Come cristiani viviamo oggi in Pakistan in una situazione di continua tensione, dovuta all’aumento della violenza da parte di una forma militante dell’islam che prima non esisteva. Questo nuovo estremismo vorrebbe rendere il Pakistan uno Stato teocratico. Il governo non è ancora sufficientemente forte per controllare questi sentimenti di militanza islamica. Lo ha detto oggi a Roma mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad e vicepresidente della Conferenza episcopale pakistana, intervenuto alla presentazione del Rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre sulla libertà religiosa nel mondo. Interpellato poi dal SIR sulle continue notizie e smentite sulla grazia concessa ad Asia Bibi, la cristiana pakistana condannata a morte per blasfemia, ha detto di non essere al corrente di novità. Ci fa piacere che il caso di Asia Bibi abbia suscitato tante reazioni in Italia e in altri Paesi, ha detto, ricordando che dal 1986 ad oggi sono state accusate di blasfemia circa 1000 persone. Ma finora ha precisato il vescovo di Faisalabad – nessuno è stato giustiziato perché è possibile fare appello alla Corte suprema. In Pakistan i cristiani sono il 2% della popolazione (180 milioni di abitanti) e insieme alle altre minoranza (indù e ahmadi) sono oggetto di discriminazioni e persecuzioni a causa dei pregiudizi e della crescente intolleranza degli ultimi anni. Il primo caso si è verificato nel 2001, dopo le bombe della Nato in Afghanistan – ha raccontato mons. Coutts -. 14 cristiani sono stati uccisi in una chiesa, poi sono seguiti altri attacchi a istituzioni e luoghi di culto. Spesso ha puntualizzato gli attacchi ai cristiani sono un effetto indiretto legato a ciò che accade in Occidente, come le vignette danesi su Maometto o il rogo del Corano negli Usa. Non viviamo nella paura, ma nella tensione sì. Secondo il Rapporto 2010 di Acs, nonostante la Repubblica islamica del Pakistan si dichiari formalmente laica e la Costituzione riaffermi il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge senza distinzione di razza o credo, si tratta però, come dimostrano le cronache, di una semplice facciata. Infatti la legge contro la blasfemia ha fatto e fa vittime fra i non musulmani e nella minoranza ahmadi, nella sostanziale indifferenza dell’esecutivo. Dal 1986 al 2010 almeno 993 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 120 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. Essa costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite. Alcuni sono stati addirittura uccisi nelle aule dei tribunali o in prigione, ha aggiunto mons. Coutts.Sir