È la figura di santa Caterina da Bologna al centro della catechesi di Benedetto XVI nell’ultimo mercoledì del 2010. Donna di vasta cultura, ma molto umile; dedita alla preghiera, ma sempre pronta a servire; generosa nel sacrificio, ma colma di gioia nell’accogliere con Cristo la croce, Caterina, ha detto il Papa ai fedeli riuniti nell’aula Paolo VI, in Vaticano, per l’udienza generale, è un forte invito a lasciarci guidare sempre da Dio, a compiere quotidianamente la sua volontà, anche se spesso non corrisponde ai nostri progetti, a confidare nella sua Provvidenza che mai ci lascia soli. In questa prospettiva ha aggiunto santa Caterina c’invita anche a riscoprire il valore della virtù dell’obbedienza.Tutta la catechesi si è dipanata attorno alla vicenda umana e spirituale della santa bolognese vissuta nel XV secolo. A partire dall’infanzia trascorsa a Bologna, nella casa dei nonni; qui ricorda il Papa viene educata dai parenti, soprattutto dalla mamma, donna di grande fede. Ed è con la madre che, a dieci anni, si trasferisce a Ferrara per entrare alla corte di Niccolò III d’Este. Qui arricchisce la sua cultura: studia musica, pittura, danza; impara a poetare, a scrivere composizioni letterarie, a suonare la viola; diventa esperta nell’arte della miniatura e della copiatura; perfeziona lo studio del latino. Nella vita monastica futura valorizzerà molto il patrimonio culturale e artistico acquisito in questi anni. Una nota, comunque, la contraddistingue in modo assolutamente chiaro: il suo spirito costantemente rivolto alle cose del Cielo, e così nel 1427, a soli quattordici anni, anche in seguito ad alcuni eventi familiari, Caterina decide di lasciare la corte per unirsi a un gruppo di giovani donne provenienti da famiglie gentilizie che facevano vita comune, consacrandosi a Dio.Notevoli osserva Benedetto XVI sono i suoi progressi spirituali in questa nuova fase della vita, ma grandi e terribili sono pure le prove, le sofferenze interiori, soprattutto le tentazioni del demonio. Attraversa una profonda crisi spirituale fino alle soglie della disperazione. Vive nella notte dello spirito, percossa pure dalla tentazione dell’incredulità verso l’Eucaristia. Dopo tanto patire, il Signore la consola: in una visione le dona la chiara conoscenza della presenza reale eucaristica, una conoscenza così luminosa che Caterina non riesce ad esprimere con le parole, come racconterà nello scritto autobiografico Le sette armi spirituali. Tuttavia nello stesso periodo, all’interno della sua comunità religiosa, sorgono tensioni tra chi vuole seguire la spiritualità agostiniana e chi è più orientata verso la spiritualità francescana. Caterina sceglie di legarsi alla regola di santa Chiara d’Assisi, ricevendo un’adeguata assistenza spirituale dai frati minori che vivono nel convento annesso alla vicina chiesa di Santo Spirito. Nel 1431 ricorda ancora papa Benedetto ha una visione del giudizio finale. La terrificante scena dei dannati la spinge a intensificare preghiere e penitenze per la salvezza dei peccatori. Il demonio continua ad assalirla ed ella si affida in modo sempre più totale al Signore e alla Vergine Maria, uscendo vittoriosa con la grazia di Dio da questo misterioso combattimento. Nel suo trattato autobiografico offre, al riguardo, insegnamenti di grande saggezza e di profondo discernimento, individuando sette armi nella lotta contro il male, contro il diavolo: 1. avere cura e sollecitudine nell’operare sempre il bene; 2. credere che da soli non potremo mai fare qualcosa di veramente buono; 3. confidare in Dio e, per amore suo, non temere mai la battaglia contro il male, sia nel mondo, sia in noi stessi; 4. meditare spesso gli eventi e le parole della vita di Gesù, soprattutto la sua passione e morte; 5. ricordarsi che dobbiamo morire; 6. avere fissa nella mente la memoria dei beni del Paradiso; 7. avere familiarità con la Santa Scrittura, portandola sempre nel cuore perché orienti tutti i pensieri e tutte le azioni.In convento, Caterina, nonostante fosse abituata alla corte ferrarese, svolge mansioni di lavandaia, cucitrice, fornaia, ed è addetta alla cura degli animali. Compie tutto, anche i servizi più umili, con amore e con pronta obbedienza, offrendo alle consorelle una testimonianza luminosa. Accetta, per obbedienza, il servizio del parlatorio e di tornare a Bologna come abbadessa di una nuova fondazione. All’inizio del 1463 le infermità si aggravano; riunisce le consorelle un’ultima volta nel Capitolo, per annunciare loro la sua morte e raccomandare l’osservanza della regola. Ricevuti i sacramenti e consegnato al confessore lo scritto Le sette armi spirituali, entra in agonia; il suo viso si fa bello e luminoso; guarda ancora con amore quante la circondano e spira dolcemente, pronunciando tre volte il nome di Gesù: è il 9 marzo 1463. Canonizzata dal papa Clemente XI il 22 maggio 1712, ancora oggi la città di Bologna, nella cappella del monastero del Corpus Domini, custodisce il suo corpo incorrotto.Sir