e dalle analisi dei relatori ha avuto conferma la gravità del problema dell’occupazione:

  • difficoltà  per molti giovani a trovare un’occupazione, e ancora di più un’occupazione corrispondente a vocazione e preparazione;

  • problemi di molti, meno giovani, che hanno perduto il lavoro o temono di perderlo e che non riescono a trovarne un altro con ragionevoli garanzie di stabilità;

  • difficoltà di molte imprese costrette a far ricorso alla cassa integrazione, quando non a licenziare o a cessare l’attività.

Ma sono emersi anche altri problemi legati al lavoro

  • precarietà che caratterizza molte situazioni e che tende a diventare cronica, sia nel senso che perdura nel tempo per le persone che ne sono coinvolte, sia perché si estende attraverso una percentuale alta e crescente di nuovi contratti a tempo determinato;

  • livelli retributivi che si assottigliano e sono insufficienti a consentire ai giovani di impostare la loro vita professionale e familiare,

  • problemi di quanti perseguono la strada di occupazioni formalmente autonome, ma nei fatti corrispondenti, per scarsità di retribuzione e vincoli sostanziali, a occupazioni dipendenti, peraltro senza protezione sindacale.

Questi problemi configurano una perdita di valore del lavoro e una crescente difficoltà a realizzare gli “aspetti soggettivi” del lavoro(Laborem exercens), quelli cioè che collocano il valore del lavoro non solo nei beni e servizi prodotti per il mercato, ma nell’essere espressione della persona umana, partecipazione al bene comune, centro di relazioni interpersonali, realizzazione della vocazione.

La situazione è lontana dal rispondere a quelle caratteristiche che Benedetto XVI ha individuato come caratteristiche di un “lavoro decente”: “un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa” (CiV, 63).

La gravità della situazione richiede che se ne approfondiscano le cause e non si rinunci ad operare per un cambiamento. Dal Colloquio è emerso che non ci si può limitare a individuare queste cause nella crisi economica e attendere passivamente di uscirne. Il problema del lavoro oggi ha radici di più lungo periodo, legate alle modifiche che hanno coinvolto negli ultimi decenni il sistema economico a livello internazionale, riassunte nel termine “globalizzazione”, modifiche che non riguardano solo l’abbattimento delle frontiere e la liberalizzazione del commercio, ma che coinvolgono profondamente il modo di concepire l’economia, le sue finalità, i comportamenti dei soggetti coinvolti, il ruolo della politica.

La fiducia illimitata nel mercato, una concezione della competitività che ha trasformato il “correre insieme” (cum-petere) nella necessità di prevalere sugli altri per sopravvivere, il peso schiacciante assegnato al denaro e alla finanza, lo sganciamento dell’attività produttiva da un rapporto stabile con il territorio (delocalizzazioni, imprese nomadi), il ritorno ad una economia separata dall’etica e la passiva accettazione dell’illegalità (dall’evasione fiscale alla corruzione così gravemente presente nei contratti pubblici) sono alla base della perdita di valore del lavoro e alle crescenti difficoltà incontrate dai lavoratori.

Con Benedetto XVI (CiV, 33), possiamo riconoscere che la globalizzazione ha anche consentito un miglioramento delle condizioni materiali di vita di grandi masse di persone nel mondo. Questo fatto non è però stato il frutto di una scelta di cooperazione, ma dell’affidarsi al mercato e solo al mercato, subendone passivamente tutte le conseguenze. Se i Paesi più poveri hanno portato nella competizione i loro bassi salari e le condizioni non protette in cui si svolge il  lavoro, alle difficoltà che ciò ha comportato per la produzione e per il lavoro nei paesi già sviluppati non si può rispondere rinunciando al riconoscimento di diritti conquistati dai lavoratori e consentendo l’aumento della disuguaglianza.

La mancanza di strumenti attraverso i quali i cittadini possano influenzare gli accadimenti economici è uno dei principali ostacoli alla realizzazione di una piena democrazia. È già a livello della singola realtà produttiva che dovrebbe realizzarsi una partecipazione dei lavoratori alle decisioni: l’esperienza delle imprese cooperative – importante oggi anche per il mantenimento dei livelli di occupazione e per ancorare la l’attività produttiva al territorio – può fornire indicazioni e strumenti in questa direzione.

L’impegno educativo – che da sempre caratterizza l’Azione Cattolica  e che è stato indicato dalla CEI come obiettivo specifico del prossimo decennio – deve essere orientato verso processi educativi che mettano al centro la persona e la sua fioritura umana, così da formare cittadini responsabili e soggetti economici solidali. Di fronte alla gravità dei problemi, la buona fede non basta: servono l’intelligenza della realtà, la consapevolezza che un cambiamento è necessario e l’impegno per realizzarlo, sia a livello personale (cambiamento degli stili di vita, eliminazione degli sprechi, rispetto rigoroso della legalità, anche quando è scomodo, attenzione alla sofferenza degli altri e impegno per alleviarla), sia a livello collettivo, esigendo decisioni politiche trasparenti e orientate a cambiamenti sostanziali.

Tra i cambiamenti desiderabili e possibili si possono citare i seguenti:

realizzare accordi internazionali per imporre regole che riconducano l’economia  al servizio dei diritti umani;

realizzare più pienamente l’unità politica dell’Europa;

contrastare le delocalizzazioni;

innalzare il livello di tutela giuridica dei lavoratori;

distribuire più equamente la ricchezza prodotta;

contemperare lo strumento del mercato con l’azione degli Stati e con le attività dell’economia solidale;

ridurre gli sprechi di risorse naturali, adottando un sistema di relazioni armoniose tra umanità e natura.