La seduzione dell’idolatria è la continua tentazione del credente, quando si illude di poter servire a due padroni e di facilitare i cammini impervi della fede nell’Onnipotente riponendo la propria fiducia anche in un dio impotente fatto dagli uomini. Lo ha detto il Papa, nella catechesi dell’udienza generale di oggi, interamente dedicata alla figura del profeta Elia, la cui vita è tutta consacrata a provocare nel popolo il riconoscimento del Signore come unico Dio. Nella catechesi, Benedetto XVI si è soffermato sul confronto tra il profeta Elia e i seguaci di Baal, che in realtà è tra il Signore di Israele, Dio di salvezza e di vita, e l’idolo muto e senza consistenza, che nulla può fare, né in bene né in male. Il Papa si è soffermato sull’episodio narrato nel capitolo 18 del Primo Libro dei Re, in cui Elia, davanti a tutto Israele, prega Dio perché si manifesti e converta il cuore del popolo, e in questo modo si mostra in tutta la sua potenza di intercessore, in un momento in cui in Israele si era creata una situazione di aperto sincretismo, a causa della quale accanto al Signore, il popolo adorava Baal. Pur pretendendo di seguire il Signore, Dio invisibile e misterioso ha spiegato il Papa il popolo cercava sicurezza anche in un dio comprensibile e prevedibile, da cui pensava di poter ottenere fecondità e prosperità in cambio di sacrifici. Se il Signore è Dio, seguitelo. Se invece lo è Baal, seguite lui: queste, ha ricordato il Papa, le parole con cui Elia sul monte Carmelo pone il popolo di Israele davanti alla necessità di operare una scelta. Con il confronto tra Dio e Baal, secondo Benedetto XVI, inizia anche il confronto tra due modi completamente diversi di rivolgersi a Dio e pregare. I profeti di Baal, infatti, fanno ricorso a loro stessi per interpellare il loro dio. Si rivela, così, la realtà ingannatoria dell’idolo, pensato dall’uomo come qualcosa di cui si può disporre, a cui si può accedere a partire da se stessi. L’adorazione dell’idolo ha spiegato il Santo Padre – invece di aprire il cuore umano all’alterità, chiude la persona nel cerchio esclusivo e disperante della ricerca di sé. Adorando l’idolo, infatti ha proseguito il Papa l’uomo si ritrova costretto ad azioni estreme, nell’illusorio tentativo di sottometterlo alla propria volontà. Perciò i profeti di Baal arrivano fino a farsi del male, a infliggersi ferite sul corpo, in un gesto drammaticamente ironico: per avere una risposta, un segno di vita dal loro dio, essi si ricoprono di sangue, ricoprendosi simbolicamente di morte. Ben altro atteggiamento di preghiera è invece quello di Elia, ha osservato il Papa, sottolineando come lo scopo del profeta era riportare a Dio il popolo che si era smarrito seguendo gli idoli. Cosa dice la storia del profeta Elia? Alla fine della catechesi dell’udienza di oggi, il Papa ha attualizzato a braccio l’episodio del monte Carmelo narrato nel primo Libro dei Re, in cui il profeta intercede affinché il Signore si mostri al popolo di Israele, salvandolo così dalla tentazione dell’idolatria. Innanzitutto, ha detto Benedetto XVI, la vicenda di Elia ci insegna la priorità del primo comandamento: adorare solo Dio. Dove scompare Dio ha affermato il Pontefice l’uomo cade nella schiavitù dell’idolatria, come nel nostro tempo hanno mostrato i regimi totalitari con la loro schiavitù, e come mostrano le diverse forme di nichilismo, che rendono l’uomo dipendente dagli idoli, lo schiavizzano. In secondo luogo, Elia mostra che lo scopo primario della preghiera e la conversione, che ci fa capaci di vedere Dio, e così di vivere secondo Dio e vivere per l’altro. Secondo i padri della Chiesa, infine, la storia del profeta è profetica perché è l’ombra del futuro di Cristo, un passo nel cammino verso Cristo. La vera adorazione di Dio ha affermato il Santo Padre è dare se stessi a Dio e agli uomini, la vera adorazione di Dio è l’amore. Il fuoco divino, infatti, purifica, ma non distrugge, ricrea il nostro amore. E così, veramente vivi, siamo adoratori di Dio in Spirito e in verità.