Vita Chiesa
CARD. SCOLA: 10 ANNI DA PATRIARCA A VENEZIA MI HANNO RI-DIMENSIONATO
(Fonte: ASCA) - “I dieci anni da Patriarca di Venezia mi hanno ri-dimensionato, in senso etimologico: mi hanno cioé portato ad una autocoscienza più realistica di quel che sono”. Così il card. Angelo Scola, già patriarca di Venezia e arcivescovo di Milano, in un’ora e mezza di intervista rilasciata al settimanale diocesano Gente Veneta, a Telechiara e Bluradio Veneto a pochissimi giorni dal suo “congedo” dalla Chiesa veneziana, il 7 settembre, preceduto il 5 dal saluto alle istituzioni. “Questo tempo a Venezia – prosegue il card. Scola – mi ha fatto via via capire quanto ancora di intellettualistico e di astratto c’era nel mio modo di vivere e di proporre l’esperienza cristiana, cosa che poteva non favorire il mio rapporto con il popolo di Dio, che è invece il compito numero uno del pastore. Ho imparato un pò di più ad abbandonarmi alle circostanze, a non pretendere di dominarle, ad aprirmi di più a tutte le persone che incontravo, a cercare sempre il positivo nel mio interlocutore anche quando vistosamente aveva un’opinione diversa dalla mia”. Scola sottolinea che “é un ridimensionamento che va nella direzione di una domanda di maggiore umiltà. Meno fiducia nelle mie capacità, nelle mie forze; più domanda di aiuto a Dio e alla Vergine Santissima, come dice il mio motto: Basta la Tua grazia”. “La mia preoccupazione – afferma – è stata quella di una pastorale a 360 gradi che avesse come preoccupazione la rigenerazione della persona in Cristo attraverso un’appartenenza forte a delle comunità cristiane vive ed oggettive”. E a questo proposito, prendendo spunto dalla recente Giornata mondiale della gioventù di Madrid, Scola dichiara che anche questo grande evento ha riaffermato l’importanza di “proporre in maniera decisa, chiara e intera l’incontro con Cristo in una comunità come la via che può assecondare il desiderio di infinito, di felicità e di libertà insito nel cuore dei ragazzi. Mi hanno colpito due cose della Gmg: primo, che l’età dei partecipanti si è abbattuta tantissimo. La stragrande maggioranza dei ragazzi era delle scuole superiori, moltissimi dei primi due o tre anni. E la seconda cosa è la disponibilità assoluta, al di là delle loro fragilità, a guardare in faccia Cristo direttamente. Ci vuole una proposta basata su gesti decisi, elementari, integrali. Non bisogna arzigogolare, né pensare che occorra una “preparazione all’evangelizzazione”. Per proporre Cristo c’é un’unica strada: si chiama testimonianza”.
“Bisognerebbe che nel Nordest – ma non solo: in Italia e in Europa – i cristiani si interrogassero molto di più sulla modalità con cui attuare la dimensione pubblica della fede nel processo di grande cambiamento in atto”, afferma ancora il card. Angelo Scola, nella lunga intervista ai media cattolici del Nordest, prima del suo congedo da Venezia. “Sarebbe qui necessario entrare nei problemi specifici, anche in quelli che sono occasione di dialettica e di conflitto con altri soggetti che abitano la nostra società plurale. Penso ai temi scottanti della nascita, della morte, della bioetica in generale, dell’educazione, della giustizia sociale ecc. Nel prossimo decennio la questione dell’impegno politico dei cristiani e della dimensione sociale della vita di fede, sul piano personale e comunitario, sarà bruciante”. E ricorda: “Uno dei miei maestri, von Balthasar, ha scritto da giovane un libretto bellissimo dal titolo “Abbattere i bastioni”. Probabilmente noi abbiamo abbattuto alcuni di questi bastioni, dopo il Concilio, aprendo a tutti, almeno nelle intenzioni, le nostre comunità. Parimenti ci siamo lanciati in un’azione coraggiosa di condivisione dei bisogni degli ultimi e dei più emarginati. Però i bastioni del confronto con le grandi urgenze che oggi la società civile ci presenta, cioé con il mondo della politica in senso lato, non li abbiamo ancora abbattuti. Abbiamo paura. Perciò dico che il prossimo decennio ci richiamerà con veemenza a questo compito”.