Nel 2008 le parrocchie italiane affidate, a vario titolo, a consacrati erano 1.807 , che sul totale di 25.676 significa una percentuale del 7% (in pratica una parrocchia su 15). Se consideriamo il numero di comunità religiose maschili in quell’anno, cioè 2.919, risulta evidente che più della metà certo in maniera disomogenea rispetto al territorio nazionale e quindi alle diocesi sono in relazione a una presenza parrocchiale: lo ha detto oggi a Firenze, intervenendo all’assemblea della Cism (superiori maggiori degli istituti religiosi maschili) il Segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata. Nel suo intervento dal titolo Religiosi e Chiesa locale. Convergenze e divergenze nell’interazione ecclesiale, mons. Crociata ha tra l’altro rilevato che come sfondo complessivo e sintetico di questa situazione è da rilevare il fatto che «è finito il tempo della parrocchia autosufficiente». Anche se la parrocchia è chiamata a superare ogni autoreferenzialità per aprirsi maggiormente al territorio, soprattutto quello che oggi non vive più all’ombra del campanile ma in una pluralità di contesti trasversali e spesso tra loro disarticolati, i Vescovi italiani sono convinti che «il futuro della Chiesa italiana ha bisogno della parrocchia» , della quale va ridisegnato il volto missionario. Spesso negli istituti religiosi si discute anche animatamente sulla valutazione da dare al fenomeno dell’assunzione e presa in cura di parrocchie ha poi aggiunto il Segretario generale della Cei -. Si nota, sul tema, una radicalizzazione e polarizzazione delle posizioni. Ma si tratta soprattutto di chiedersi come si può vivere e operare da consacrati in una parrocchia, concretamente dentro una Chiesa locale e in riferimento al Vescovo e al presbiterio della diocesi, inseriti in una pastorale organica. Fatto salvo, naturalmente, il carisma proprio dell’istituto. La valutazione di mons. Crociata è che in genere la presenza dei consacrati in parrocchia si dà, non a caso, nella forma della fraternità. Questa rappresenta un bene prezioso da salvaguardare poiché costituisce un elemento fondamentale di identità e di testimonianza. Se sempre più nella normale azione pastorale della Chiesa «il kerigma va accompagnato e sostenuto dalla koinonia», la vita consacrata ha una possibilità particolare di incidere a livello pastorale visibilizzando, attraverso la comunità, la realtà della comunione. In conclusione, il vescovo ha affermato che il consacrato, nel suo impegno in parrocchia, non è un libero battitore sganciato dalla sua appartenenza all’istituto. (Sir)