Nell’attuale contesto socio-culturale, dobbiamo «riscoprire e rilanciare con consapevolezza e forza rinnovate l’essenziale dimensione familiare del lavoro umano». Questo il monito lanciato dal card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito di Milano, che al Congresso internazionale teologico pastorale in corso di svolgimento presso il MiCo Fieramilanocity nell’ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie ha proposto una relazione su «La famiglia e il lavoro oggi in una prospettiva di fede». Il card. Tettamanzi ha ricordato che il lavoro, oggi «al centro di gravissime preoccupazioni», deve essere «ripensato, interpretato e valorizzato a partire dal suo rapporto intrinseco non solo con la persona che lavora, ma anche e innanzitutto con l’intero soggetto familiare». In questa direzione «dobbiamo riconoscere, nella concretezza della nostra vita, che la famiglia, il lavoro e la festa ci rimandano a un fatto originario, cui nessuno può rinunciare: siamo stati pensati, voluti e creati anzitutto per amare» e per questo «anche il nostro lavorare e riposare deve entrare nella dinamica di una relazionalità di amore». Se non s’inquadra il lavoro in questa prospettiva, si rischia di «uscire al di fuori della ricerca di quel bene comune e reciproco che può sostenere efficacemente una relazione positiva». La Bibbia «ci parla del lavoro fin dalle sue prime pagine», presentandoci Dio come «il Creatore che plasma l’uomo a sua immagine e lo invita a lavorare la terra e a custodire il giardino dell’Eden in cui lo ha posto». Il card. Tettamanzi ha ricordato che «il lavoro è un segno della benedizione di Dio» e che nella Scrittura «la gioia dell’essere famiglia e la dimensione del lavoro sono talmente armonizzate tra loro da formare un tutt’uno». Una seconda prospettiva biblica riguarda il comandamento del sabato, «che dà senso anche al lavoro proprio in una linea familiare», nella logica «dell’alleanza tra Dio e il suo popolo». Per questo «abbiamo bisogno, oggi ancora più di ieri, di un tempo di festa vissuto da tutta la famiglia nel suo insieme: esso è importante, anzi decisivo sotto diversi profili, da quello religioso a quello umano, sociale ed educativo». Nella dottrina sociale della Chiesa, si presenta «un’immagine del lavoro lucidamente e decisamente imperniato sulla persona umana». Nella riflessione dell’arcivescovo emerito di Milano «al centro non vi è il lavoro, bensì l’uomo che lavora». Bisogna rifiutare «una considerazione individualistica del lavoro, proprio perché è da intendersi nella sua centralità per la persona, la famiglia, la società tutta». La dimensione etica del lavoro – secondo il card. Tettamanzi – è legata «al duplice e inscindibile aspetto di grazia e di responsabilità di cui sono segnate, secondo il disegno di Dio e le esigenze più profonde del cuore umano, le realtà della famiglia e del lavoro in se stesse e nella loro reciproca relazione». I fondamentali momenti etici nella relazione famiglia-lavoro sono due. Il primo è quello di «favorire la cultura del lavoro, l’adeguata conoscenza e il riconoscimento dei valori e delle esigenze, dei diritti e dei doveri implicati nel rapporto famiglia-lavoro». Il secondo è quello di «una reale assunzione di libertà, un’adeguata responsabilità nel vivere la realtà della famiglia e del lavoro e della loro reciproca implicazione». Il card. Tettamanzi ha voluto richiamare l’attenzione sulla pari dignità di tutti i lavori: «Forse il tempo, le forze fisiche e psichiche, le responsabilità dell’ultimo lavoratore valgono meno del tempo, delle forze e delle responsabilità di un alto dirigente di finanzia o di industria o di governo o di partito o di sport? C’è un dato elementare di valore di ogni lavoro che non può affatto essere eliminato e che va fortemente riconosciuto». Chiaro l’auspicio conclusivo del card. Tettamanzi: «È necessario vivere uno più spiccato senso sociale e rilanciare il valore della solidarietà» nel mondo produttivo e nella società intera. (Sir)