I cristiani delle diverse confessioni presenti in Europa devono portare avanti una testimonianza comune nei confronti delle nuove sfide spirituali, demografiche, politiche ed economiche che il vecchio continente si trova oggi ad affrontare. E’ quanto emerso dalla riunione del Comitato congiunto della Conferenza delle Chiese europee (Kek) e del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), che si è svolta dal 26 al 28 gennaio a Ginevra. Quest’anno si è celebrato anche il 40 ° anniversario della creazione, nel 1972, del Comitato congiunto, che è l’organo supremo per il dialogo tra Kek e Ccee, e si incontra ogni anno. Nel suo discorso di apertura, il presidente della Kek, il Metropolita Emmanuel di Francia, ha descritto l’attuale crisi economica come una delle questioni “che sollevano interrogativi circa la capacità dell’Europa di realizzare una politica sostenibile per l’Unione europea”. Il presidente del Ccee, cardinale Péter Erdő, ha descritto l’impegno ecumenico come una necessità che deve coinvolgere tutti i cristiani, piuttosto che l’opera di pochi esperti. Tra i relatori, Alister McGrath, docente di teologia al King’s College di Londra, ha descritto lo sviluppo di una posizione laica o “atea” in Europa, che vede la religione come una questione privata che non dovrebbe avere un impatto sulla sfera pubblica.Secondo McGrath le istituzioni religiose sono state coinvolte in un clima di sospetto generale da altre istituzioni quali governi, banche e imprese “a causa del loro potere, della mancanza di trasparenza, degli interessi in gioco, e del loro atteggiamento sconsiderato nella gestione finanziaria”. Mentre si osserva un diffuso interesse per la “spiritualità”, quest’ultima è vista come una questione personale e individuale, non necessariamente legata all’istituzione di appartenenza. Inoltre, a suo avviso, le Chiese si sono trovate a dover rispondere a una preoccupazione che si è diffusa in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001, secondo cui la religione promuove l’estremismo. Eppure, ha proseguito McGrath, il “nuovo ateismo” in alcune parti d’Europa ha generato, al tempo stesso, un enorme interesse del pubblico per la questione di Dio: Le Chiese hanno quindi l’opportunità di partecipare al dibattito intellettuale, e di mostrare la fede cristiana come una forza del bene nella società. Giancarlo Blangiardo, docente di demografia presso l’Università Milano-Bicocca, si è concentrato invece sulle sfide demografiche che le Chiese e la società si trovano ad affrontare. Blangiardo ha messo in evidenza un calo significativo del tasso di natalità nei paesi europei, che si va a combinare con l’invecchiamento della popolazione. Tali sviluppi implicano sfide importanti per i sistemi di welfare europei. Allo stesso tempo, i cambiamenti demografici stanno portando a nuovi modelli di vita familiare. I tassi delle unioni matrimoniali era caduti un po’ dovunque negli ultimi 40 anni – ha detto -, mentre è aumentato il numero dei bambini nati fuori dal matrimonio. Ha perciò esortato le Chiese a cercare il modo di rafforzare la famiglia. La vice-presidente della Kek Cordelia Kopsch, della Germania, ha parlato invece della diminuzione del numero dei fedeli in molti Paesi e delle risorse finanziarie. Ha invitato le Chiese a “resistere alla tentazione di ridurre la loro presenza nella sfera pubblica, perché è in gioco la credibilità della loro testimonianza agli occhi dell’opinione pubblica”. Anche per mons. Matthias Heinrich, vescovo ausiliare di Berlino, è importante la testimonianza dei cristiani nel loro ambiente di lavoro e di vita così come la presenza della Chiesa nella sfera pubblica”. La Chiesa dovrebbe approfittare delle opportunità, come la collaborazione con i media laici, essendo presente nei campi dell’istruzione e della cultura, ha concluso Mons. Heinrich. Il Comitato congiunto ha espresso la sua solidarietà nei confronti dei cristiani che stanno vivendo situazioni difficili in altre parti del mondo, in particolare in Medio Oriente, e specialmente in Egitto e in Siria, e ha espresso la propria viva preoccupazione per le vittime della violenza in Nigeria. (Sir)