La Chiesa, al di là dell’ambito della sua fede, considera suo dovere difendere, nella totalità della società, le verità e i valori, nei quali è in gioco la dignità dell’uomo in quanto tale. A ribadirlo è stato oggi il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, aprendo a Roma l’VIII Congresso nazionale di Scienza & Vita con una lectio magistralis sul tema Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia. Una società è veramente umana soltanto quando protegge senza riserve e rispetta la dignità di ogni persona dal concepimento fino al momento della sua morte naturale, ha affermato il cardinale citando il Papa, e ha aggiunto: Non abbiamo diritto di giudicare se un individuo sia già persona’, oppure ancora persona’, e ancor meno ci spetta manipolare l’uomo e voler, per così dire, farlo. Non si tratta ha precisato di voler imporre la fede e i valori che ne scaturiscono direttamente, ma solo di difendere i valori costitutivi dell’umano e che per tutti sono intelligibili come verità dell’esistenza. Poiché appartengono al Dna della persona ha proseguito il cardinale non possono essere conculcati, né parcellizzati o negoziati attraverso mediazioni che, pur con buona intenzione, li negano. È questo il ceppo vivo e solido che costituisce l’etica della vita, e su cui germogliano tutti gli altri necessari valori che vengono riassunti con l’etica sociale. Tra questi ha sottolineato il card. Bagnasco la vita umana, dal suo concepimento alla sua fine naturale, è certamente il primo. Se la questione sociale è divenuta radicalmente questione antropologica, ha argomentato il presidente della Cei sulla scorta delle affermazioni di Benedetto XVI nella Caritas in veritate, i cattolici non possono tacere circa la concezione dell’uomo che fonda l’umanesimo integrale, poiché non tutti gli umanesimi sono equivalenti sotto il profilo morale: da umanesimi differenti discendono conseguenze opposte per la convivenza civile. Per dissipare questa tragica confusione, la tesi del cardinale, occorre chiedersi su che cosa si potrà poggiare la sua dignità inviolabile, e quale il fondamento oggettivo e perenne dell’ordine morale. In particolare, secondo il card. Bagnasco, ci dobbiamo chiedere: chi è più debole, più fragile, più povero, di coloro che neppure hanno voce per affermare il proprio diritto, e che spesso nemmeno possono opporre il proprio volto? Vittime invisibili ma reali! E chi più indifeso di chi non ha voce perché ancora non l’ha ancora o, forse, non l’ha più?. La presa in carico dei più poveri e indifesi ha ammonito il cardinale esprime il grado più vero di civiltà di un corpo sociale e del suo ordinamento, e modella il costume di un popolo e di una nazione. Quella affrontata da Scienza & Vita, ha precisato il card. Bagnasco, è una questione quanto mai delicata e ineludibile non solo per ogni singola persona, ma anche per la società, sapendo che dalla responsabilità e dai modi di affronto della vita nei suoi vari momenti si ha una prima decisiva misura del livello umano della convivenza. Di qui la delicatezza dell’argomento in gioco, così come delle visioni diverse che spesso si confrontano, tanto da essere considerata la vita umana uno di quegli argomenti divisivi’ di cui è meglio non parlare, come se l’ordine sociale, basato sulla giustizia, potesse reggersi sull’ingiustizia che deriva dal non affrontare ciò che è fondamentale. In un clima culturale in cui dominano lo scetticismo e il nichilismo di senso e di valori, che si alimenta dello spettro ridente del consumismo che porta a concepire l’esistenza come una spasmodica spremitura di soddisfazioni e godimenti fino all’estremo, ma da cui deriva una immane svalutazione della vita, occorre porsi di nuovo la domanda cos’è la verità. Oggi ha stigmatizzato il cardinale si tende a pensare che, sul piano dell’etica, ognuno è costruttore di ciò che per lui, soggettivamente, ha importanza e significato; che il nostro compito è quello di comporre i diversi, a volte opposti, valori; che l’importante quando va bene è disturbare il meno possibile.Inoltre, ha aggiunto il card. Bagnasco, la tendenza diffusa è rendere la libertà individuale un valore assoluto, poiché c’è una certa allergia per ciò che si presenta come assoluto, cioè oggettivo, universale e definitivo: sembra di sentirsi come in una gabbia insopportabile. Ma la libertà non è autodeterminazione, ha obiettato il presidente della Cei, secondo il quale occorre invece una verità che crei appartenenza e generi una comunità di vita e di destino. Per questo è urgente porsi due questioni: la prima deriva dal fatto che, secondo la nostra Costituzione, il bene della salute e quindi della vita, ma dovremmo dire di ogni uomo, è un bene non solo per sé ma anche per gli altri; e questi altri non sono solo i familiari e gli amici, ma la società nel suo insieme, e ciò comporta che nessuno deve sentirsi abbandonato nella società-comunione, né nei momenti di gioia né negli appuntamenti del dolore, della malattia e della morte. La seconda questione da porsi è l’urgenza di recuperare il senso del dolore che è sistematicamente emarginato, nascosto nella sua naturalità, oppure è esorcizzato. In altre parole, ha concluso il card. Bagnasco, la cultura contemporanea deve riconciliarsi con il dolore e la morte se vuole riconciliarsi con la vita, poiché i primi fanno parte della seconda. E quindi dobbiamo recuperare la capacità di portarlo insieme. (Sir)